Corriere della Sera, 19 luglio 2024
Equivoci dannosi
Finalmente si è chiarito il puzzle europeo di Meloni. Ursula von der Leyen è stata eletta presidente della Commissione europea con 401 voti, 40 più dei 361 costituiti da popolari, socialisti e liberali. Non sappiamo quanti siano stati coloro che hanno tradito nell’urna e quanti Verdi abbiano appoggiato la candidata. Sappiamo dal capodelegazione di Fratelli d’Italia e dal co-presidente italiano dei conservatori che gli europarlamentari del partito di maggioranza relativa italiano hanno votato contro la candidata popolare tedesca.
Q uesto nonostante la premessa posta con l’elezione di ben due conservatori, inclusa una italiana, alla vicepresidenza del Parlamento. Nonostante che il co-presidente italiano del gruppo dei conservatori avesse aperto la strada a un voto favorevole dichiarando che il gruppo dei conservatori «è composto da partiti che non rinunciano alle prerogative nazionali e ognuno si esprimerà sulla base dell’interesse nazionale» (così era accaduto già nel 2019). Nonostante l’evidente consonanza tra Meloni e von der Leyen in questi ultimi quasi due anni. Nonostante la dichiarata posizione «eurorealista» dei conservatori italiani in Europa. Nonostante le aperture fatte dalla candidata tedesca con la promessa di un commissario per il Mediterraneo, del rafforzamento di Frontex, della deburocratizzazione e semplificazione, della tutela dei diritti sociali, della creazione di una vera difesa europea. Nonostante che von der Leyen sul «Green Deal» avesse promesso pragmatismo, riduzione delle regole e necessità di «conciliare» decarbonizzazione con crescita e prosperità. Nonostante che uno dei tre partiti della coalizione italiana di governo votasse a favore e l’altro avesse dichiarato per bocca del suo segretario che la eventuale divaricazione europea non avrebbe avuto conseguenze per il governo italiano.
Il partito che è alla guida del governo italiano ha preferito tener conto del fatto che – come ha dichiarato la sua parlamentare europea, ora vicepresidente dell’Assemblea di Strasburgo – «in Europa i tre partiti di governo appartengono a gruppi politici diversi», cercando una coerenza «verticale»: se si sta nel centro destra in Italia, si parteggia tra i conservatori in Europa, votando contro la candidata presidente della Commissione esponente di una maggioranza diversa, composta da popolari, socialisti e liberali, che in Italia chiameremmo di centrosinistra.
Non sappiamo se e in quale modo i rappresentanti di Fratelli d’Italia nel Parlamento europeo e le due leader tenteranno di ricucire un rapporto lacerato da questo voto contrario. Quello che si può ora dire è che il voto dei parlamentari di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, se assicura quella coerenza di posizione politica (la destra vota con la destra), non assicura la tutela dell’interesse nazionale italiano ad avere nella Commissione il peso che uno dei tre Paesi più grandi e padri fondatori dell’Europa potrebbe aspettarsi. Che, nell’intreccio tra coerenza di parte e interesse nazionale è prevalsa la prima, così negando la componente nazionalistica propria di Fratelli d’Italia, mentre l’incoerenza politica sarebbe stata coerente con l’interesse nazionale. Che, infine, da questo voto esce perdente quella democrazia plurale che costituisce uno dei punti di forza delle moderne democrazie. Esse danno voci plurime al popolo, in quasi tutti i Paesi, a livello locale, a livello regionale, a livello nazionale, a livello sovranazionale, e così consentono al popolo di esprimersi diversamente, non allineandosi necessariamente ai diversi livelli, ed assicurando quindi quella poliarchia che è garanzia di equilibri e bilanciamenti tra poteri e tiene sotto controllo la tanto temuta dittatura delle maggioranze. Così le persone sono libere di scegliere un orientamento diverso a seconda dei diversi livelli, come, ad esempio, è accaduto tanto a lungo in Italia, quando la Dc era sempre al governo nazionale, ma ai governi locali prevalevano i partiti di opposizione. Questo punto nel quale si incontrano pluralismo e democrazia, nel quale la democrazia diventa plurale, richiede che ai diversi livelli le forze politiche operino secondo criteri diversi. In questo caso, avrebbe consigliato di votare per la candidata tedesca per assicurare il rispetto delle prerogative nazionali ed ottenere per l’Italia un maggior ruolo nel governo europeo.