la Repubblica, 20 luglio 2024
Rnzi e l’arte del politico
Con la sua ultimissima offerta votiva ai suoi diversi ex nemici Matteo Renzi si sposta definitivamente al di là del bene e del male, lungo un orizzonte in cui tutto si combina con il contrario di tutto, in bilico fra la meraviglia del possibile e il baratro dell’insignificanza.
Si perdoni qui il tortuoso procedere oracolare, con tanto di smargiassa citazione di autore difficile fin dal nome, Evgenij Morozov, giornalista e scrittore bielorusso, ma la verità di Renzi, la condizione che garantisce la sua sopravvivenza socio-politica e giustifica in fondo anche questo traballante articolo è davvero “ciò che attira più occhi”. In questo senso la riprova sta nelle diverse immagini prodotte attorno a quell’evento, eminentemente onirico e cinicamente filantropico che è la Partita del Cuore e che l’ha visto mattatore, match- winner, king maker, comunque protagonista.
La maschera di Renzi è generalmente un sorriso assai accorto e denso di promesse. Con tale espressione lo si è visto sia in campo che negli spogliatoi; se non è un fake, ci sarebbe pure un’immagine in cui, a fine partita, porge impegnativamente un ghiacciolo al limone nella bocca di una senatrice d’area governativa (con sbarazzina prontezza la benemerita pagina Instagram The Journalai ha chiesto ai follower di “dare un titolo a questa foto”, prima che fosse rimossa).
Ma la visione decisiva è quella dopo il gol, poi annullato, che Renzi ha fatto segnare a Elly Schlein, e ciò che più impressiona – la verità di Morozov – è l’occhio rapito di lei mentre gli getta le braccia al collo. Se le chiacchiere stanno notoriamente a zero, è in questo fotogramma che ha preso a generarsi ogniplausibile alternativa al governo Meloni.
La scienza empirica dei precedenti dice che la partita del cuore è per Renzi una tigna e un riscatto. Dieci anni fa, quando da premier si vantava di essere “un rullo compressore”, veniva ritratto sulla copertina di Vanity nelle sembianze di Justin Bibier e stava per elargire 80 euro di bonus agli elettori, per via della par condicio gli fu impedito di partecipare a un incontro a favore di Emergency, in squadra con Baggio e Batistuta contro la nazionale cantanti su Rai1. “Grazie alla rabbia e alla paura dei grillini – commentò amaramente – per la prima volta si spreca un evento che da anni unisce gli italiani”. Tanto più significativa l’odiernaapertura ai grillini.
Ma il bello è che la foto calcistica ha avuto anche il potere di far dimenticare un’altra sua magnifica istantanea scattata qualche giorno prima a Mumbai che lo ritraeva in costume tradizionale indiano accanto alla moglie Agnese e a un antico grammofono. La sua espressione emanava in quella circostanza una sorta di trionfale allegria per la partecipazione a un matrimonio di esotici ricconi. Detto senza superflui pauperismi, Renzi adora i segni del lusso e i miliardari. Era con lui quell’altro riformista che costituisce ormai il suo modello antropologico e comportamentale, Tony Blair, pure lui in tenuta esotica, da cui Renzi ha mutuato l’arte marpionesca delleconferenze, delle consulenze, delle mediazioni, dei lavoretti mediatici per rendere accettabili governi inaccettabili, del saper cogliere al volo qualsiasi occasione favorevole – ciò che gli è valso un reddito di 3 milioni e 334 mila bombi, e crepi l’avarizia.
Forse è anche per questo che ogni tanto torna alla politica. Difficile seguirlo, impossibile individuare un filo non si vorrebbe qui di coerenza, ma almeno di vaga continuità; per cui un giorno Renzi fa la stampella del governo di destradestra, un giorno punta all’eredità berlusconiana, un giorno vuole il Terzo Polo e si azzuffa con Calenda, un giorno riaccende le stelle della dodicesima Leopolda con il frate dell’IA e Francesca Pascale, un giorno s’improvvisa direttore del Riformista, quindi si scoccia e molla lì. Talentuoso, fantasmagorico, furbacchione e stufarello.
Con tali premesse, a partire da un fermo-immagine in tenuta calcistica, l’apertura a Schlein e agli odiati grillini. Oltre a nutrire qualche diffidenza, sia consentito chiedersi se tale imperio della cosmesi possa ancora interpretarsi alla luce del vecchio trasformismo, e non risponda invece a un’evoluta mutevolezza, quella permanente metamorfosi che spinge le celebrities a cambiare di continuo aspetto, costumi, linguaggio, parenti, pur di strappare l’attenzione del pubblico. Ma qui si torna alle astruse ipotesi di un eterno presente e assoluto di cui Renzi sarebbe l’esemplare più completo e impudente, brand e prodotto della società dell’istante, delle convenienze e delle necessità, dei sogni e dei desideri, delle visioni e un po’ anche delle allucinazioni. Senza passato e perciò senza futuro, hic et nunc, sospeso nel tempo, alla faccia della memoria