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 2024  luglio 30 Martedì calendario

Intervista a Giuseppe Perricone


N el film Il ritorno di don Camillo, tratto dai racconti di Giovannino Guareschi, il Nero, muratore ateo e comunista, per 1.000 lire vende l’anima al dottor Spiletti, il vecchio medico del paese, salvo poi pentirsene. Giuseppe Perricone, 53 anni, palermitano, titolare di due bistrot a Milano, è andato oltre: come Faust, che la consegnò a Mefistofele, l’ha venduta a Satana in cambio di sesso, soldi e successo. Ma oggi giura che più il diavolo pervadeva la sua vita e più avvertiva la presenza di quel Dio che lo scampò da un aborto nel grembo materno: «È Lui che per due volte mi ha fermato la mano quando stavo per conficcare un coltello nel petto di mio padre mentre dormiva. È Lui che mi ha impedito di finire crivellato dai colpi di otto killer mandati da un boss mafioso. È Lui che ha spezzato la corda alla quale mi ero appeso per impiccarmi. È Lui che mi ha strappato dalla schiavitù di cocaina, amfetamine, funghi allucinogeni, acidi, crack, eros, gioco d’azzardo». L’odissea di Perricone cominciò con un imprinting sconcertante: «A Bruxelles fui violentato nei bagni della scuola, a 8 anni, da una ragazzina di origini marocchine che ne aveva 7 più di me». 
Una quindicenne va alle elementari? 
«Nell’istituto c’erano pure le medie, gli alunni si riunivano alla ricreazione. Mi chiuse in bagno con un amico e osò un rapporto orale. Ero terrorizzato, scoppiai a piangere. Ogni giorno mi minacciava affinché non lo raccontassi in giro. Quello stupro ha segnato la mia vita». 
In che modo? 
«Mi ha spinto verso un sesso deviato». 
Lei non doveva nascere, è così? 
«Esatto. Sono il secondo di cinque figli. Mio padre, muratore, aveva perso il lavoro. Angosciato, insisteva con mia madre perché abortisse. Dopo una visita ginecologica, la mamma ebbe una perdita imponente. Il sangue intrise il materasso fino a gocciolare sul pavimento. Secondo i medici, saremmo morti entrambi. Invece mi girai nell’utero in modo tale da fermare l’emorragia con la mia testa. Nacqui prematuro di 8 mesi. La mamma mi strappò dalla culla termica. S’era accorta che le infermiere si limitavano a mettermi il biberon vicino alla bocca. Stavo morendo di fame. Trascorsi 9 mesi, mio padre ci portò in Belgio». 
Aveva trovato lavoro là? 
«Sì. Imparai francese e fiammingo. Ci rimasi fino ai 12 anni. Intorno ai 4 papà aveva cominciato a picchiarmi». 
Per quale motivo? 
«Non l’ho mai saputo, né ho avuto il coraggio di chiederglielo, per non farlo soffrire. Non mi accettava. Aveva una ferita dell’anima. Mi vedeva come un peso». 
Che genere di percosse? 
«Schiaffi, pugni in faccia, calci nella pancia. Mi ruppe il setto nasale. Mi scaraventò giù dalle scale, ruzzolai per 12 gradini. Persi i sensi due volte. Conoscevo solo il sapore del sangue». 
Ma sua madre non lo fermava? 
«Qualche volta cercava di mettersi in mezzo e le buscava pure lei». 
Le maestre non se ne accorgevano? 
«Raccontavo che ero caduto. A scuola diventai il pallone da calcio dei bulli». 
Nessuno la difendeva? 
«Gesù. Lo conobbi dal film di Franco Zeffirelli. Alla resurrezione di Lazzaro, mi sciolsi in lacrime. Lo imploravo: portami con te o fa’ morire mio padre». 
Una preghiera assurda, blasfema. 
«Continuavo a chiedere a Dio: ma se tu esisti, come mai a me capita tutto questo? Mio padre teneva nel comodino un coltello. Gli serviva per intimorire una banda di motociclisti che al terzo piano si abbandonavano a orge e schiamazzi. In due occasioni lo afferrai, stavo per pugnalarlo, ma entrambe le volte la voce di Dio mi fermò. Udii: “Non farlo!”». 
Quando e come si vendette a Satana? 
«Nel 2001. Avevo quasi 30 anni. Frequentavo cartomanti, indovini che sono ispirati dai demoni. Ero entrato a far parte del mondo della notte». 
Si spieghi meglio. 
«Cameriere in un villaggio turistico di Ustica, conobbi Sergio Flavio, inventore del cocktail Kir royal. Divenne il mio maestro, diventai barman. Mi si spalancarono le porte dei migliori night di Palermo: Santa Monica, Memphis, Crazy bull. Sniffavo da 2 a 4 grammi di cocaina al giorno, fino a spendere 200.000 lire. Pur guadagnando bene, la rivendevo agli avventori per rifarmi delle spese». 
Molte compagnie femminili? 
«Mi misi con la donna del braccio destro di un boss mafioso, che mandò otto killer per uccidermi davanti all’Ora delle streghe, il pub dove lavoravo. Ma uno dei sicari mi riconobbe e convinse gli altri a desistere. La sposai nel 1993. Nacque un figlio, che oggi ha 26 anni e lavora con me. Il matrimonio finì nel 2000 e 13 anni dopo mi risposai. Ero tormentato dal rimorso, svenivo sul lavoro. Il neurologo m’imbottì di psicofarmaci e mi consigliò: “Deve andarsene da Palermo”». 
