il Giornale, 1 agosto 2024
Calvino raccontato dai libri
Personalmente, per quanto valga il giudizio di chi scrive, non ci fidiamo di Italo Calvino quando dice che «La biografia di uno scrittore non è importante, l’unica cosa che conta, l’essenziale, è costituito dalla sua opera». Se non conosci la vita, le letture, le predilezioni, le ossessioni, i piaceri e i dolori citiamo a caso di Pier Paolo Pasolini o Carlo Emilio Gadda o Primo Levi, sarà molto più difficile entrare nella loro opera, amarla, capirla. La biografia per uno scrittore non sarà tutto ma anche quando non ha avuto una vita avventurosa, o proprio per quello dice moltissimo. Tanto quanto i suoi libri.
Ma resta la domanda: è possibile raccontare l’essenza di un grande scrittore come Italo Calvino senza perdersi nei dati biografici, gli studi, la famiglia, gli amori, le amicizie, i viaggi, concentrandosi invece solo sui libri che ha scritto, recensito, curato, tradotto, fatto pubblicare?
È quello che prova a fare Lucio Gambetti nel suo saggio con un apparato iconografico eccellente – Italo Calvino e i suoi libri (Luni Editrice, pagg. 240, euro 25) che chiude fuori tempo massimo ma con grande sfarzo il centenario della nascita dello scrittore (che nacque, figlio della Liguria, nel 1923 a Cuba). E lo fa raccogliendo tutte le osservazioni, i commenti e le confessioni che l’autore – nelle lettere, nelle prefazioni, nelle interviste riserva ai suoi libri, alla scrittura e al lavoro editoriale (per quasi quarant’anni lavora con vari ruoli all’Einaudi, leggendo, scegliendo, curando e promuovendo moltissimi libri «per altri»). L’arco temporale va dai primi due racconti pubblicati nel volume collettivo L’epopea dell’esercito scalzo uscito nel 1946 dall’Associazione libraria internazionale di Sanremo e arriva ai carteggi pubblicati da Mondadori lo scorso anno con Leonardo Sciascia (il loro fu un lungo rapporto di amicizia, fra progetti, collaborazioni, guerra fredda, boom e terrorismo) e soprattutto con la moglie Chichita (l’epistolario risale agli anni ’60, quando erano fidanzati).
Con l’ambizione di offrire a noi lettori, anziché una biografia di Calvino che racconti i suoi libri, un repertorio illustrato dei libri di Calvino capace di narrare la sua biografia, il lavoro di Lucio Gambetti comprende tutto. Qui dentro ci sono i romanzi (spesso ritoccati da un’edizione all’altra), le raccolte di racconti (che cambiano continuamente, fra testi anticipati su rivista e poi riscritti, o collocati in una raccolta e tolti in un’altra, rivisti, allungati, tagliati, corretti...), i saggi critici, gli scritti giornalistici (molti poi finiti in volume), le antologie, le curatele, i risvolti editoriali, le traduzioni, le opere per la musica, le sceneggiature per il cinema... Difficile trovare nel nostro Novecento un autore che ha scritto così tanto, e sempre a tali livelli, come Italo Calvino. Il quale, come accade in una celebre lettera a Maria Corti, si lamentava spesso del lungo lavoro del letterato-editore. «Che barba fare lo scrittore».
Ma che divertimento passare in rassegna tutto ciò che ha scritto. E che sottile piacere provare a capire quanto e cosa possa dire un solo libro sulla vita del suo autore. Il sentiero dei nidi di ragno, ad esempio. È l’esordio narrativo di Calvino, pubblicato nel 1947 da Einaudi e ambientato in Liguria all’epoca della Resistenza partigiana. La prima edizione esce con in copertina un dipinto di Ennio Morlotti (ed è interessante vedere quali sono negli anni gli artisti prediletti dallo scrittore); il libro viene bocciato da Enzo Giachino («Una stroncatura assoluta, totale, da togliere la pelle, spiritosissima, forse uno dei più begli articoli che sono stati scritti su di me», confesserà anni dopo), poi subisce due pesanti revisioni, nella terza edizione del ’54 alcune parti del testo vengono soppresse e altre modificate, con una «Nota» anonima, ma di mano di Calvino, in cui si prendono le distanze dall’esasperazione del linguaggio e dall’ossessione per la violenza; la quarta edizione appare per il Club degli editori nel ’64 (la sovracoperta è di Bruno Munari) con una nuova Prefazione e altri cambiamenti. I meridionali da «terroni» diventano «poveri emarginati» e le donne, che erano «bestie schifose», ora sono elogiate attraverso la figura materna. «Ho fatto delle correzioni perché avevo scritto delle cose che mi parevano troppo brutali, in cui non mi riconoscevo più», spiegherà in un’intervista. Quanti lati del carattere svelano i libri...
E poi ci sono le infinite edizioni della «trilogia fantastica», frammentata tra Einaudi e Garzanti (e qui ci sarebbe da scrivere un romanzo sui rapporti di Calvino con il Principe Giulio e con la casa di Livio Garzanti) fino alla fortunata raccolta in un unico volume (I nostri antenati: e comunque dei tre quello più amato dall’autore è Il Barone rampante), oltre alla lussuosa edizione postuma (1994) del Cavaliere inesistente per Franco Maria Ricci con le immagini della collezione di armature di Ferdinando d’Asburgo (libro molto amato dai calviniani). C’è tutta la sua straordinaria produzione favolistica (alzi la mano chi ha una copia della raccolta di racconti per bambini curata da Antonio Porta L’astromostro che contiene la fiaba di Calvino Le tre isole lontane apparsa da Feltrinelli nel 1980?). C’è la lunga galleria di edizioni del Marcovaldo, un vero bestseller, che tutti noi abbiamo avuto in mano nella collana Einaudi «Letture per la Scuola Media» per cui lo scrittore cura le note, un testo bio-bibliografico e la presentazione (che dice molto, se non tutto su Calvino: «Libro per bambini? Libro per ragazzi? Libro per grandi? Abbiamo visto come tutti questi piani continuamente si intreccino») e la copertina che porta un disegno di Paul Klee, artista amatissimo dall’autore, insieme con Saul Steinberg, Luigi Serafini e René Magritte (e qualcosa vorrà pur dire). C’è la raccolta di racconti Ti con zero (qui la sovracoperta è di Victor Vasarely) che esce da Einaudi nel 1967 con la quale vince il Premio Viareggio, che però lo scrittore rifiuta, ritenendo ormai tali manifestazioni letterarie svuotate di significato: «Era una polemica del momento, si vede che ero di cattivo umore, era il 1968, c’era una generale contestazione...» ammetterà saggiamente a distanza di tempo. E c’è persino l’antologia scolastica in tre volumi La lettura che cura a quattro mani con Giambattista Salina per Zanichelli (cosa che Einaudi non gradisce...). E ci sono i numeri di Playboy sui quali Calvino pubblica senza alcun imbarazzo i suoi racconti, quando invece se oggi Youporn proponesse una collaborazione a un premio Strega recente, questi rifiuterebbe indignato: «Sessismo!», «Patriarcato!», «Maschilismo!». Altri tempi, altri scrittori.
Ecco perché è meglio riprendersi in mano Calvino.