9 settembre 2019
Oggi 234 - Clooney
Dal Forum Ambrosetti di Cernobbio, Hillary Clinton ha stroncato sul nascere l’ipotesi di candidare George Clooney alle presidenziali del 2020. Il divo statunitense, di casa sul Lago di Como, per l’ex segretario della Casa Bianca non ne sarebbe all’altezza: «George ha già smentito la voce. Ma vi assicuro che se fosse qui tra noi a parlare di Iran, Putin e Afghanistan vi accorgereste che per lui sarebbero temi troppo complessi».
In pratica gli ha dato dell’ignorante.
Ha fatto capire che per sedere alla Casa Bianca serve una lunga preparazione. Anche se Clooney negli ultimi anni si è dato molto al sociale, non è sufficiente donare 500mila dollari a una manifestazione per il controllo delle armi, o pranzare con Obama per guidare la politica americana. Per la Clinton, poi, «le politiche sbagliate» di Trump ne sono un chiaro esempio.
Eppure non sarebbe stato il primo divo a finire alla Casa Bianca.
C’è stato Ronald Reagan. Ma lui era stato governatore della California per due mandati. Di gavetta ne aveva fatta.
E chi vorrebbe la Clinton alla Casa Bianca?
Non lo vuole dire.
A che punto sono le primarie?
Quelle dei democratici inizieranno il 3 febbraio, in Iowa. Dei 21 candidati iniziali, solo in dieci parteciperanno al dibattito del 12 settembre. Per ora il favorito è Joe Biden, il vice di Obama dal 2009 al 2017. Nonostante i dubbi sulla sua salute – ha l’asma, il colesterolo alto, la prostata ingrossata e da ultimo gli è esploso un capillare dell’occhio in diretta tv – ha ottenuto il 29% dei consensi contro il 19% di Bernie Sanders e il 18% di Elizabeth Warren.
E tra i repubblicani?
Domenica s’è candidato l’ex governatore della South Carolina Mark Sanford. Dice d’essere sceso in campo perché preoccupato dalla mala gestione finanziaria di Trump. Gli altri due candidati sono l’ex parlamentare Joe Walsh e l’ex governatore del Massachusetts Bill Weld. Trump, però, con il sostegno del 90% del Partito repubblicano e il 56% degli americani che appoggia le sue scelte economiche, resta il favorito. C’è da aspettarsi – o da temere – un secondo mandato.