Corriere della Sera, 16 luglio 2024
Un giro a Bethel Park
Le baracche e i bersagli dove Thomas Matthew Crooks andava a esercitarsi col fucile sono ben visibili alle spalle del cartello all’ingresso che dice: «Stop, tutti i membri del club devono registrarsi prima di proseguire». È in questo punto del Clairton Sportsmen’s Club che il presidente Bill Sellito si precipita col pick-up ogni volta che qualcuno si avvicina, spiegando energicamente che la polizia sta arrivando a presidiare. Le dichiarazioni ufficiali sono affidate a un avvocato, ma il capo del centro le ripete al Corriere: «È una cosa terribile, un gesto di violenza insensata».
Il club è arrampicato su una piccola collina a mezz’ora di distanza da Bethel Park, il sobborgo a 30 chilometri a Sud di Pittsburgh dove Crooks trascinava la sua vita nel silenzio e nella solitudine. La strada interna prosegue oltre i poligoni per pistole e fucili e porta a un centro ricreativo, ora inaccessibile agli estranei. «Questo posto esiste da quasi 100 anni, siamo frequentati da bambini e famiglie, ci sono il tiro con l’arco e al piattello – descrive Sellito – qui vengono a esercitarsi quattro forze di polizia diverse, oggi abbiamo la serata bingo». Fossimo in un altro Paese, giocherebbero a bocce. Ma è l’America e tanti vengono a sparare con Ar-15 come quello usato a Butler da Crooks. I gestori non hanno nessuna voglia di passare per la «palestra» del giovane uomo che voleva uccidere l’ex presidente Donald Trump.
Sellito non può credere al livello a cui è arrivata l’America, e con lui i vicini di casa dei Crooks, che all’incrocio tra Sylvania Drive e Milford Road raccontano quel poco che il mondo ha scoperto del ragazzo in questi giorni. Thomas Crooks era come un’ombra che si aggirava per Bethel Park. Le persone che accettano di parlare lo vedevano quasi sempre da solo: Liam Campbell, 17 anni, lo incontrava sul bus per la scuola «seduto in fondo, senza parlare con nessuno». Né lui né sua madre Kelly Little hanno mai interagito con Thomas e la sua famiglia, anche se ci vivono di fronte, a 20 metri. Un altro vicino, John Wolf, ricorda di aver visto spesso il ragazzo camminare per strada, ma di averci parlato una sola volta. Wolf era convalescente e chiese al giovane se poteva pagarlo perché gli portasse fuori il cane. «Odio tutti i fottuti cani», fu la risposta che ottenne.
La signora Little racconta che negli ultimi tempi i Crooks avevano messo cartelli pro-Trump in giardino, ma nel giro di un’ora questa affermazione gira sui media locali e davanti alla casa si precipitano due attiviste Maga (Make America Great Again): smentiscono con rabbia, invocando la verità dell’unico capo a cui dicono di rispondere, che non è The Donald, «ma Dio»: «Quella famiglia non era realmente repubblicana, è impossibile, è una bugia».
Lo sgomento è già diventato battaglia politica. E nemmeno la piccola, tranquilla Bethel Park – secondo i dati delle ultime elezioni divisa esattamente a metà tra «rossi» e «blu» come la Pennsylvania sempre in bilico nei sondaggi – è più quella di un tempo. Ma forse la svolta non è stata il comizio di Butler. «Da tempo è meglio tener le proprie opinioni per sé», ripetono tutti: Little, Wolf, il presidente del poligono di tiro. «Le discussioni diventano violente come mai è accaduto prima, nei bar, nei ristoranti».
L’aneddoto
Un vicino gli propose di portargli fuori il cane dietro compenso
Lui rifiutò dicendo:
«Odio tutti i cani»
Le ultime 48 ore della vita di Thomas Crooks sono state in parte ricostruite: il fucile chiesto e ottenuto in prestito dal padre che ne possedeva almeno una dozzina, il passaggio al poligono (dove però confermano solo di averlo visto «qualche volta»), l’acquisto di una scala da Home Depot e di un pacchetto di munizioni nell’armeria Allegheny Arms and Gun Works, confermati dai gestori dei negozi alla Cnn. Poi l’ombra torna nell’oscurità. E riappare – come sappiamo – mentre si prepara a salire sulla vetreria di Butler.
Ancora più difficile è però mettere insieme i pensieri dello shooter ventenne, i segnali di quello che poi ha fatto, le mosse e lo studio di preparazione al suo gesto. Pochissimo trapela dall’analisi che l’Fbi sta compiendo dei suoi dispositivi elettronici. E allora si prova a pescare ancora più indietro, nella sua vita di teen-ager. Il ruolo dei genitori, entrambi consulenti psicologici, è ancora avvolto nel mistero. Uno zio ha raccontato di aver tagliato i ponti da anni. Poi c’è la scuola, anch’essa ora presidiata dalla polizia. Un terapeuta della Bethel Park High School, Jim Knapp, ha detto al New York Times di aver avuto conversazioni periodiche con Crooks, ma senza notare grossi elementi di disagio né isolamento da parte degli altri compagni.
Eppure la tv Tmz ha diffuso un video di alcuni anni fa che sembra ritrarre proprio lui sui banchi, mentre alcuni compagni gli strattonano i pantaloni e altri gridano di smetterla. «Era un emarginato, lo prendevano in giro», dice l’ex compagno Jason Kohler all’agenzia Associated Press. Grant Lewis, uno studente 17enne di ritorno dall’Italia, dove sta completando due anni di scuola superiore, racconta al Corriere che lui e Crooks lavoravano assieme al Bethel Park Nursing and Rehabilitation Center. «Era tranquillo e solitario, non mi parlava spesso. Ma conosco i suoi compagni e anche loro raccontano del bullismo a scuola».
Grant e i suoi amici scherzano tra di loro nel ristorante nell’isolato a fianco della casa di cura, dove ci incontriamo. Forse dicono qualcosa di sbagliato e un vicino di tavolo sui 40 anni si alza e si ferma davanti al loro tavolo: «Ho ucciso più persone nell’esercito di quante ne siano sedute al vostro tavolo, tenetelo presente e comportatevi meglio».
I ragazzi chinano la testa: non c’è un filo di ironia nelle sue parole.