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 2024  luglio 27 Sabato calendario

Il made in Italy in 200 scatti

Ci sono oggetti e immagini che ci accompagnano nel corso della vita e che di tanto in tanto tornano a sollecitare memorie sopite. Come la borraccia che si scambiavano Fausto Coppi e Gino Bartali (Tour de France, 1952), o la prima pubblicità dei Pavesini. Oppure, ancora, lo spot tv anni Ottanta con l’imbianchino che blocca il traffico trasportando un pennello gigante e il claim: «Per dipingere una parete grande non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello: Cinghiale». Molte aziende italiane hanno lasciato il segno con i loro oggetti e prodotti, nella vita degli italiani. Una piccola ma affascinante mostra presso la sede di Confimi Industria, a Roma, li rievoca.
Aperta fino al 21 agosto, la rassegna fotografica Opificio Italia racconta un mondo di inventiva e genialità unite allo spirito imprenditoriale che è stato il motore del nostro boom economico. Non occorre avere l’età di chi vedeva Carosello «prima di andare a letto» per ricordare alcuni tra i successi commerciali più noti del Belpaese. Su una decina di pannelli sono riprodotte immagini che meriterebbero l’interesse di istituzioni museali milanesi come la Triennale e l’Adi Design Museum: «È una bella idea – commenta Paolo Agnelli, presidente di Confimi Industria —. Potrebbe diventare l’ossatura di un’esposizione più grande organizzata da professionisti come quelli milanesi: noi abbiamo fatto quel che potevamo timidamente (ma con orgoglio, ndr), però storie da raccontare e oggetti da esporre ce ne sarebbero tanti». Bisogna vedere «se alle istituzioni culturali può interessare», mette le mani avanti.
Agnelli, classe 1951, bergamasco, è industriale di terza generazione. Guida insieme al fratello Baldassare un gruppo di dodici aziende che operano nel mondo dell’alluminio, dal riciclo al prodotto finito. Alcuni oggetti prodotti da suo nonno e suo padre sono nella storia del costume. Lui aveva solo sei anni quando fece la sua prima pubblicità: «Mi fecero entrare in una pentola in alluminio per la grande ristorazione che serviva a cuocere i pesci, lunga e stretta... Sorreggevo a malapena il coperchio». E in alluminio era anche la famosa borraccia di Coppi, «ma ero troppo piccolo per aver visto quelle corse – spiega —. Invece, seguii alcune tappe del Giro d’Italia e anche una al Tour de France, sulla ammiraglia, nel 2002, quando vincemmo con Savoldelli». All’epoca (e oggi) un’azienda del gruppo produceva profilati per i cerchioni da bici in alluminio.
«La borraccia che usavano campioni e gregari l’aveva creata mio padre», ricorda. Era leggera e nasceva dall’esperienza che l’azienda bergamasca aveva fatto fabbricando migliaia di borracce analoghe per i soldati italiani. Ma nella mostra presso Confimi c’è tanto altro. Molti sessantenni di oggi erano ragazzi, quando la società Autogrill (nata nel 1977) cominciò a moltiplicare il successo dei Pavesini, i «biscottini di Novara» che Barzanò e Zanardo avevano registrato all’Ufficio Centrale Brevetti il 20 dicembre 1958.
Tracce di memoria
Esposti anche documenti, cataloghi e contratti che ricordano il segno lasciato da oltre cinquanta realtà
Sono storie, quelle raccontate in Opificio Italia, che ricordano il segno lasciato da oltre cinquanta imprese: «Piccole aziende di famiglia nate attorno a un’idea prima che a un marchio», sottolinea Agnelli. Con documenti in genere dagli anni Sessanta a oggi ma anche precedenti, come un accordo sindacale siglato per le fabbriche di Verona nel 1943.
Circa duecento scatti sono suddivisi in quattro sezioni: immagini tratte dagli album di famiglia e dagli archivi storici di imprese riunite nella Confimi. Tracce di memorie che ci accompagnano: ricordate quel piccolo guscio in alluminio a forma di spicchio? O la sua versione più lussuosa placcata in argento? Era un accessorio per spremere i limoni a tavola negli anni Sessanta: fu prodotto da Agnelli per la nave «Andrea Doria». «All’epoca, su quelle grandi imbarcazioni si mangiava con le posate d’argento e gli organizzatori non volevano che gli elegantoni a bordo si sporcassero le mani per schiacciare il limone – ricorda il presidente Confimi – così mio nonno brevettò l’accessorio. È raro trovarne ancora: gli ultimi pezzi in magazzino furono usati da mio figlio come bomboniere delle sue nozze dodici anni fa».
Un altro pannello mostra due valigie di cartone rinforzato, proprio come quelle dell’onorevole Trombetta che Totò carica (e poi scarica da un finestrino) durante una famosa scena del film Totò a colori (1952). Pochi anni dopo iniziò a produrle Roncato, marchio ancora famoso nel settore.
Sorprese
Si riscoprono aziende che hanno conquistato un posto nei ricordi di tutti i consumatori, inclusi i cinefili
La mostra è divisa in quattro sezioni. Si parte con «Logos Opificio» che racconta la trasformazione del marchio in un logo grafico, quando ancora il prodotto era più importante del brand. Poi in «Interno Opificio» le immagini entrano in antichi magazzini, officine, stabilimenti, ricoveri per i mezzi di trasporto, tra i grembiuli delle donne operaie e le tute da lavoro degli uomini. In «Esterno Opificio» le foto raccontano il «farsi vetrina», il mostrarsi al mondo dei prodotti, che escono dai capannoni. Sono immagini delle pubblicità, tra bozzetti, slogan e cartoline, stampi e registri, sponsorizzazioni sportive. Ecco poi riapparire il «Poveri ma belli» di Carrera Jeans, il poster che pubblicizzava il tritacarne domestico di Tre spade, i bozzetti di Publitrust per i giochi elettronici Atari, di cui qualcuno conserva il manifesto con lo slogan «Da un grande film un grande videogame» e la sagoma nera di Batman.
In «Memorabilia Opificio» si riscoprono aziende che hanno conquistato un posto nei ricordi di tutti i consumatori, inclusi i cinefili. Del marchio Cartoni sono le testate per le cineprese dei film di Fellini, Rossellini e De Sica; Titanus è il ciak del Gattopardo. Quando Hollywood era sul Tevere, Cinecittà divenne un potente motore anche per la nascita e la crescita di piccole aziende legate al cinema. «Vedere le foto dei loro macchinari sui set dell’epoca è come sfogliare un libro che ricorda i successi della creatività italiana».