la Repubblica, 27 luglio 2024
Toti dà l’addio alla Regione in autunno Liguria al voto. La destra attacca i giudici
— Nove anni di governo della Regione Liguria si chiudono con una paginetta scritta a mano, e due parole su tutte: «Dimissioni irrevocabili». Giovanni Toti lascia la carica di presidente della giunta all’ottantesimo giorno di arresti domiciliari perché, parola del suo legale, «ha pensato di non avere una vera alternativa». A convincere alla resa il governatore accusato di corruzione diversi fattori: il peso di non poter mettere piede fuori dalla villa di Ameglia da un lato, le crepe nella sua maggioranza dall’altro, nel mezzo il vuoto politico che ha realizzato di avere intorno davanti al gelo del suo alleato più vicino, il vicepremier Matteo Salvini, l’ultimo a defilarsi evitando di fissare la data all’incontro ai domiciliari richiesto, autorizzato ma mai andato in scena.
Fin dall’inizio della fine, dalla retata della Guardia di Finanza del 7 maggio scorso, l’inchiesta che ha stravolto la Liguria è stata un intreccio di azioni giudiziarie spesso devastanti, battaglie politiche locali e riflessi nazionali. È stato così anche ieri, in quella che è parsa una prima giornata di campagna elettorale in vista del voto anticipato che i tempi imposti dalle dimissioni di Toti farebbero cadere a ottobre, se non si deciderà di accorparlo, in un unico election day il 17 e 18 novembre, alle urne in Emilia Romagna e Umbria.
La Lega lancia la sua campagna denunciando «l’ennesimo tentativo di sovvertire il voto popolare usando inchieste e arresti». Matteo Salvini a tarda sera pubblica una foto con Toti sui social: «Una persona perbene. Non ci intimoriranno usando la “giustizia”. È questo illeit motiv a destra. Edoardo Rixi, salviniano e possibile candidato, parla di «fallimento della democrazia». Tommaso Foti, in quota FdI, di «democrazia ferita». Alessandro Cattaneo, di FI, di «sbilanciamento dell’equilibrio tra politica e giustizia». E pure Carlo Calenda, che definisce Toti un avversario, definisce «indegno di uno stato di diritto forzare le dimissioni con misure cautelari a pioggia. Non una bella pagina per la democrazia».
Al contrario la segretaria Pd Elly Schlein punta il dito contro il «grande ritardo delle dimissioni» e sottolinea «l’occasione per le forze alternative alla destra di costruire il futuro». Nicola Fratoianni di Avs sollecita «una proposta da subito». E da Iv Matteo Renzi lancia l’amo: «Avrei preferito dimissioni per ragioni politiche e non giudiziarie, ora correremo con il centrosinistra».
È quando Toti ha capito di essere finito in un vicolo cieco, con lo spauracchio di un giudizio immediato che avrebbe potuto prolungare a oltranza i domiciliari, che è arrivata la scelta del passo indietro. Ha aspettato qualche giorno «per consentire al Consiglio Regionale di approvare l’Assestamento di bilancio e il Rendiconto». Così le dimissioni sono cadute in un giorno che rappresenta l’essenza del “totismo”. La riapertura in grande stile della Via dell’Amore, nelle Cinque Terre, pensata come ennesimo spot alla narrazione totiana del fare e diventata ieri passerella triste di commiato a un’era.
«Mi assumo tutta la responsabilità di richiamare alle urne, anticipatamente, nei prossimi tre mesi, gli elettori», si legge nella lettera di dimissioni. Il futuro tutto da immaginare ora è quello dello stesso Toti. Che in poco più di dieci anni di vita politica è spesso inciampato, dalla svolta in area salviniana nell’estate del Papeete agli entusiasmi centristi e governisti nei mesi precedenti alla caduta di Draghi. Si vedrà se il suo destino sia un ritorno alla tv o un rilancio in politica che però dopo l’inchiesta, a leggere intercettazioni e messaggi a distanza con gli alleati, pare più difficile da programmare.
Non ancora del tutto definita, del resto, è anche la strada giudiziaria. Di sicuro lunedì il governatore presenterà al Gip l’istanza di revoca dei domiciliari. L’ok del giudice, e il parere favorevole della Procura, sono scontati: entro due o tre giorni, o comunque sabato prossimo, Toti dovrebbe essere di nuovo libero. Nel frattempo i pm sono chiamati a sciogliere il più importante nodo, quello del giudizio immediato: lunedì prenderanno una decisione. L’avvocato Stefano Savi mostra grande tranquillità e l’interesse che tutto si svolga in fretta: «Piuttosto che stare ancora due o tre anni sulla graticola…».