la Repubblica, 23 luglio 2024
Pnrr a velocità dimezzata nel 2024 spesi 9 miliardi Per Meloni è un successo
ROMA – Un affanno da un miliardo e mezzo in media al mese. Eppure bisognerebbe correre. Al doppio della velocità, a un ritmo da 3,5 miliardi. Si trascina, il Pnrr. Si muove, ma non accelera. Zoppica invece di correre.
La frustata non c’è. Nonostante i proclami di Giorgia Meloni sul Piano dei record. Nonostante l’aiutino confezionato in casa: gli impegni spostati in avanti, a ridosso della scadenza del 2026, per prendere fiato e recuperare i ritardi accumulati. E per dire che in fondo non si è speso poi così poco. E invece il sussulto non prende forma. Nonostante la revisione che doveva riscattare il fallimento imputato al governo Draghi. I “nonostante” si annullano nei numeri. E non sono quelli della Corte dei Conti o dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che la destra al governo contesta e rigetta. I numeri che certificano lo stallo sono quelli che Palazzo Chigi ha scritto, nero su bianco, nella quinta relazione semestrale al Parlamento sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
La relazione arriverà tra oggi e domani, ma intanto ieri la cabina di regia ha dato il suo placet alla bozza. I numeri, dunque. Dall’ultima stima ufficiale, l’asticella della spesa si è mossa di appena 9,3 miliardi. In sei mesi. Al 31 dicembre dell’anno scorso, come riportato nella precedente relazione, era infatti ferma a 42 miliardi (la stima iniziale di 45,6 è stata asciugata perché teneva conto di opere che sono state poi escluse dal Piano). Il dato aggiornato alla fine di giugno è di 51,3 miliardi. Non è un balzo in avanti, è un passo lento. Quanto è lento non lo spiega solo il ritmo medio mensile da 1,5 miliardi. Lo si evince soprattutto dal confronto con la spesa programmata per quest’anno. Sono 42,4 i miliardi da mettere a terra, come spiegauna tabella dell’Upb. Se il governo avesse fatto «un buon lavoro di cui essere fieri», come ha dichiarato la presidente del Consiglio, il contatore avrebbe segnato 21,2 miliardi. E invece si è fermato molto prima, a poco più di nove. Se il cammino dovesse proseguire a questa velocità, a fine anno si arriverebbe appena a 18,6 miliardi, meno della metà degli impegni presi con l’Europa.
Altri numeri, altrettanto eloquenti, marcano il fallimento. L’Italia ha incassato fino ad ora 102,5 dei 194,4 miliardi del Pnrr. Ha speso la metà di quelli ricevuti, il 24,6% dell’importo complessivo. Altro che «ultimo miglio che determina una vittoria o una sconfitta», come ha detto Meloni aprendo la riunione della cabina di regia: il Pnrr ha di fronte una montagna che è diventata invalicabile. L’anno prossimo bisognerà spendere 57,9 miliardi, nel 2026 altri 49,6. Un impegno gravoso che oggi è impossibile anche solo immaginare con questi ritmi di spesa. Ecco perché l’unica exit strategy sarebbe chiedere il rinvio del Piano oltre il 2026, come il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti predica, inascoltato, da mesi. Ma Raffaele Fitto, il ministro- regista del Piano, non ci sta: «È un dibattito politico legittimo, ma io, da ministro che segue il Pnrr, non posso partecipare al dibattito: ho una data di scadenza del Piano e per me quella è». Cita altri numeri, contenuti sempre nella relazione semestrale. Sono i 122 miliardi degli interventi attivati a fronte di una dotazione complessiva di 132 per le misure che richiedono procedure di affidamento. Sono, ancora, i 111 miliardi riferiti agli investimenti per i quali sono state espletate tutte le procedure di gara. Percentuali bulgare in entrambi i casi, sopra il 90%. «Presto diventeranno spesa sostenuta», promette il fedelissimo della premier. Presto, nei prossimi mesi. È la narrazione della spesa che verrà. Ma intanto il contatore scorre impietoso. Al rallentatore.