La Stampa, 27 luglio 2024
Intervista a Beatrice e Ludovica Rana
Telefonata tipo tra Lecce e New York: «Bea, com’è andato il concerto di ieri sera? E quella crema idratante l’hai poi provata?». «È buonissima Ludo, te la porto. E be’, sì, alla Carnegie tanti applausi».Le sorelle Beatrice e Ludovica Rana, pianista e violoncellista, 31 e 29 anni, dicono di avere «lo stesso cervello, lo stesso sguardo sulle persone e su quello che succede. Quando facciamo musica insieme questo elemento è fondamentale, basta un cenno e sappiamo dove andare». Succede per esempio nel Trio Dunky di Dvo?ák che eseguiranno con la violinista giapponese Sayaka Shoji il 25 luglio nel cortile d’onore della Pinacoteca di Brera. O in Brahms, Beethoven, Mendelssohn. Qualche volta con effetti imprevedibili. «Come quella volta – ricorda Ludovica – che nel Quintetto di Schumann, qui in Puglia con musicisti locali, successe un piccolo incidente, e io pensai: Bea, non mi guardare, sennò cominciamo a ridere ed è finita».Siete nate in una famiglia musicalissima, mamma Maria Pina Solazzo insegnante di solfeggio e papà Vincenzo pianista. Vi hanno messe al piano che eravate piccole piccole. Beatrice, i primi ricordi della sua sorellina?«Si chiama Ludo e non poteva esserci nome più adatto, è una giocherellona, scherzi continui, risate. Il primo pezzo che abbiamo suonato insieme, avrò avuto sei anni e lei quattro, si chiamava “Pinocchio in guerra"».Ma voi in guerra mai?Ludovica: «Insieme, nel bene e nel male. Anche nei momenti conflittuali, per esempio quando lei cominciò il liceo e inevitabilmente un po’ di distanza si creòtra noi».Beatrice: «Stavo crescendo, ambivo alla mia individualità. Poi abbiamo trovato un modo».Ludovica: «Anche adesso che lei è sempre in tournée, sempre sugli aerei, il modo l’abbiamo comunque trovato. Ci telefoniamo in continuazione, non ci perdiamo mai. Certo, quando a diciott’anni lei si è trasferita in Germania, ad Hannover, per studiare con Arie Vardi, l’ho odiata proprio».Beatrice: «Sono partita con mamma, all’aeroporto sono venuti lei e papà. Salutare lui è stato triste, ma mi sembrava un processo naturale, per Ludo invece ero disperata».Ludovica: «Anch’io l’avevo presa malissimo. Poi ci fu la volta di Montreal, lei e mamma là per un concorso, noi a casa che ci alzavamo alle tre per seguire le eliminatorie online. Loro in Canada col fuso stavano a posto. Noi un po’ meno».Beatrice: «Per il tuo diciottesimo compleanno eravamo a Fort Worth nel Texas per il Van Cliburn e mi sentii tremendamente in colpa. Ma abbiamo recuperato».Ludovica: «E per un altro compleanno, il tuo, ho preso il biglietto senza dirtelo e sono venuta a sorpresa a trovarti a New York».Ma quando è partita la carrierona di Beatrice, per Ludovica niente risentimenti, nessuna smagliatura?«I nostri genitori sono stati bravi, hanno impostato la nostra vita familiare su un equilibrio molto particolare, ma senza mai fare differenze fra noi due. Erano le regole di casa, le abbiamo sempre seguite. Fin da piccola sono sempre orgogliosa di Beatrice».Beatrice: «E sei stata anche molto comprensiva. Uno dei genitori partiva spesso con me, tu rimanevi con l’altro o con i nonni. Ma il segreto sta, credo, anche nei nostri caratteri complementari».Ludovica: «Lei è cerebrale, razionale. Come le Variazioni Goldberg di Bach, che suona così bene».Beatrice: «E tu sei il mio baricentro emotivo, hai quell’equilibrio che, con una vita come la mia, si rischia con facilità di perdere. Ma hai anche l’ambivalenza dei Gemelli, la capacità di contenere tutto, l’amore degli opposti. Nella tua playlist ci sono Vivaldi e Britney Spears».Altre affinità, altre differenze?Beatrice: «Nel modo di vivere la tensione prima del concerto siamo l’opposto».Ludovica: «Lei tende all’assoluta concentrazione, si raccoglie in sé stessa».Beatrice: «E lei esorcizza, ha un’ansia dissacratoria. Come quella volta che prima di un nostro concerto mi ha detto: io non vengo. Ma alla fine è venuta. È la sua tecnica».Poi ci sono le vacanze a casa, e il Salento che tutto contiene.Beatrice e Ludovica: «E che ci rimette al mondo. Quando eravamo piccole nostra madre ci diceva che dalla spiaggia si vedevano solo i nostri quattro piedi che spuntavano dall’acqua. Stavamo al mare dodici ore e quando si trattava di tornare a casa piangevamo come pazze. Adesso basta che Beatrice abbia due giorni liberi e si precipita a Porto Cesareo».Ma da otto anni il Salento è anche un festival musicale, Classiche Forme, di cui Beatrice è direttrice e Ludovica segretaria.Ludovica: «È l’occasione per portare a Lecce artisti bravi come Bea. Che altrimenti in Salento ci verrebbero solo in vacanza».Beatrice: «È anche una specie di tsunami che a luglio si abbatte sulla nostra famiglia. Ma, come dicevo, Ludo ha una vena organizzativa molto spiccata. Che peraltro dura tutto l’anno».Dateci una soddisfazione. Litigi?Ludovica: «Eccome! Sfuriate proprio, guai se non ce ne fossero. Arrivano, passano, servono da sfogo. E poi, se c’è una confessione da fare, un’affermazione scomoda, ecco, ho più paura di dirlo a Bea che a mamma. Però quando vado ai suoi concerti e le fanno i complimenti ringrazio anch’io, come se li facessero a me».Tutti quegli outfit da sera ve li scambiate?Ludovica: «Sì. E questo è un problema. Perché a lei piacciono gli abiti da sirena, ma io suonando il violoncello non posso mettere i vestiti stretti. Però ci diamo continuamente pareri, le nostre chat sono piene di foto dai negozi e dai camerini. Lo prendo questo? Ti piace il colore? Sirene a parte, attingo dal suo guardaroba liberamente.».Beatrice: «Poi c’è stata la volta che in una sua storia di Instagram mi appare tutta contenta con un gruppo di amici e una mia borsa. O quella in cui vado su Vinted e scopro che ha messo in vendita un mio giubbotto».Ludovica: «Eddai, Bea! Non lo portavi più». —