Corriere della Sera, 31 luglio 2024
I due nipoti di Maduro simbolo del regime nella terra dei narcos
Era il 10 novembre del 2015 quando Efraín Campo Flores e Francisco Flores, trentenni, furono arrestati dall’antidroga americana ad Haiti dove erano andati a ritirare una prima trance di un pagamento di 11 milioni di dollari per spedire 800 chili di coca in Honduras, diretta al mercato che ne richiede di più al mondo: New York.
I cugini Flores
I cugini Flores sono i nipoti della moglie di Nicolás Maduro, Cilia Flores, figli delle sue due sorelle. Efraín viene definito figlio adottivo della coppia, spesso vive nella residenza presidenziale ed è vicino alla gestione del potere politico dei Maduro. I «narcosobrinos» – i narco nipoti, come ora sono chiamati – avevano accesso all’hangar presidenziale situato sulla rampa 4 dell’Aereoporto internazionale Simón Bolívar di Maiquetía, e usavano aerei privati per far decollare la cocaina in tutto il Sudamerica.
Furono scoperti grazie a un infiltrato. Quegli 800 chili di coca pura tagliata al 25% (di qualità maggiore) diventavano 3.200 chili, che venduti a Manhattan avrebbero fruttato tra 89 e 100 milioni di dollari. I nipoti di Maduro però tutto questo lo avevano fatto per 20 milioni di dollari e, prima d’essere arrestati con le mani nel miele, ne stavano ricevendo solo una fetta da 11 milioni. L’anticipo che chiedevano prima dell’invio.
Chi è stato ad aver cantato? Un uomo del cartello che in questi anni si è legato al regime di Maduro più di tutti: quello di Sinaloa comandato dalla diarchia di El Chapo Guzmán e El Mayo Zambada (appena arrestato dopo anni di latitanza). Il narco José Santos Peña era l’uomo che rimpinzava i Maduro di soldi dei narcos. Una volta arrestato sperava, dando tutte le informazioni sulla politica venezuelana, di veder la sua pena ridotta. In tribunale porta prove e l’infiltrato della Dea porta soprattutto audio in cui i due raccontano di come il governo venezuelano gestisca la coca dei cartelli, di come servano soldi per sostenere le campagne elettorali, comprare voti, pagare i militari. Efraín faceva riferimento a Cilia Flores come «sua madre».
La condanna
Alla fine del processo Efraín Campo Flores e Francisco Flores furono condannati a 18 anni carcere. Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea costituente, secondo solo al capo del governo Maduro, iniziò a parlare di «sequestro dei ragazzi» da parte degli americani, ma durante il processo emersero informazioni che lo ritenevano capo del Cártel de los Soles (cartello dei soli), un gruppo di alti ufficiali dell’esercito venezuelano accusati di controllare i traffici di cocaina.
I due nipoti hanno trascorso in prigione meno di 5 anni su 18, perché Maduro ha iniziato ad arrestare pretestuosamente cittadini americani. Cinque solo nel 2017: erano a una conferenza della società petrolifera nazionale venezuelana e furono arrestati per furto. Poi arrestarono a un posto di blocco un ex marines e un uomo che era andato a trovare la fidanzata. Alla fine Biden decise di graziare i due nipoti in cambio della liberazione dei cittadini americani. I narco nipoti sono a casa.
Le manipolazioni
Non esiste tabarro migliore in grado di nascondere traffici e corruzione che quello della rivoluzione. Parlare di giustizia sociale sposta l’attenzione lontanissimo dagli affari criminali e il modo migliore per poter costruire una rete di trafficanti è proprio quello di portare attenzione sulla pace, la solidarietà, la lotta all’imperialismo. Porta vantaggio strategico ma anche una protezione mediatica, una volta scoperti, poter proclamare al mondo che è tutta una manipolazione degli yankee.
Così funziona questo mondo, ne siamo consapevoli. Risulta davvero singolare però che in tutti questi anni, soprattutto a sinistra, qualcuno abbia davvero creduto che il sistema bolivariano venezuelano, corrotto in ogni sua parte, fosse qualcosa davvero che andasse oltre il suo reale profilo, quello di uno Stato-Mafia. Mentre raccontava al mondo la sua opposizione alle guerre, dando solidarietà a Putin e ai popoli sfruttati, Nicolás Maduro rendeva il Venezuela l’hub mondiale del traffico di cocaina, il luogo in cui stoccare e far partire cocaina in ogni angolo della terra.
Il sistema
Dalle indagini della Dea emerge che i porti venezuelani sono ormai completamente in mano ai cartelli e la gestione delle spedizioni è diretta emanazione dell’autorità politica. La risposta dinanzi alle prove è sempre la stessa: tutta propaganda americana. Eppure sono diversi i pentiti – su tutti Leamsy Salazar, capo della sicurezza di Chávez – che hanno fornito prove di come il Venezuela sia un narco Stato. Salazar si è pentito dopo esser stato scoperto dalla Dea e, quando si è scoperti e non si è parenti di Maduro, si finisce in carcere per permettere al governo di dire che si tratta solo di una mela marcia, non di un sistema.
Il Venezuela è un narco Stato, la cocaina permette un ingresso dei soldi perduti con la crisi del prezzo del greggio. Gli uomini di Chávez erano tutti legati al petrolio gli uomini di Maduro sono maggiormente vicini al narcotraffico. Rispondendo a Barack Obama, il braccio destro di Maduro Diosdado Cabello ha detto: «Sì, siamo una minaccia perché siamo socialisti, siamo una minaccia perché siamo rivoluzionari, siamo una minaccia perché siamo chavisti, siamo una minaccia perché vogliamo che il popolo viva in pace!».
Tutta fuffa retorica da parte di chi ha distrutto un Paese e manipolato e usato gli ideali socialisti. Chi crede davvero a questi trafficanti in nome dell’ideologia sta solo creando una cortina fumogena per difendere i loro affari.