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 2024  luglio 28 Domenica calendario

Il grande spreco d’acqua


ROMA – L’oro blu sprecato nel Paese che investe meno da decenni nel settore idrico, che paga meno l’acqua in Europa e ne consuma più di qualsiasi Paese Ue dopo Grecia e Irlanda. Nell’anno della grande sete da Roma in giù e delle alluvioni al Nord che danneggiano gli invasi, i numeri dell’acqua che in Italia viene gettata, nel senso letterale della parola, fanno impressione: 8 miliardi di metri cubi all’anno, poco meno di un terzo di quello che si utilizza per uso agricolo, industriale e civile. D’altronde gli ultimi grandi invasi sono stati realizzati negli anni Sessanta, e hanno adesso autorizzazioni limitate rispetto alla capacità reale, e il 47 per cento della rete idrica ha più di 50 anni (il 22 per cento più di 80).
Eccolo qui il Paese che ha dimenticato l’acqua a causa della politica che non si occupa più della materia dal 1994 almeno, anno della riforma Galli e della nascita degli Ato idrici. «Da allora alla voce risorse idriche nel bilancio dello Stato la spesa è stata pari a zero, gli investimenti sono stati fatti attraverso la tariffa pagata da cittadini e imprese, e il risultato è sotto gli occhi di tutti», dice Erasmo d’Angelis, segretario dell’Autorità di bacino centro Italia.
Nei prossimi dieci anni per evitare il collasso del sistema occorrerebbe un investimento di 176 miliardi. Solo per ammodernare la rete civileUtilitalia stima un investimento necessario di 60 miliardi. E invece? Il Pnrr ha dedicato alle risorse idriche appena 4,3 miliardi e a oggi ne sono stati realmente spesi circa il 25 per cento, secondo stime variabili, non essendoci un dato pubblico chiaro.
Il governo Meloni, via ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, ha varato un decreto da 12 miliardi per 500 interventi che le Regioni e le società di settore definiscono urgenti. Ma per questi interventi in bilancio sono stati stanziati solo 900 milioni. Il governo Meloni, e Salvini, hanno preferito destinare 13 miliardi di euro da qui al 2032 per il Ponte sullo stretto. E poi c’è la politica che si sveglia improvvisamente di fronte ai disastri e alle emergenze, come la siccità al Sud: «Negli anni passati non c’è mai stata una programmazione seria sulla crisi idrica, abbiamo sprecato e mortificato l’acqua e oggi l’acqua si prende la sua rivincita: servono infrastrutture adatte», ha detto con tono grave il ministroNello Musumeci. La Sicilia, la regione più in difficoltà in questa estate dopo un anno con pioggia bassissima e con gli invasi vuoti, nel 2021 si è vista bocciare per carenza della documentazione 31 progetti per interventi via Pnrr sulle reti e invasi per uso agricolo, perdendo centinaia di milioni di euro. «E altri 30 progetti nemmeno sono stati ammessi all’esame finale perché impraticabili, un danno enorme per il quale nessuno ha pagato, e adesso Musumeci fa la morale», dice il deputato regionale siciliano Luigi Sunseri, del Movimento 5 stelle. Musumeci nel 2021 era il governatore in Sicilia, dove vi sono 26 invasi gestiti dalla Regione: dieci in attesa di collaudo da trent’anni, cinque a capacità limitata, tre fuori servizi o.
Ma è tutto il sistema Paese che non si è mai curato dell’acqua e del suo valore, nonostante l’Italia sia uno dei Paesi con la media maggiore di acqua piovana dal 1951 al 2023, dati elaborati da D’Angelis e Mauro Grassi nel volume La nuova civiltà dell’acqua.Al di là del calo degli ultimi anni, soprattutto al Sud, e di piogge costanti e difficili da gestire per raccoglierle al Nord, la media nel periodo è stata di 297 miliardi di metri cubi all’anno.
Ma quanta acqua consumiamo tra uso agricolo, industriale e civile? I prelievi da falda, laghi, invasi, dissalatori e altro sono in totale 34 miliardi di metri cubi. I consumi “pagati”, diciamo così, sono però 26 miliardi di metri cubi. Quindi gettiamo 8 miliardi. Ma si tratta di stime, perché il sistema dei controlli è un caos assoluto: le reti per uso civile perdono il 42 per cento in media con picchi del 70 per cento in alcune province del Mezzogiorno. E quanto si perde per uso agricolo e industriale? Non ci sono cifre chiare. E c’è di più: l’ultimo censimento dei pozzi, e del loro utilizzo per fini privati, è degli anni Settanta. Poi il compito è stato delegato in gran parte alle Province. Con le riforme varie fatte sull’abolizione e rimessa in vita di questi enti si è fermato tutto e oggi in molte aree non sappiamo quanti pozzi privati ci sono e come vengono utilizzati. Di certo c’è invece che siamo uno dei Paesi Ue che non riutilizza l’acqua depurata: ogni anno lasciamo andare in mare e nei fiumi 9 miliardi di metri cubi di acqua depurata e rischiamo una seconda procedura di infrazione dall’Unione europea, dopo quella per la mancata depurazione per la quale l’Italia paga una penale da 125 mila euro al giorno.
All’acqua diamo poi uno scarsissimo valore economico. In Italia si paga una delle tariffe più basse d’Europa (2,1 euro a metro cubo contro i 9 della Danimarca o i 6,3 della Germania), ma gli italiani sono quelli che ne consumano di più per uso civile: 155 metri cubi per abitante.
E la politica cosa fa? Poco o nulla: nel Pnrr del governo Draghi, su 213miliardi a disposizione, alle risorse idriche sono stati destinati appena 4 miliardi. Le opere sono in corso, ma davvero in stato avanzato c’è appena un 25 per cento dei 147 progetti approvati, dal sistema integrato del Garda ai lavori sull’eterna incompiuta della diga di Pietrarossa in Sicilia. Un pannicello caldo, nulla di più rispetto al problema.
Il ministro Salvini in Parlamento ha presentato un piano idrico da 12 miliardi di euro con 500 interventi urgenti chiesti dagli enti locali: ma in cassa ha solo 900 milioni, meno di un decimo del fabbisogno, con il rischio che restino lettera morta. All’orizzonte nessun grande investimento, nessuno grande piano. E se continuerà il trend di piogge degli ultimi due anni (non degli ultimi sessanta) un pezzo del Paese rischia una eterna emergenza siccità. A proposito: le siccità negli ultimi 20 anni sono costate circa 30 miliardi in base alle ordinanze di Protezione civile. L’acqua è l’oro blu solo per modo di dire in Italia.