il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2024
David Ermini, dal vertice del Pd alla holding di Spinelli
In Italia c’è – si dice con qualche ragione – una questione morale, ma probabilmente ancor più drammatica è la questione che definiremo, metaforicamente, della forchetta e del coltello: la classe dirigente di questo Paese ignora come si usano le posate, non sa stare a tavola. Ci si riferisce a una bizzarra notizia, l’ennesima, arrivata ieri da Genova: un comunicato stampa ci ha informato infatti che l’ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, ex deputato Pd e ancora membro della Direzione nazionale del partito, è stato nominato presidente della Spininvest srl.
Tradotto: l’ex vicepresidente dell’organo di autogoverno della magistratura prende il posto di Aldo Spinelli a capo della holding che controlla il gruppo di famiglia, visto che l’interessato – ai domiciliari con l’accusa di corruzione nell’inchiesta che coinvolge anche l’ex presidente regionale Giovanni Toti – s’è dimesso dalle cariche sociali insieme al figlio, indagato, l’8 maggio scorso. Logistica, porti, un po’ di immobiliare, qualche partecipazione, persino “una start up innovativa”, tutta roba a cui Ermini è evidentemente appassionato da tempo. Gli daranno una mano nella difficile impresa il penalista Nicola Scodnik, ce n’è bisogno, e Vittorio Gattone, già amministratore unico di Spininvest, membri del consiglio.
L’operazione, orchestrata dal legale di Spinelli, Alessandro Vaccaro, serve a chiedere la revoca degli arresti per l’anziano fondatore del Gruppo (il figlio ha avuto solo l’interdittiva dalle cariche aziendali): fuori dalla gestione societaria e dimessosi Toti, è l’idea, il reato non può essere reiterato, il buon Aldo può tornare libero. Una mossa legale legittima, razionale, cui l’ex deputato ed ex vicepresidente del Csm poteva risparmiarsi di fare da garante: la forchetta, il coltello, quelle cose lì, che pure dovrebbero esser tenute da conto da un uomo delle istituzioni e ancor più dal membro di un partito che dell’umidiccio sistema di potere genovese è stato ed è parte fondamentale (un po’ dal lato Spinelli, un po’ dal lato del nemico Gianluigi Aponte, democraticamente).
Dovrebbe ben saperlo Ermini, visto che del Pd ligure fu commissario dal 2015 al 2017, quand’era grande amico di Matteo Renzi, con cui oggi è finita a querele. L’interessato, però, non ci vede nulla di male e d’altronde fu l’allegro gestore del Csm negli anni d’oro di Luca Palamara: dev’essere uno di quelli che riesce a vedere solo il bello nelle cose. “Sono onorato – fa sapere infatti – È un gruppo in salute e dalle grandi potenzialità di sviluppo. Sono fiducioso che (…) potremo raggiungere nuovi traguardi e costruire un futuro prospero”.
Chissà cosa ne pensa il collega di partito Andrea Orlando, che – nelle stesse ore in cui Ermini era onorato – cercava di costruire la sua candidatura alla presidenza della Liguria alla guida di una coalizione che comprenda sinistra, civici e 5 Stelle: “In Liguria c’è un lavoro complesso da fare in poco tempo, ma la precondizione dev’essere la rottura col sistema Toti-Bucci”, spiegava ieri per dire no all’alleanza con Matteo Renzi, il cui partito a Genova sostiene il sindaco.
Il “sistema Toti-Bucci”, però, sarebbe pure quello di cui fa parte – e quale parte! – Spinelli, le cui aziende sognano “un futuro prospero” grazie a un dirigente del Pd. “Su questa strada non ci saremo. Se il Pd vuole dimostrare di volere il cambiamento deve farlo subito”, dice l’ex cronista del Fatto Ferruccio Sansa, consigliere regionale e candidato presidente del centrosinistra alle ultime Regionali. Orlando sarà felicissimo, quanto a Ermini lo immaginiamo guardare perplesso forchetta e coltello.