Corriere della Sera, 19 luglio 2024
Bocelli & Friends
LAJATICO (PISA) Il passato. Un bambino che apre la serata, il look è da anni 50 con camicia immacolata e pantaloni corti, armeggiando davanti a un giradischi: è la memoria dell’infanzia. Il presente: la celebrazione di 30 anni di carriera nel teatro all’aperto che il protagonista ha voluto costruire sulle colline della sua Lajatico. Il futuro: una flotta di 500 droni che si alza per illuminare la notte con giochi di luce e porta la classicità del Nessun Dorma in una nuova dimensione. Andrea Bocelli ha invitato amici e star, tre serate di musica davanti a un totale di 35-40 mila persone («il 90% dall’estero» fa sapere con orgoglio Veronica Berti, la moglie-manager) per soffiare sulle candeline e creare uno show che andrà al cinema e poi anche in tv (Canale 5).
Lo spettacolo ha due anime. Che sono poi quelle della voce di Bocelli. Quella operistica e quella della canzone popolare. Il primo ospite è Zucchero e insieme intonano Miserere, brano per cui il tenore registrò la demo che Zu presentò a Pavarotti. E con Big Luciano c’è un duetto virtuale con l’orchestra diretta da Placido Domingo. Un passaggio di testimone all’insegna della bella voce and friends. «Mai potrei essere all’altezza del suo meraviglioso strumento. Ricordo un uomo dalla vitalità straordinaria, un maestro di buonumore. Ricordo le sue nozze con Nicoletta Mantovani, le cene amichevoli, la sua passione per il lambrusco e le nostre accese e scherzose discussioni in tema vinicolo», racconta Bocelli. C’è anche un altro pezzo di storia dell’opera, Josè Carreras. Il recital qui si concentra soprattutto sulle arie dell’Andrea Chenier e del Trovatore e su qualche canzone tradizionale.
L’intervallo segna il passaggio al mondo pop. E qui i friends sono quelli delle classifiche e le star di Hollywood. Will Smith recita il testo una canzone scritta da Bocelli. C’è Russell Crowe con il suo vocione blueseggiante. Johnny Depp sembra perso: ha pure una band, gli Hollywood Vampires, ma sembra un dilettante allo sbaraglio. A ruoli invertiti, lui al cinema, Bocelli non ci si ritroverebbe. «Da bambino mi piacevano i film di guerra, perché sognavo di essere l’eroe che vinceva sui cattivi. Crescendo i film d’amore, anche se non sono mai stato un grande appassionato di cinema. Però ho sempre apprezzato la libertà creativa della musica per il cinema».
Il pop italiano è presente. Laura Pausini si fa accompagnare da Bocelli al piano e poi duetta con Tiziano Ferro; nelle altre serate Eros Ramazzotti, Elisa e Giorgia. Con Ed Sheeran è confronto fra numeri 1, ma non c’è gara, c’è solo voglia di divertirsi. Come nel backstage dove Bocelli prova a coinvolgerlo con Will Smith e un flauto traverso. E sempre dietro le quinte il cantautore inglese si chiude in una stanza con Matteo Bocelli e Johnny Deep e chissà che non ne uscirà qualche canzone come è accaduto l’altro giorno fra Matteo e il vincitore di Grammy e Oscar Jon Batiste.
Con la mia fondazione mi auguro di contri-buire a fare del mondo un luogo migliore
E un giorno vorrei cantare
per i figli
dei miei figli
La famiglia è anche sul palco. Virginia, la figlia più piccola, che canta già come un usignolo. Matteo si fa accompagnare dal fratello Amos, ingegnere aerospaziale con diploma al Conservatorio. «Ho sempre cercato di evitare i consigli perché credo che l’unico strumento credibile per educarli sia dare l’esempio, più potente di qualunque ammonimento. Fin da piccoli li ho spinti a studiare la musica, poiché chiede sacrifici ma aiuta a crescere, a sviluppare empatia e a diventare persone migliori».
La politica non c’era. Eppure lui ha cantato per un’infilata di presidenti e sovrani. Spesso ospite alla Casa Bianca, non si sbilancia sul confronto in arrivo e sull’attentato a Trump. «Premetto: l’unica certezza è che la violenza non è mai la risposta giusta. Ciò detto, non conosco a sufficienza la cultura Americana per addentrarmi in argomentazioni politiche internazionali».
Il tenore prova a fare un riassunto di questi 30 anni, un momento per decennio. «Nel primo il più grande successo è stata la nascita dei miei primi due figli, poi c’è stato il grande dolore con la scomparsa del mio babbo, e un grande dono della vita, l’incontro con Veronica. Nel secondo decennio, due tra i momenti più eclatanti della mia carriera, il debutto al Metropolitan di New York e il concerto in Central Park e la nascita di Virginia. Nell’ultimo decennio quasi ogni giorno, ogni concerto che ho tenuto e i momenti fondamentali delle vite dei tre figli».
I prossimi 30 anni sono tutti da scoprire: «Per mia indole eviterei di fare progetti… Sono, come tutti, nelle mani del buon Dio. L’agenda concertistica è fitta. Spero di poter continuare a portare un po’ di serenità nelle case della gente, fino a quando la voce me lo consentirà. E attraverso la fondazione che porta il mio nome, mi auguro di contribuire a fare del mondo un luogo migliore. Infine, vorrei, un giorno, poter cantare per i figli dei mei figli».