Corriere della Sera, 1 agosto 2024
Caso Khelif, bufera sul ring
PARIGI Al Comitato Olimpico Internazionale si possono imputare tanti difetti: è un circolo chiuso ancora sensibile al fascino di reali e nobili, è implacabile nel bloccare chi diffonde sui social i video di uno spicchio di Olimpiade (a meno che non si paghino a peso d’oro i diritti tv) e lentissimo a innovare su temi importanti. Ma un fatto è ben noto a chi si occupa di sport: quando gli olimpici decidono su un argomento sensibile, dopo aver consultato decine di esperti e ragionato con mille prudenze, difendono con unghie e denti i principi postulati.
Ecco perché la valanga di proteste arrivate negli ultimi giorni dalla politica italiana (molto meno dallo sport) sulla vicenda del match di boxe di oggi tra la nostra Angela Carini e l’algerina Imane Khelif sono rimbalzate al mittente senza che Thomas Bach e soci muovessero un muscolo. Al contrario di quella in vigore in federazioni come World Athletics, la normativa del Cio sugli atleti Dsd e transgender è di grande modernità e tolleranza. E ha permesso appunto a due pugilesse, Khelif e la taiwenese Lin Yu-Ting di gareggiare ai Giochi laddove l’algerina era stata brutalmente esclusa nel 2023 dalla finale dei Mondiali di Nuova Delhi dall’International Boxing Association (Iba) per un tasso di testosterone troppo elevato.
Come Caster Semenya, Imane non è transgender (genere peraltro ammesso dal Cio) ma persona con differenza dello sviluppo sessuale ovvero con un tasso di testosterone più elevato di quello medio di una donna. In India la 25enne nata a Tiaret sui Monti dell’Atlante (combatte da quando ne aveva 16 e faceva 10 km a piedi per raggiungere la palestra) era finita nel mirino dell’Iba e del suo presidente, il russo Umar Kremlev, fraterno amico di Putin con l’abitudine di disporre di arbitri e denari del Cio con disinvoltura. Caso raro nella storia, lo scorso anno all’Iba è stata tolta per malversazioni assortite e il supporto all’invasione dell’Ucraina dei suoi dirigenti l’organizzazione del torneo olimpico, gestito direttamente dal Cio che sugli atleti Dsd applica le sue norme, quelle che per le federazioni internazionali sono solo linee guida.
Al contrario dell’atletica che non ha mai nemmeno discusso le vibranti proteste sulle sue scelte, il Cio ha messo in primo piano, vieta espressamente l’ispezione degli organi sessuali (giudicata umiliante, come ha raccontato più volte Semenya), non istiga all’uso di sostanze farmacologiche che abbassino il testosterone provocando malesseri e depressione, non presume che valori alti di testosterone diano automaticamente vantaggi nelle prestazioni ma richiede che questi vantaggi vengano dimostrati nell’ambito specifico della disciplina: insomma, si inverte l’onere della prova.
Gli esami vengono svolti in modo riservato, la privacy tutelata e la vecchia regola della soglia di testosterone che deve rimanere inferiore alle 10 nmol/L nei 12 mesi precedenti al torneo e per tutta la durata delle competizioni è applicata con raziocinio.
Se Imane Khelif gareggiasse in qualunque competizione dell’atletica leggera dovrebbe abbassare la soglia sotto le 10 nmol/L assumendo anti-adrogeni o gareggiare tra i maschi o ancora —il massimo dell’umiliazione – in una categoria speciale che include persone Dsd come lei. Sulla base di abbondante documentazione medica presentata, ha spiegato Mark Adams, portavoce del Cio, gli organizzatori hanno certificato che Imane non dispone di alcun vantaggio derivante dalla sua situazione ormonale. Al contrario di Semenya (che sovrastava le avversarie) Imane Khelif ha perso un match su quattro dei 36 finora disputati esattamente come la bravissima poliziotta napoletana Carini che ieri, con saggezza, ha zittito le polemiche politiche. E magari oggi, come speriamo tutti da italiani, vincerà e poi abbraccerà la collega.
Sostegno totale a Imane da parte del Comitato Olimpico Algerino che ha parlato di «diffamazione e menzogne verso un’atleta che incarna resilienza e determinazione del nostro popolo. Fieri di sostenere e proteggere da chi disturba e l’attacca solo per la sua eccellenza atletica».