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 2024  agosto 01 Giovedì calendario

“Attaccate i giornali” La velina di Fazzolari che aprì l’offensiva sul Rapporto dell’Ue


ROMA – Non è stata una gaffe, ma il punto più avanzato di una manovra precisa orchestrata a Palazzo Chigi. Un fallo volontario. «Un fallo di confusione», per dirla con le parole di una qualificata fonte istituzionale di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni ha messo insieme artatamente i contenuti e soprattutto le fonti di due dossier diversi – che allo stesso modo muovono critiche alla libertà di stampa in Italia – per sferrare un attacco ai media nemici. Per rifugiarsi ancora una volta dietro la sagoma della vittima di una stampa ostile. L’ultimo editto bulgaro, l’elenco in stile berlusconiano dei giornali non allineati al governo, non è un’uscita estemporanea della premier in viaggio sulla rotta di Marco Polo. Ma nella hall del Regent, l’hotel di lusso fra le vie dello shopping pechinese, la prima ministra ha messo a punto un’offensiva cominciata sei giorni prima, il 30 luglio, giorno in cuiRepubblica in anteprima dà conto del contenuto del report sullo Stato di diritto. Un dossier curato dalla Commissione europea che non lesina attacchi al governo: esprime “preoccupazioni” e “dubbi” sul premierato e sulla riforma della giustizia firmata da Nordio, sottolinea le polemiche sulla “norma Costa” in merito al divieto di pubblicare atti giudiziari e mette nel mirino i mancati provvedimenti a favore della libertà di stampa. Rimarca l’aumento delle minacce e delle aggressioni ai giornalisti e la crescita delle «intimidazioni legali» da parte dei politici. Con l’«inquietudine» per le prossime nomine Rai e l’auspicio di una riforma della governancedella tv pubblica. La pubblicazione di questo rapporto ha l’effetto di un ciclone, nei palazzi del governo. Quel dossier brucia e la difesa non consiste in una risposta nel merito (almeno per quanto riguarda le riforme) ma in una intemerata contro l’uso distorto che del rapporto avrebbero fatto i suoi oppositori e contro le
fake
news che, a suo dire, circolano sul tema della libertà d’informazione: il tutto contenuto in una lunga lettera inviata alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Siamo a domenica scorsa, 28 luglio. Nelle chat interne, nel mattinale a uso e consumo dei comunicatori e dei parlamentaridi FdI, scritto quotidianamente con la supervisione del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, cominciano a circolare due parole d’ordine: non dare in alcun modo l’idea di un contrasto con Bruxelles (in un momento in cui c’è da chiudere la partita della commissario italiano) e additare la «strumentalizzazione» da parte dei «media nemici». L’ultimo passo, sotto la regia di Fazzolari e con il contributo di Mario Sechi, ex capo dell’ufficio stampa di Meloni, e ora direttore di Libero, è del 30 luglio. Segue la diffusione di un altro rapporto,il Media freedom rapid response,
scritto dalla federazione dei giornalisti europei, anch’esso critico sullo stato dell’informazione in Italia. In questo, e solo in questo, sono citati fra le fonti analisti di quotidiani che l’esecutivo colloca semplicisticamente all’opposizione.
L’occasione è propizia perché Chigi studi una manovra a tenaglia. Perché provi a confondere le acque. Il tentativo di depistaggio mediatico va in atto quando in Italia è l’alba. Vanno in edicola i giornali di destra -Libero, il Giornale – che screditano il rapporto Media freedom rapid response sostenendo che sia ispirato da 11 informatori non obiettivi, fra cui il Domani, il Fatto, Repubblica. E a Pechino, alla stessa ora, Meloni risponde alla domanda di un cronista sul dossier precedente e distinto, quello sullo Stato di diritto prodotto dalla Commissione Ue, mettendo in mezzo però gli stessi informatori secondo lei non obiettivi: gli «accenti critici» su premierato e libertà di stampa, afferma la presidente del Consiglio, non sono farina del sacco dell’Ue, ma solo citazioni «di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: ilDomani, il Fatto Quotidiano, Repubblica...» Non c’entra nulla, visto che il dossier della commissione europee di cui le viene chiesto ha una serie di fonti diverse, istituzionali, fra cui ci sono addirittura Palazzo Chigi e diversi ministeri. Ma tutto concorre allo scopo della premier, quello di accusare le testate non gradite. Con un’opera che resta, allo stato, l’unico vero esercizio di disinformazione.