Corriere della Sera, 19 luglio 2024
La Gioconda rubata a Leonardo
Il futuro direttore in pectore del museo Egizio di Torino Zahi Hawass, contagiato dal patriottico ardore di Gennaro Sangiuliano, ha avuto una bella pensata. Deciso a riportare sul Nilo dal British Museum la stele di Rosetta «rubata» dagli inglesi dopo la sconfitta di Napoleone, dal Neues Museum di Berlino la statua di Nefertiti «rubata» dai tedeschi come premio per il finanziamento degli scavi a Tell el-Amarna e dal Louvre il bassorilievo dello Zodiaco «rubato» nel 1820 dai francesi a Dendera, l’egittologo confida nell’«aiuto del ministro della cultura» per «riportare in Italia tutti i tesori che stanno all’estero e quindi anche La Gioconda». «Rubata» dallo stesso Leonardo da Vinci. Fu infatti lui, l’autore della celeberrima Monna Lisa, che col suo sorriso enigmatico rappresenterebbe Lisa Gherardini, la moglie di Francesco del Giocondo, ritratta a Firenze nel 1503-1506, a portarsi nel 1516 la preziosa tavola di pioppo in Francia dove sarebbe poi morto ad Amboise e a venderla (o donarla per l’ospitalità ricevuta) a Francesco I. Aveva mezzo millennio fa i timbri ministeriali in ordine per l’esportazione? Boh... Tema: ammesso che abbia un senso chiedere a Londra la restituzione dei marmi del Partenone e a Parigi della Nike di Samotracia (da riportare su un’isoletta fuori mano di 2.879 abitanti) si può mai usare lo stesso metro nel caso della Gioconda? E cosa facciamo con tutto il resto: chiediamo all’Inghilterra di ridarci i paesaggi che Canaletto dipinse sul Tamigi come The Thames and the City of London from Richmond House? O a Malta di renderci La Decollazione di San Giovanni Battista dipinta dal Caravaggio in fuga perché ricercato per omicidio? Mah... Meglio forse sarebbe se l’eccellente Zahi Hawass ricordasse, prima di avventurarsi su certi paralleli, che certo, tutti gli italiani sarebbero orgogliosi di avere tra tanti tesori nei nostri musei anche la Gioconda. Ma il famosissimo ritratto è già stato restituito. Alla Francia. Centoundici anni fa. Quando le nostre autorità, dopo un’esposizione di cinque giorni agli Uffizi di Firenze, riconsegnarono all’ambasciata transalpina di Roma l’opera rubata nell’agosto 1911 al Louvre da un emigrato varesino che al museo parigino faceva il restauratore, Vincenzo Peruggia. Il quale spiegò, pare, dopo aver tentato invano di vendere il dipinto troppo famoso, d’aver deciso il furto per «restituire» all’Italia qualcosa a risarcimento delle opere «rubate» da Napoleone. Patriota pure lui....