Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  luglio 29 Lunedì calendario

«Sembrerò morto, ma non sarà vero». All’Ultimo volo di Saint-Exupéry aveva dedicato un album, nel cinquantenario, Hugo Pratt, cui il Beaubourg dedica un intero piano (Corto Maltese) di un’esposizione sui fumetti estesa sui sei livelli del Museo

«Sembrerò morto, ma non sarà vero». All’Ultimo volo di Saint-Exupéry aveva dedicato un album, nel cinquantenario, Hugo Pratt, cui il Beaubourg dedica un intero piano (Corto Maltese) di un’esposizione sui fumetti estesa sui sei livelli del Museo. Per preparare le sessanta tavole acquarellate, Hugo Pratt si era incontrato a pranzo col nipote di Saint-Ex Frédéric d’Agay, e fino a notte fonda gli aveva posto domande “da pittore” – «la nonna era bionda o bruna», e così via. Poi nelle tavole Hugo Pratt aveva disegnato il Piccolo Principe apparire su una nuvola a Saint-Ex, che ha il casco, occhiali e respiratore, e il tipico nasetto impertinente all’insù, sul Lighting P38 dell’ultimo volo di ricognizione. Il bambino dice: «Per favore, ridisegnami una pecora…», e intanto risuona ansioso: «Hallo hallo qui base Bastia Borgo rispondete». Si affaccia tra le nuvole anche la troppo vivace moglie Consuelo, e, ancora al momento di salire a bordo, i compagni già scomparsi, gli eroi dell’aviazione Mermoz, Diaz e Guillaumet, che Saint-Ex, con la sigaretta di lato, saluta. Poi una planche mostra lo scrittore di faccia, sempre in assetto di volo; la bocca sorride, gli occhi ci leggono, seri e intenti, non si sa da dove.
Questo nuovo anniversario espone, nelle librerie francesi, quasi una decina di nuovi saggi sullo scrittore; il più interessante ora che siamo inquieti per le guerre che più che mai ci circondano è Un Petit Prince en exil, che Jean-Claude Perrier (con un precedente saggio sullo scrittore coronato dall’Académie française) ha dedicato agli anni americani di Saint-Exupéry (31 dicembre 1940-2 aprile 1943). È l’epoca delle polemiche sulle posizioni dello scrittore mentre la storia si forma, le sue idee e gli atti sulla guerra cui è più facile oggi appassionarsi. Sono anche anni di capolavori assoluti, alla scrittura “Tonio” si dedica con gli stessi argomenti del cuore della fiaba più letta e più tradotta del mondo: si sente come «il pittore cinese che corregge per cinque anni i tre punti che rappresentano, sulla sua tazza, un uccello. Un’opera dura il tempo che gli hai messo dentro», scrive a Consuelo («È il tempo che hai perduto per la tua rosa che la rende così importante»).
Non imparerà l’inglese, lo straniamento lo rende sensibile, fin dalla traversata, ai migranti, «piante senza radici»: «Ho imparato tante cose nel mio Paese che altrove mi saranno inutili»”; d’ora in poi dirà anche lui: «Vengo dal tal posto», «lei conosce il mio amico…?». A New York Saint-Ex è accolto beninteso come una celebrità, e come il mito vivente che già rappresenta. Tra gli intellettuali rifugiatisi nella “città in piedi” in fuga dall’Occupazione, c’è tutto il gruppo dei surrealisti – André Breton, Max Ernst, Hans Arp, Matta, Dalì, Joan Miró, Yves Tanguy. Consuelo è rimasta in Francia; quando Saint-Ex riesce a farla venire a New York («Diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato») tutta l’avanguardia surrealista, che la frequentava a Parigi, viene ricevuta in casa. È così che Saint-Ex inizia sempre con le parole “Caro amico” le lettere con cui risponde alle odiose accuse, su rivista, di Breton. Breton, il “papa” dei surrealisti, è uno specialista delle denunce, delle epurazioni, delle più intransigenti posizioni all’interno del suo gruppo e ora accusa Saint-Ex di far parte di un Consiglio nazionale istituito dal regime collaborazionista di Vichy – che certo ha proposto il suo nome, ma cui Saint-Exupéry ha risposto con un netto rifiuto, con annessa conferenza stampa al Carlton, riportata dal New York Times.
È il 31 gennaio del ’41; dal 19 aprile, de Gaulle cerca a sua volta di assoldare Saint-Exupéry a un suo Comitato nazionale, ma lo scrittore non ha nessuna simpatia per il Generale. E intanto risponde con fermezza a Breton: «La mia posizione nei confronti del nazismo è questa: nel corso della guerra, e durante l’offensiva tedesca, ho rifiutato tre volte di essere sollevato dai voli, quando non rientrava una missione su tre, e non pensavo, non speravo, di sopravvivere due giorni. Se ho adesso la fortuna di avere il privilegio di essere criticato [se sono vivo, cioè ndr], non dipende da me». Tonio in realtà non invia la lettera, ma altre due, più blande, sì e la disputa lascia un segno nella sua inguaribile gentilezza. Più penoso, e oggi più significativo, l’attacco di Jacques Maritain. Il filosofo rimprovera a Saint-Ex la sua “non-posizione”: la Francia deve riconciliarsi, per combattere unita il nazismo? Seguire de Gaulle o – se prevarrà – il generale collaborazionista Giraud? A volte, obietta Maritain, ma con infinito rispetto per lo scrittore e l’eroe, «bisogna giudicare», condannare, scegliere cioè. E battersi a fianco degli Alleati. Saint-Ex risponde che ha sempre pensato solo alla Francia, e a marzo torna infatti a combattere, in Nord-Africa, riunendosi alla sua pattuglia 2/23, agli ordini dell’amico René Gavoille, caposquadriglia francese posta sotto comando americano. «La guerra l’ho fatta», scrive a Consuelo, «e alla mia età parto, per fare il pilota di guerra. Non parto per morire. Ma accetto semmai volentieri di addormentarmi così».