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 2024  luglio 31 Mercoledì calendario

Renzi si perde pure Iv: ha 200 dirigenti contro

Matteo Renzi, nuntereggae più: l’ultima giravolta è troppo per tutti. Il fondatore d’Italia Viva vorrebbe riciclarsi nel centrosinistra, nella coalizione dell’odiato Conte e dello sbeffeggiato Fratoianni, ma l’abbraccio a Elly Schlein rischia di fare male soprattutto al Pd e ai suoi alleati.
Il capolavoro è duplice: con la sua ultima trovata Renzi ha bruciato i ponti anche con il centro ed è stato rinnegato da una parte del suo stesso partito. Italia Viva è in fermento, la fronda è alimentata dall’ex fedelissimo Luigi Marattin. Il principio per cui sta dando battaglia è persino ovvio: se Renzi vuole capovolgere la linea politica che ha sostenuto fino all’altroieri, due tweet non bastano; dovrebbe convocare un congresso in cui discutere e votare il cambio di strategia.
La linea Marattin è contenuta in un documento lanciato da un gruppo di dirigenti locali di Italia Viva, che sta girando molto tra iscritti e simpatizzanti. “Se il presidente in carica ha ricevuto un mandato chiaro a sostegno della sua mozione congressuale e l’indirizzo politico previsto cambia radicalmente – si legge – il partito nel suo insieme non può che ridare la parola a tutti gli iscritti che in questi anni hanno dedicato tempo, investito soldi, energie e chiesto voti su una proposta politica chiara. Gli iscritti devono poter discutere e decidere sul futuro del partito. Chiediamo quindi, per questi motivi, all’Assemblea nazionale di Italia Viva di indire entro l’anno 2024 un congresso aperto e democratico per decidere la linea politica del partito e per dare la possibilità a tutti gli iscritti di esprimersi”.
Renzi non sembra avere alcuna intenzione di concedere agli avversari interni la conta del Congresso e vorrebbe chiudere la partita rapidamente già in Assemblea, come si fa nei partiti personali. Ma – sorpresa – il partito personale gli si sta rivoltando contro. Non a livello nazionale: i parlamentari – escluso Marattin, che ha la valigia in mano – sono legati al leader per motivi di riconoscenza e fiducia nelle sue capacità di collocamento. Ma nella base del partito, il manifesto della protesta circola eccome: l’hanno firmato per ora 219 dirigenti locali (presidenti provinciali, territoriali, responsabili di sezioni all’estero e altri amministratori di Itali Viva). Una delle promotrici è Giorgia Bellucci, presidente provinciale di Iv a Rimini. “Dopo le elezioni europee Renzi ha cambiato impostazione quattro volte – dice –. Noi abbiamo bisogno di un partito maturo, con una visione complessa del Paese e della società. Non possiamo più permetterci un partito personale”.
Buona parte di coloro che chiedono un passaggio democratico sul cambio di strategia – non tutti – sono anche profondamente contrari al ritorno di Iv nel centrosinistra. Marattin ha lanciato una petizione su Change.org, insieme a Enrico Costa, per “un nuovo terzo polo unitario”. Eccone un passaggio: “Noi non ci rassegniamo a lasciare un pezzo di paese senza rappresentanza politica. Vogliamo contribuire a costruire, assieme a tutti coloro che hanno voglia di impegnarsi, un unico grande partito liberal-democratico e riformatore che non si arrenda a fare da vassallo ai populismi di questo bipolarismo”. Lanciata all’inizio di luglio, l’hanno firmata in 7 mila.
L’appeal che Renzi sta perdendo all’interno del suo stesso partito si riflette pure nel distacco dell’area culturale “liberal” che l’ha sostenuto almeno fino alle Europee. Il nuovo direttore del Riformista – che ha preso il posto dello stesso Renzi e di Andrea Ruggieri – è Claudio Velardi, vecchio amico dell’ex premier. Dopo le elezioni gli ha scritto in tutta franchezza, in modo persino affettuoso, che è il momento di farsi da parte. “Sono ancora convinto che esista una fascia di elettori, almeno il 10%, che non si riconosce né a destra, né a sinistra. Ma ha bisogno di un’offerta politica e di leader adeguati. Il problema di Renzi è che ormai la furbizia ha prevalso sull’intelligenza, ma la svolta a sinistra gli ha tirato contro mezzo partito”. Dopo averlo criticato, Velardi dice di aver subito una campagna d’insulti: “Forse pensa che mettendo in moto la sua ‘bestiolina’, facendomi dare del ‘fetente’ e del ‘traditore’, mi possa colpire. Continuo a pensare che un giornale sia più forte delle campagne social”.