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 2024  luglio 23 Martedì calendario

Senza Joe il tycoon è spacciato

«Al diavolo quel che dicono i sondaggi oggi, lo dico da esperto. Possiamo buttarli tutti nel cestino: sono stati fatti almeno una settimana fa e comparano Biden a Trump. Ovvio che danno ancora il repubblicano come favorito. Ma personalmente penso sia spacciato. I democratici possono farcela. E comunque non bisogna mai guardare all’effetto immediato di un evento – la sparatoria in questo caso – ma quello a lungo termine. C’è poco tempo ma da ora la campagna prenderà un altro passo, sarà molto veloce». Larry Sabato è il politologo a capo del Center for Politics dell’Università della Virginia, autore di numerosi saggi e acuto osservatore della politica americana, che racconta in una newsletter sempre ricca di informazioni, “Sabato’s Crystal Ball”.
La mossa di Biden ha davvero spiazzato Donald Trump?
«Di sicuro la temeva. Sia chiaro a tutti, Trump e la sua squadra speravano disperatamente di avere Biden come avversario. L’intera campagna era costruita per distruggere Biden l’anziano, l’incapace. E dunque il cambio in corsa è una pessima notizia per loro.
Ora devono ripensare tutto, riscrivere l’intera strategia. E se è vero che già stavano preparando attacchi contro la Harris, per ora quelli tirati fuori sono deboli: ne scimmiottano la risata, Trump l’ha definita “pazza”. Ma non sono ancora riusciti ad attaccarla sui fatti.
Insomma, la mossa di Biden getta nel caos gli avversari molto più dei dem».
In cosa consiste il suo ottimismo?
Perché pensa che Harris possa battere Trump?
«Harris lo costringerà a una campagna fatta di argomenti. Nelleultime settimane tutti si sono focalizzati sull’età di Biden, mettendo in ombra le défaillance di Trump. Ma lui rantola, dice cose senza senso e senza alcun fondo di verità, lo abbiamo visto alla convention dove il discorso di accettazione si è trasformato in un monologo senza capo ne coda, lungo 90 minuti. Ora avrà di fronte qualcuno in grado di riportarlo ai fatti. E se pure fosse in grado di rispondere sensatamente, cosa di cui dubito, nessuno si preoccupa davvero di quel che dice Trump. Le sue parole non spostano voti. Tutti sanno che mente, anche i suoi. E poi Trump non è pronto ad affrontare una donna di sangue misto. In questo senso trovarsela come sfidante gli farà rimpiangere il non aver scelto Nikki Haley come vice».
All’interno del partito democratico, qualcuno oserà sfidare la vicepresidente?
«Se qualcuno ha voglia di farsi pubblicità si accomodi, è un paese libero. Probabilmente dei nomi usciranno, ma senza intenzioni serie.
Non a caso l’unica ad aver già annunciato di voler correre è Marianne Williamson, che vende libri di auto-aiuto. Ma sarà estremamente difficile sfilare a Harris la nomination. Molti l’hanno già appoggiata, altri lo faranno. Forse c’è chi come Obama spera in un processo più aperto, mini-primarie, ma per darle una investitura, non per farla fuori».
C’è il rischio di arrivare a una convention aperta?
«Dio ce ne scampi. Sono abbastanza anziano da aver visto qualcosa del genere ai tempi della sfida fra Jimmy Carter e Ted Kennedy ed è sempre una tragedia: gente che si urla controo si alza e se ne va, proteste, musi lunghi. Non sono salutari. Finiscono male. Un’eventualità del genere non permetterebbe al partito di rimettere insieme i pezzi entro novembre. Ma il 99 per cento dei delegati era impegnato a votare Biden: non volteranno le spalle a Harris. Molto, poi, dipenderà da quando sarà concesso agli 800 super delegati –i big e i funzionari del partito – di votare. Non dovrebbero farlo fino al secondo scrutinio, ma le regole possono ancora cambiare. Il candidato comunque sarà Kamala, le possibilità che sia qualcun altro sono quasi nulle. Sebbene, in queste pazze elezioni, mai dire mai».
Qualcuno dice che Biden ha esitato tanto a lasciare perché non crede che lei possa farcela...
«Lo dice ilNew York Post,un giornale conservatore: vuol subdolamente insinuare il dubbio. Per Biden è stato semplicemente duro digerire che il suo tempo è passato. La presidenza era l’aspirazione della sua intera carriera politica. Nel 2020 ha vinto elezioni difficilissime e ora era appena stato nominato candidato con percentuali altissime. Alla fine, ha mollato perché glielo hanno detto persone di cui si fidava, amici che sapeva essere dalla sua parte, che non stavano certo complottando contro di lui. Probabilmente nel suo cuore è ancora convinto che avrebbe potuto vincere, ma ha finito per accettare la realtà della situazione e dei numeri. Le sue condizioni si stanno deteriorando sempre più rapidamente, è sotto gli occhi di tutti. Era ormai impossibile “venderlo” come presidente dei prossimi 4 anni, quando tutti si erano convinto che non avrebbe tenuto botta nemmeno per i prossimi 4 mesi».