Corriere della Sera, 29 luglio 2024
Accuse, battute e sfottò. Così si è sgretolato il rapporto tra grillo e Conte
ROMA «Non ne abbiamo mai parlato», gli ha scritto l’uno. L’altro gli ha risposto che non appena ci sarà tutto «ti informerò prontamente». L’uno però voleva «parlarne in un gruppo ristretto» ma l’altro niente, «non posso accogliere la tua proposta di discutere preventivamente i temi». Ma «io sono il garante», aveva ricordato l’uno. E l’altro niente, il solito muro di gomma, il solito incassatore, pronto a incamerare e portare a casa anche questo affondo, ad arricchire quella bacheca già piena degli «incapace», «specialista in penultimatum», «uomo senza visione politica», «faccia meno espressiva» di un avatar e mille altre amenità che il primo, nel corso del loro tormentatissimo rapporto, gli ha rifilato col passare degli anni.
Non ci fossero le tecnicalità dei tempi, dei modi, dei temi e persino della scelta stessa di convocare un’assemblea costituente del Cinque Stelle a fare da oggetto del contendere nell’ultima rissa pubblica mascherata da scambio epistolare, Beppe Grillo e Giuseppe Conte sembrerebbero un duo che ha attraversato tutte le declinazioni possibili del rapporto di coppia, raggiungendo l’ultima, la più contemporanea, che secondo alcune malelingue interne al Movimento – che assistono allo scontro in corso con sempre maggior indifferenza – «non è troppo dissimile dai rapporti che si sgretolano in diretta tv in un reality show, non troppo diverso da quello che va adesso per la maggiore», e cioè Temptation Island.
Da quel «ha preso più voti Berlusconi da morto che Conte da vivo», siluro che il Garante aveva rifilato all’Avvocato subito dopo il tracollo del Movimento 5 Stelle alle elezioni europee, sembra passato un secolo, e invece non era neanche due mesi fa. Ora il racconto, depauperato dai tormentoni che col passare degli anni hanno reso la sfida tra i due un incrocio impossibile tra una soap opera e un cartone animato tipo Willy il coyote e Beep-Beep, dove il primo inseguiva l’altro senza mai riuscire ad acchiapparlo, è improntato al massimo del politicismo, con una narrazione non troppo dissimile da quelle liturgie tipiche dei partiti novecenteschi che il M5S era nato per liquidare del tutto: assemblea sì, assemblea no, assemblea come; decide un ristretto gruppo di persone, come vorrebbe il fondatore; oppure è sovrana la volontà di tutti, come chiede il capo politico, più incline a riscoprire l’originario senso dell’«uno vale uno».
I parlamentari più vicini a Conte rimarcano che di scontro, tecnicamente, non si può parlare. Perché, sottolineano, «agli sberleffi di Grillo, Giuseppe non ha mai risposto con un attacco personale, anzi». A ripercorrere a ritroso il viaggio retorico nello scambio di battute tra i due, in effetti, il comico ha sempre trafitto l’avvocato con la sua oratoria pungente ma l’altro, tolta una volta che gli aveva indirettamente dato del «padre padrone», ha sempre porto l’altra guancia. Semmai, in maniera più sottile, cosa che ha fatto anche durante l’ultimo ping pong di ieri l’altro, l’ex presidente del Consiglio, a più riprese, ha considerato la scelta di aderire alla maggioranza che sosteneva il governo Draghi come la madre di tutte le sconfitte poi incassate alle urne dal Movimento. «Ed è noto a tutti, dentro e fuori il Movimento», dicono i suoi, «che l’artefice di quella decisione, quello che l’ha portata avanti a tutti i costi, è stato Grillo, che con Draghi ha conservato un rapporto anche dopo la fine dell’esecutivo…».
Domani si riparte da ieri. «Non ne abbiamo parlato» e «ne parleremo», «io sono il garante» e «ti informerò prontamente». Sullo sfondo, un’assemblea costituente tutta da definire. Sulla scena, i duellanti e un telefono che non squilla, quasi mai.