La Stampa, 1 agosto 2024
Mancano 30 mila medici e 70 mila infermieri
Di infermieri sicuramente ne mancano ancora di più, circa 70mila dicono le stime del loro ordine, ma una cosa è sicura: senza medici che visitano, refertano, eseguono tac, risonanze e altri accertamenti complessi abbattere le liste d’attesa resta un’utopia. Lo sa bene il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che proprio oggi andrà a battere cassa al collega dell’Economia Giorgetti, chiedendogli almeno un miliardo in più per detassare gli stipendi e assumere.Due modi per arginare la grande fuga di 6.000 giovani l’anno dalle scuole di specializzazione e di altri 4.000 che si sono addirittura licenziati nel 2023 per andare all’estero o approdare al privato, che paga più o meno uguale del pubblico ma senza imporre turni di lavoro massacranti. E magari lasciando più tempo alla remunerativa libera professione. Se a questo aggiungiamo la cattiva programmazione dei posti in medicina che non sta facendo trovare giovani sostituti ai vecchi dottori che vanno in pensione, ecco arrivati a un buco nero di circa 25 mila camici bianchi mancanti, che se si aggiungono quelli di famiglia sfiorano il tetto dei 30 mila. Una carenza destinata ancora a crescere di qualche migliaio perché la gobba pensionistica delle uscita toccherà l’apice nel 2026. Così tra ancora troppi pochi giovani attratti dalle specialità più usuranti, medici in fuga dal servizio pubblico e specializzandi che potrebbero dare una mano in corsia, ma che i “baroni” universitari continuano a tenere legati al guinzaglio, pensare di ridurre le liste di attesa sembra oggi un miraggio. «Di medici ne servono 50mila – spara alto in una intervista di qualche giorno fa a La Stampa il governatore veneto Luca Zaia -, ma il problema è che i concorsi vanno deserti perché c’è stata una sbagliata programmazione del numero chiuso».«Lettura del problema vera solo in parte – replica Pierino Di Silverio, segretario nazionale del più importante sindacato dei medici ospedalieri Anaao -, perché i concorsi vengono sì spesso snobbati, ma la cattiva programmazione è stata quella dei posti nelle scuole di specializzazione, perché dalle Facoltà di medicina di giovani ne sono sono usciti a sufficienza». Per questo il sindacato, così come l’Ordine dei medici, è contrario all’abbattimento del numero chiuso, che a loro avviso da qui al 2032 rischia di generare un problema inverso: quello di una pletora medica, ossia di disoccupati. I conti li ha fatti l’Anaao. Dopo il 2027 la curva pensionistica sarà in netto calo, mentre le scuole di specializzazione dopo i forti incrementi dei posti disponibili, pur considerando quelli che andranno deserti, sforneranno 32mila medici in più rispetto a quelli che nel frattempo appenderanno il camice al chiodo. «Anche se bisogna considerare la variabile impazzita degli ultimi anni, ossia la crescita esponenziale del numero di medici che per cause varie lasciano anzitempo il servizio pubblico, 4.288 solo nell’ultimo anno», rivela Di Silverio. Per il quale però far saltare oggi il numero chiuso a medicina creerebbe solo uno stuolo di disoccupati da qui a dieci anni, «mentre l’emergenza è ora e si affronta rendendo nuovamente attrattiva la professione e utilizzando, come avviene in larga parte d’Europa, i giovani specializzandi». Già dal 2018, in base al “decreto Calabria” si sarebbero potuti utilizzare nei reparti dietro la supervisione di un tutor, se solo le Università l’avessero concesso. L’ultimo ostacolo al loro utilizzo lo ha alzato una circolare del Miur dell’8 luglio, che dopo la conquista di poter formare gli specializzandi facendoli lavorare anche in una struttura non universitaria, ora fa un passo indietro, reintroducendo l’esame di fine anno da parte delle stesse Università. Come a dire che 25 mila specializzandi continueranno ad essere bloccati. E nel frattempo in Parlamento si è arenato e rischia di decadere il decreto che avrebbe dovuto far debuttare già nell’anno accademico 2025-2026 la riforma dell’accesso programmato alle Facoltà di medicina, imperniata su un primo semestre aperto a tutti gli aspiranti “camici bianchi” e lo sbarramento spostato all’inizio del secondo.Intanto, però, c’è da convincere i giovani a riaffezionarsi a quelle specialità mediche ritenute da sempre fondamentali, ma con le quali si fa poca attività privata. I dati elaborati dall’Anaao dicono che il 78,3% delle borse di studio per microbiologia e virologia non sono state assegnate o i posti sono stati abbandonati, percentuale che è del 70,2% per patologia clinica, 67,7% per radiologia, 60,7% per medicina di emergenza e urgenza, 54,7% nella medicina nucleare. Al contrario fanno il pieno le scuole di dermatologia, oftalmologia e chirurgia plastica, dove il business è assicurato. Per questo Schillaci vorrebbe incentivare economicamente soprattutto le specialità meno attrattive.Nel frattempo, è guerra aperta tra le Asl, pronte a offrire di tutto pur di strappare la firma di un dottore sul contratto. All’Elba, come un po’ in tutte le piccole isole, i medici non voglio andare, così una delibera offre loro ombrellone, biglietti del cinema, sconti in palestre, ristoranti ed autonoleggi, più incentivi economici. Venezia assicura lo studio gratis ai medici di famiglia mentre per le zone montane del Veneto c’è un bonus di quasi 8.000 euro. E in Piemonte il nuovo ospedale di Alba-Bra mette a disposizione vitto e alloggio ai medici specializzandi. Sempre che l’Università molli l’osso.