Il Messaggero, 21 luglio 2024
Intervista a Goran Bregovic
Cosa lega Iggy Pop, la grande Cesária Évora, Adriano Celentano e i mitici Gipsy Kings? Semplice: hanno tutti collaborato, nel corso delle rispettive carriere, insieme al re della musica balcanica. Stiamo parlando, naturalmente, di Goran Bregovic, la cui musica non conosce confini. Non solo geografici, ma anche e soprattutto stilistici. In oltre cinquant’anni di carriera il 74enne musicista di Sarajevo ha spaziato dal rock degli esordi come leader della band jugoslava Bijelo Dugme (i Led Zeppelin di Sarajevo, furono definiti all’epoca in patria) alla musica classica, passando per il folk e la world music.
Da trent’anni gira il mondo insieme alla Wedding and Funeral Band, ensemble di otto elementi che fonde armoniosamente tradizioni musicali diverse, dalle melodie bulgare al folklore slavo, dalla polifonia sacra ortodossa alle pulsazioni del rock moderno, portando sul palco un melting pot di stili e generi che diverte e fa ballare.
Domani sera la festa arriva al Teatro Romano di Ostia Antica. «È estate e tutti vogliono divertirsi. Me compreso», sorride dall’altra parte del telefono.
Quanto è difficile divertirsi quando si fanno lunghe tournée come questa?
«Io ho la fortuna di suonare la musica che amo con i musicisti che stimo, che da tre decenni rappresentano per me una seconda famiglia. Dal grancassista Muharem Redzep ai trombettisti Bokan Stankovic e Dragic Velickovic, passando per il sassofonista e clarinettista Stojan Dimov, i trombonisti Aleksandar Rajkovic e Milos Mihajlovic e le cantanti Ludmila Radkova Trajkova e Daniela Radkova: siamo una carovana di gitani (ride). Quello che ci salva dalla routine è il fatto di proporre ogni sera un concerto diverso: improvvisiamo, scherziamo, cambiamo scaletta continuamente».
"Band per matrimoni e funerali": quello del gruppo è un nome bizzarro, non trova?
«Le spiego: io vengo da una tradizione in cui gli stessi complessi musicali che suonano ai funerali, suonano anche ai matrimoni. In Bosnia ed Erzegovina dopo il rito si va a casa del defunto, si beve, si mangia e si suona la musica che amava quando era in vita, triste o gioiosa che sia».
Dal palco come vede la società italiana?
«Gli italiani hanno sempre qualcosa di cui lamentarsi. Forse hanno bisogno di uno straniero come me che gli dica: “Ma non vi rendete conto di quanto siete fortunati ad essere nati nel Paese più bello del mondo?”. Io quando sono in Italia mi godo ogni singolo istante delle mie giornate: dal caffè che bevo la mattina quando mi sveglio alla birra dopo il concerto, prima di andare a dormire».
Il nostro Paese per lei è una seconda casa?
«Sì. L’ho capito sin da quando arrivai qui per la prima volta, nel 1999. A Roma suonai sul palco del vecchio auditorium dell’Accademia di Santa Cecilia: fu amore a prima vista. La Capitale fu la mia grande porta per l’Europa. È sempre bello tornarci. Non lo dico per piaggeria, sono sincero: suonare in Italia è bello perché gli italiani sono abituati alla buona musica».
Quella italiana come se la passa? L’ascolta? La incuriosisce? «Onestamente amo più le cose tradizionali che quelle nuove. Non seguo le mode e non mi interessano. Una volta incontrai Eric Clapton. Gli chiesi: “Ma chi te l’ha fatto fare a girare per un anno con una band country negli Usa?”. Mi rispose: “Del successo non m’importa niente: volevo suonare country in giro per gli States e l’ho fatto, fregandomene di tutto”. Fu un grande insegnamento».
Con Iggy Pop, che nel 1993 cantò i brani da lei composti per la colonna sonora del film Arizona Car di Emir Kusturica, come andò invece?
«Mi raccontò che poche ore prima del nostro primo incontro a New York si fermò a fare colazione nel solito bar al Greenwich Village, dove viveva. Il barista era serbo. Gli chiese informazioni su di me: “Devo incontrare questo Bregovic. Per caso lo conosci?"».
E il barista cosa gli rispose?
«"Goran Bregovic è Dio"».
E Iggy?
«Quella mattina a New York mi disse, dopo essersi presentato: “Se tu sei Dio, io devo assolutamente fare qualcosa con te"».
Parco Archeologico di Ostia Antica, viale dei Romagnoli 717. Domani, ore 21.