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 2024  luglio 28 Domenica calendario

La Via Appia entra nel patrimonio Unesco


Un tracciato che da Roma arriva a Brindisi. E un flusso di persone, merci, idee, lingue, che l’attraversano da oltre duemila anni. Non c’è via come l’Appia, la regina viarum come la definì il poeta Stazio nel I secolo d.C., che racconti il genio ingegneristico dell’Antica Roma, le connessioni tra l’Italia e il resto del Mediterraneo, il rapporto tra il passato e il presente. Ora questo capolavoro che si allunga per mille chilometri è entrato ufficialmente nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità, iscritta dal Comitato Unesco riunito a Nuova Delhi nella 46/a sessione: è il 60esimo sito italiano, a consolidare il primato del nostro Paese per numero di siti entrati nella lista.
A portare al successo la candidatura, promossa direttamente dal ministero della Cultura, un «lavoro di squadra» come lo definisce il dicastero di via del Collegio Romano, che ha coinvolto quattro regioni – Lazio, Campania, Basilicata e Puglia – 13 città metropolitane e Province, 74 Comuni, 14 Parchi, 25 Università, oltre a rappresentanze delle comunità territoriali, il ministero degli Esteri e la Pontificia commissione di archeologia sacra della Santa Sede (fu l’Appia ad essere percorsa da San Paolo per arrivare Roma, diventando poi, in vista dell’imbarco dalla Puglia per la Terrasanta, una delle grandi viae peregrinorum).
Un «punto di partenza» definisce il ministro Sangiuliano l’ingresso nella lista Unesco, aggiungendo che ora «inizia una grande opera di valorizzazione con le amministrazioni locali» perché si trasformi in «un’occasione di sviluppo socioeconomico per le tante comunità che vivono su questi territori». E di «una nuova opportunità» che è anche «un dovere» nei confronti di un percorso che è «il simbolo di un’intera civiltà» parla anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Che ci sia molto da fare per valorizzare questo tracciato, iniziato nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco per collegare Roma a Capua, poi prolungato fino a Benevento, Venosa, Taranto e Brindisi, testa di ponte verso la Grecia e l’Oriente, lo sottolinea Andrea Carandini, già presidente del Consiglio superiore dei beni culturali e del Fai. «È l’Appia che dà nobiltà all’Unesco e non viceversa» afferma l’archeologo per sottolineare il ruolo unico di questa via, le sue potenzialità non solo come volano economico, ma come bene da tutelare e conoscere: «Il problema è il contesto, in una regione antica, a sud del Tevere, totalmente ignorata e abbandonata. Spero dunque che il riconoscimento dell’Unesco sia uno stimolo: invito il ministero della Cultura a promuovere il più possibile la manutenzione programmata dei beni e il loro studio, la conoscenza e soprattutto il racconto».
Anche un’altra voce del mondo dell’archeologia, Giuliano Volpe, auspica che ora sia il tempo di «una politica di ampio respiro», non verticistica, che coinvolga le comunità che vivono intorno all’Appia. Intanto, per i prossimi giorni il ministero ha annunciato un evento di celebrazione alla presenza di Sangiuliano, del sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi e dei rappresentanti delle istituzioni coinvolte nella candidatura.