il Fatto Quotidiano, 27 luglio 2024
Rai, Meloni pensa a privatizzarla. Mediaset in allarme, FI dice No
L’idea c’è. È sul tavolo. “Una delle ipotesi”, dicono da Palazzo Chigi. Ma non può essere solo questo perché privatizzare la Rai, la televisione pubblica nata nel 1954 e lottizzata da governi di ogni colore politico, sarebbe una riforma che avrebbe del clamoroso e produrrebbe effetti su tutto il sistema televisivo italiano. L’ipotesi, a cui starebbe lavorando Giorgia Meloni con il suo fedelissimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, è stata anticipata ieri dal Foglio: i tempi sono lunghi ma dopo le ferie estive il governo ha intenzione di mettere le mani sulla riforma della governance Rai del 2015 targata Matteo Renzi, conferma una fonte a conoscenza del dossier non autorizzata a parlare pubblicamente della questione.
L’idea di Palazzo Chigi nasce da due esigenze incrociate. In primo luogo, il Media Freedom Act approvato dall’Unione Europea ha messo in discussione tutto l’impianto della legge Renzi del 2015 sulla governance e qualsiasi nomina fatta dall’esecutivo potrebbe essere oggetto di contenziosi da parte dei ricorrenti in grado di mettere in difficoltà il governo. Inoltre, Meloni non è assolutamente soddisfatta di come è stata gestita la Rai in questi mesi, oltre a essere accusata spesso di aver messo in piedi “Tele Meloni”. In secondo luogo, l’ipotesi fatta trapelare è anche una risposta alla famiglia Berlusconi – soprattutto a Pier Silvio – che la scorsa settimana ha manifestato la sua volontà di scendere in campo in politica, anche se non esplicitamente. I rapporti tra Arcore e Palazzo Chigi sono gelidi dall’estate del 2023, a partire dalla norma sugli extraprofitti bancari e dai fuorionda sull’ex di Meloni, Andrea Giambruno. Ma oggi sono addirittura ai minimi termini: la premier considera i Berlusconi solo come figure potenzialmente in grado di mandare segnali quando hanno bisogno di qualcosa: governisti al limite dell’adulazione finché serve, oppositori barricaderi quando non trovano più sponde.
L’ipotesi allo studio sarebbe quella di trasformare la Rai in una sorta di modello Poste, come una partecipata dello Stato: a maggioranza pubblica perché, è il ragionamento ai piani alti del governo, il servizio pubblico deve rimanere intatto ma quotandola in Borsa e permettendo l’ingresso di investitori privati nel capitale azionario. Questo, spiega la stessa fonte, non significherebbe svendere la tv pubblica ai privati ma modificare il modello di governance. Vasto programma. Per farlo il governo dovrebbe modificare la legge Renzi del 2015 e, di conseguenza, ripensare tutto il modello di business. Così si potrebbe anche bypassare il tetto dei 240 mila euro che oggi la legge impone agli amministratori delegati delle aziende di Stato e che limita fortemente la ricerca di professionisti sul mercato. Tempi lunghi: non a caso prima delle ferie la destra vuole chiudere sulle nomine.
Ipotesi che, però, viene vista come fumo negli occhi da Mediaset e quindi, di riflesso, da Forza Italia. La famiglia Berlusconi aveva già suggerito ad Antonio Tajani di rispondere picche alla proposta di legge della Lega di alzare i tetti pubblicitari Rai (con effetto diretto sugli investimenti Mediaset) per abbassare il canone. Quest’ipotesi sarebbe ancora più esplosiva per Cologno Monzese perché sarebbe la fine del duopolio Rai-Mediaset che mai si sono fatti la guerra, almeno economicamente. Basti pensare alla scelta della Rai di spostare di una settimana Sanremo a febbraio per evitare la concomitanza Mediaset con la Coppa Italia. Tant’è vero che ieri Forza Italia rispondeva piccata: “Noi – spiegava alla buvette di Montecitorio il portavoce Raffaele Nevi – abbiamo già detto che siamo e saremo contrari ad alzare il tetto pubblicitario per abbassare il canone, perché colpirebbe l’intero sistema…”. Maurizio Gasparri invece limitava la proposta alla privatizzazione di canali che non siano i primi tre ma minori come sport, cinema, bambini “se serve per fare cassa”.