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 2024  luglio 20 Sabato calendario

E in Giappone molti giovani lavoratori vivono in 9 metri quadri


Del loro “antesignano” letterario, il protagonista de L’uomo scatola del romanziere Kobo Abe, non hanno quasi niente. Sono giovani, rampanti, professionisti e, in molti casi, sono approdati nella capitale giapponese da poco. E, a differenza dell’uomo che spia il mondo al riparo da una scatola di cartone, si “accontentano” di micro-appartamenti. Micro davvero.
Il venticinquenne Sotaro Ito vive in un appartamento di 9,46 metri quadrati. Uran Kanda, cantautrice ventenne, staziona in una stanza di 9,1 metri quadrati. Le loro storie, raccolte dal Japan Times, si assomigliano tutte. La loro scelta abitativa? È dettata dalla necessità. Alla base c’è uno scambio (obbligato): la rinuncia allo spazio in cambio di affitti e prezzi “ragionevoli”. La tendenza a scegliere case sempre più “ridotte” continua ad accelerare in Giappone. A spingerla la migrazione dalle campagne alle città. Nonostante il Giappone continui a “dimagrire” e la sua popolazione a contrarsi drammaticamente, con previsioni nefaste sulla tenuta del sistema Paese, le grandi città – Tokyo in testa – continuano a ingrossarsi. Secondo il ministero degli Affari interni nipponico, la capitale ha registrato un aumento netto di 79.844 residenti nel 2018, ovvero un aumento del 9% rispetto all’anno precedente.
Come scrive il quotidiano giapponese, «la scarsità di terreni e gli alti prezzi degli immobili hanno spinto gli agenti del settore e gli architetti a lavorare con spazi limitati, dando vita a case e appartamenti dalle dimensioni sempre più ridotte che ingombrano i quartieri della capitale».
Dietro la miniaturizzazione delle case e la compressione degli spazi, c’è il problema annoso dei costi (proibitivi). Dopo decenni di deflazione e crescita stagnante, il Giappone ha registrato un boom degli investimenti che ha reso gli appartamenti nel centro di Tokyo, di fatto, inaccessibili per i giovani professionisti giapponesi. Secondo la Reuters, per un appartamento di 60 metri quadrati a Tokyo servono 15 volte lo stipendio di un lavoratore specializzato, rispetto alle 10 volte necessarie un decennio fa, con medie ben al di sopra di città come Londra, Singapore e New York. La riprova? Secondo i calcoli del quotidiano Asahi Shimbun, un appartamento da due a tre camere da letto, con soggiorno, cucina e sala da pranzo per una superficie totale di 20 “tsubo” (66 metri quadrati) costa circa 100 milioni di yen. I prezzi dei nuovi condomini sono saliti a un livello record per il terzo anno consecutivo nel 2023, spinti dalla scarsa offerta e dall’aumento dei costi di costruzione. Secondo il Real Estate Economic Institute, che monitora i dati immobiliari del Paese dal 1973, il prezzo medio di un nuovo appartamento in vendita a Tokyo è aumentato del 29%, fino a raggiungere un nuovo massimo di 81 milioni di yen (548.000 dollari). I valori dei nuovi condomini sono aumentati, consecutivamente, negli ultimi cinque anni.
«A provocare la crescita dei prezzi sono i costi di costruzione, con il prezzo delle materie prime come l’acciaio in rapido aumento ma anche i salari dei lavoratori edili in aumento con la carenza di manodopera», ha affermato Shun Ogishima, ricercatore presso il Sumitomo Mitsui Trust Research Institute.
Campione indiscusso della costruzione dei mini appartamenti è la Spilytus Co.: con un tasso di occupazione del 99%, l’azienda è cresciuta rapidamente dalla sua fondazione nel 2012 e oggi vanta un fatturato annuo superiore ai 3 miliardi di yen. Spilytus ha costruito finora circa 70 di questi appartamenti a due piani nei 23 quartieri di Tokyo.
Le ricadute negative della compressione degli spazi abitativi sono non solo strettamente economiche. Ma riverberano anche sulla crescita complessiva del Paese. A partire dalla curva demografica, sofferente da anni in Giappone. Nella scelta abitativa “mini”, a cui sono costretti molti giovani, è già iscritta l’impossibilità di mettere su famiglia.