Gli diede ascolto? 
«Mi trasferii a Bolton, nel Regno Unito, vicino a Manchester. Lì finii in coma etilico per 12 ore. Dimesso dall’ospedale, mi ritrovai d’inverno per strada in canottiera e boxer ad aspettare un taxi. Una voce interiore mi ordinava: “Ucciditi!”». E anche a quella diede ascolto? 
«È così. Legai una corda al corrimano del soppalco, feci un nodo scorsoio e me lo misi al collo. Salii su una sedia e le diedi un calcio per lasciarmi penzolare nel vuoto. Invece la fune si spezzò. Non ero neppure capace di ammazzarmi». 
Più che Belzebù poté l’Altissimo. 
«Ma una mattina, al risveglio, invocai il diavolo: prendi la mia anima e in cambio dammi per 10 anni soldi, successo e piacere. Satana mi rispose: “Tu porterai distruzione nelle famiglie, ti darò gli spiriti di seduzione per farlo”». 
Perché chiese solo 10 anni di vita? 
«Pensavo: tanto, non arrivo ai 40». 
Lucifero mantenne la parola? 
«Eccome! Aprii due ristoranti di successo. Appena misi piede nel casinò di Manchester vinsi 700 sterline alla roulette. E poi le donne, tante, un’infinità. Ne cambiavo quattro a settimana e ne avevo almeno tre fisse ogni mese». 
Come riusciva a far strage di cuori? 
«Mi ha visto? Le sembro Alain Delon? Eppure puntavo una donna e dopo mezz’ora era mia. Prediligevo spose e fidanzate, mai le single. Non ero appagato finché non diventavano infedeli. Non ha idea di quanti matrimoni ho mandato a rotoli. Era il Maligno a fare tutto. Se qualcuno mi parlava di Dio, davo di matto». 
Quanto durò la possessione? 
«Fino al 30 gennaio 2006». 
Come fece a liberarsi dal demonio? 
«Con Mauro, un amico pugliese, e una ragazza di Johannesburg, abitanti a Bolton, in due mesi facemmo tre viaggi ad Amsterdam, il luna park del sesso e della droga. L’ultima volta, sotto un ponte, stavo per acquistare del crack da uno spacciatore di Napoli. Sentii la voce di Dio: “Peppe, che stai facendo?”. Mi girai: credevo che fossero i miei amici a parlare. Pensai: veniamo a comprare la droga e non la volete? Dio riprese: “Io so che non ti ami. Io so che distruggi coloro che si amano. Io so che non credi nell’amore. Ma io ti amo così come sei”. Un calore m’invase. Ero libero da Satana». 
Mi perdoni, ma non potevano essere gli effetti degli allucinogeni? 
«In quel momento ero sobrio. Come si spiega che dall’oggi al domani abbia smesso con droghe, alcol, sesso e gioco d’azzardo senza disintossicarmi? Fu Dio che venne a prendermi all’inferno». 
Gli indemoniati non devono essere liberati con un esorcismo? 
«I pentecostali non lo praticano. Il mio mentore di Palermo, il pastore Vincenzo Sciacca, che è morto nel 2013, mi sottopose a un rito di liberazione durante un ritiro spirituale a Partinico, presente il teologo Alberto Bergamaschi, che può testimoniarlo. Era la seconda volta che vi assistevo. A 12 anni ne avevo visto un altro nella mia città natale, su una donna che era invasa da Satana e parlava con un timbro maschile rauco, spaventoso». 
E se tutte le voci divine o diaboliche che lei avvertiva fossero state invece il frutto della sua immaginazione? 
«Gesù ridà la vista a un uomo, mandandolo a lavarsi gli occhi nella piscina di Siloe. Il miracolato non si spiega quanto gli è accaduto. Dice solo: “Una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo”. Io so che prima ero drogato, alcolizzato, sessodipendente, ludopatico e ora sono guarito». 
Ha mai tradito la sua nuova moglie? 
«Mai. Se mi sono salvato, lo devo anche a lei. Si chiama Tiziana Salamone, è una donna meravigliosa. A Milano collaboro con la Chiesa del Sabaoth del pastore Roselen Boerner Faccio. Sono volontario di Humanitarian projects, aiutiamo alluvionati e terremotati. Insieme ad altri cucino i pasti che dalle 20 alle 22 portiamo ai senzatetto nelle stazioni della metro Duomo, Cadorna, Garibaldi. Uno dei miei due ristoranti, in zona Darsena, l’ho chiamato 70 volte 7, per ricordare la risposta che il Maestro diede a Pietro. L’apostolo gli si avvicinò e gli chiese: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. È un pub cristiano per chi non va in chiesa». 
E lei ha perdonato suo padre? 
«Un anno dopo essermi liberato da Satana, abbiamo ricevuto insieme il battesimo per immersione nella stessa vasca, quella della chiesa Parola della Grazia di Palermo, officiante il pastore Lirio Porrello. Oggi amo mio padre. Lui ha perdonato me, io ho perdonato lui. Ha 80 anni. Provo tenerezza per la sua fragilità». 
Il diavolo non ha tentato di riprendersi l’anima che gli è stata tolta di mano? 
«Mi ha tormentato per anni di notte, nei sogni. Mi rinfacciava la vita dissoluta che avevo condotto, mi ringhiava che non ero degno di stare con Dio. Ma si sbagliava: io sono dell’Onnipotente».