la Repubblica, 20 luglio 2024
Intervista a Carlos Sainz
L’ultima estate in rosso. «Ma sarò un pilota Ferrari fino a dicembre».
Carlos Sainz fino in fondo: uomo squadra e lavoratore, nonostante lo spagnolo, 29 anni, sia stato congedato da Maranello prima dell’inizio del Mondiale per far posto a Lewis Hamilton dal 2025.
«Momenti difficili, ma ho voltato pagina in fretta». Non ha ancora deciso in quale squadra andrà.
«Sono con la testa a Budapest: per provare a vincere». C’è ancora tempo per aumentare i ricordi: 3 successi in tutto col Cavallino dove è in sella dal 2021. 5 podi in questo campionato cominciato col licenziamento, tra cui la vittoria in Australia una decina di giorni dopo l’operazione d’urgenza di appendicite a Gedda.
Eppure, dovrà dare l’addio alla Scuderia.
«Quando mi hanno detto che non avrei continuato beh sì, non mi sono sentito molto apprezzato come mi sarebbe piaciuto. Soprattutto per quello che ho dato io alla Ferrari: sono andato a vivere a Maranello per 4 anni, ho preso casa, sono stato in fabbrica a lavorare per questa scuderia cercando di portarla avanti per vincere insieme».
Invece, non è bastato.
«Sono stati due o tre mesi duri tra gennaio e febbraio, ho vissuto una fase problematica con l’annuncio dell’arrivo di Hamilton e il mio futuro che cambiava. Eppure la vita è così, è un po’ una montagna russa.
Ho capito velocemente la situazione, mi sono concentrato a sfruttare il fatto di essere ancora con la tuta rossa. Finché sarà così, darò tutto. Non cambierò la mia maniera di lavorare. Ho iniziato col podio in Bahrain e ho vinto a Melbourne subito dopo l’operazione, è stato un passaggio molto di forza per me e per la mia carriera. Mi ha fatto piacere vedere la squadra felice per me perché sanno quello che ho vissuto».
Lei ha detto che quando sei un pilota Ferrari lo rimani per sempre, vale per il pilota o anche per la persona?
«Per tutte e due le cose. L’esatto momento in cui lo diventi te lo ricordi per sempre. Entri nella storia della squadra più vincente della F1 e contribuire ai suoi successi inorgoglisce ancora di più. Qualsiasi cosa succeda nei prossimi 5 o 10 anni, ho guidato la rossa e ci ho vinto, un sogno che non cambierei con niente. Tutti i piloti passati per Maranello rimangono nella memoria dei tifosi: se sei stato voluto e amato, loro continueranno a volerti bene ovunque tu vada».
L’emozione più bella finora?
«Tutte le prime volte: la prima volta sulla macchina, la prima gara, la prima pole e la prima vittoria a Silverstone. Singapore dopo un weekend perfetto o appunto l’Australia. Ricordi incancellabili. Ma ne voglio di più».
E poi, ha deciso dove andrà? Team vincente da subito o progetto a lungo termine?
«È una decisione complessa proprio per questi motivi, cerco tutte queste cose e non una più dell’altra. Sono fattori fondamentali e per questo ho bisogno di tempo, più di quello che la gente sperava, per analizzare mercato, squadre e persone.
Quando avrò tutti gli elementi giusti, deciderò. Non l’ho ancora fatto e non so se accadrà prima della pausa estiva. So di tenere in sospeso vari team e li ringrazio per la pazienza, ma anch’io devo averla. Questo sport mi ha insegnato a essere un po’ più egoista e a scegliere il meglio senza fretta».
L’Alpine con il rientro di Flavio
Briatore è l’ultima proposta e magari il porto più vicino?
«Dall’inizio tutte le squadre che non avevano piloti riconfermati erano un’opzione, quindi anche l’Alpine c’era, non è entrata all’ultimo momento».
Mercedes e Red Bull hanno porte ancora aperte?
«Bisogna chiederlo a loro».
Intanto, un’estate favolosa per la Spagna dello sport.
«Giornate bellissime, che mi hanno preso molto, anche per questo non ho pensato al mio futuro: Europei di calcio, Alcaraz a Wimbledon, Sergio Garcia nel golf, il gran finale del Sail Gp a San Francisco».
Che forza avete voi spagnoli?
«La mentalità del non mollare mai e di spingere al massimo per realizzare i nostri sogni. Noi 25-30enni, ma anche un Lamine Yamal che a 17 anni è così maturo, abbiamo avuto la fortuna di crescere guardando una generazione di fenomeni come Alonso, Nadal, Xabi Alonso, Xavi Iniesta, Pau Gasol.
Punti di riferimento, esempi, maestri. Noi più giovani vogliamo essere come loro».
Alla Ferrari cosa manca per tornare in alto?
«Due o tre decimi. Parliamo di niente e tutto: perderli ti impedisce di lottare. I nostri rivali hannosviluppato bene le macchine, noi invece non siamo riusciti a trovare performance con i nostri sviluppi.
Qui abbiamo una piccola modifica al fondo per risolvere i guai delle ultime gare».
Arriverà qualche altro successo entro l’anno?
«La capacità c’è ancora se facciamo le cose bene e ritroviamo la direzione giusta, ma dobbiamo farlo presto e bene, altrimenti dovremo aspettare gli errori degli altri.
L’esempio sono McLaren e Mercedes che sono stati capaci di sviluppare e recuperare».
Pace fatta davvero con Charles Leclerc?
«Non è cambiato il nostro rapporto.
Siamo compagni da quattro anni e se si guarda alla nostra storia ci sono stati un paio di episodi a campionato dove non ci siamo trovati d’accordo in pista o ci è capitato qualcosa.
Semplicemente, fa parte delle gare e dell’essere una squadra dove entrambi i piloti fanno il giro di qualifica entro due decimi e partono uno a fianco all’altro. Ovvio che ci siano situazioni in cui ti ritroverai in condizioni di lottare per le posizioni ed è lì che la nostra competitività ci porta a confrontarci e a non essere sempre dello stesso parere su alcune cose. Capita, ma dopo torniamo a casa insieme, parliamo, ci chiariamo e dimentichiamo».
Nessun rimpianto?
«È un’analisi che farò con un po’ più di tempo, sono sicuro che se tornassi indietro farei alcune cose diversamente o meglio. Lezioni che mi porterò altrove. Adesso penso a come vincere qui e poi a trovare casa».