il Giornale, 16 luglio 2024
Sull’ultimo libro di Palahniuk
Diciamo che in una campagna del Galles, in una sontuosa e aristocratica villa, vivono due fratelli, Otto e Cecil, e che la voce narrante è quella di Cecil, e che non sto parlando di un romanzo vittoriano ma dell’ultimo romanzo di Chuck Palahniuk, Non sempre ma per ora (Mondadori). Per cui non lo regalate a vostra nonna. Anche perché i due signorini, come da tradizione di famiglia tramandata da un leggendario nonno, non hanno altro da fare che uccidere tutto ciò che entra in casa, soprattutto gli inservienti. Due nobili assassini, in particolare Otto, e Cecil che gli va dietro, e è anche la voce narrante della storia.
Il mondo è un luogo terrificante, e a ricorrere è il nome del noto documentarista Richard Attenborough. Avete presente i documentari in cui un animale viene sbranato da un altro, una mantide taglia la testa al maschio, una foca piazzata su una lastra di ghiaccio viene fatta cadere in acqua per essere sbranata? Il documentarista sta lì, riprende, e non fa niente, è la sua etica, in un mondo in cui l’etica non è che un’invenzione umana.
In questa vicenda, una commedia tanto pop quanto pulp quanto splatter quanto biologica, ogni omicidio avviene per divertimento, per passione, per noia, per piacere sadiano. La morale di Otto è quella dei predatori, violenza e sesso si mescolano, perfino il masochismo. Infatti il punto di vista originale di Otto è di identificarsi tanto nel predatore quanto nella preda, traendone godimento sessuale in entrambi casi. Tant’è che l’hobby preferito di Otto è scrivere lettere provocatorie a efferati serial killer in prigione, sfidandoli a venire a prenderlo (e talvolta lo fanno...).
Ricorre anche il nome di Charles Darwin, spesso citato, come ricorre Attenborough, sulla crudeltà della selezione naturale, e con un’immagine precisa: quella di un canguro appena nato, minuscolo vermetto che deve risalire la pelliccia della madre fino al marsupio, cosa non così scontata. «Il tenero cangurino si arrampica sulla parte esterna della pancia della madre. La voce di Attenborough dice che lei non può fare niente: è solo una stupida mamma canguro e non sa nemmeno che il cucciolo è lì, aggrappato a lei. Come si vede, inoltre, le zampe anteriori della madre sono troppo corte. Non più lunghe di quelle di un Tyrannosaurus rex. Di conseguenza se anche alla mamma fregasse qualcosa, non riuscirebbe a combinare nulla». Specifica anche (verissimo) che nel caso il piccolo esserino non riuscisse nell’impresa, verrà senza pietà calpestato o lasciato a se stesso dalla mamma canguro: arrivare al marsupio è la prima prova di sopravvivenza, se non riesci a farlo saresti comunque un canguro spacciato, meglio spiaccicarlo subito.
I due fratelli fanno ampio uso di droghe e anche sesso a vicenda nella catena di delitti senza troppo clamore intorno, perché gli inservienti vengono identificati come una specie perdente, e perché «Il Nonno dice che gli umani moderni non sono altro che stracci per pavimenti e aspirapolveri, ragion per cui non è questo gran dramma ammazzare qualcuno. L’importante è smaltire bene le scorie».
Unica pecca, in questa rappresentazione di quel tragico campo di concentramento che è l’esistenza, è l’introduzione finale di un’ideologia antimoderna, ecologista, anticapitalista: «Per quel che riguarda la plastica, le microplastiche finiscono nei pesci. I pesci vengono mangiati dagli umani. Gli umani vengono smaltiti con grande cura. Allo stesso modo, reni, polmoni, fegato, milza e tessuti adiposi dei plebei accumulano le tossine del mondo. È il piccolo e il meraviglioso segreto insito nel consumismo. I consumatori pagano per avere il privilegio di accumulare agenti chimici, germi e virus». È la morale della favola che salta fuori sempre, perfino nel capolavoro per eccellenza di Bret Easton Ellis, American Psycho, come se in passato si uccidesse di meno, o si morisse di meno per malattie. Casomai più si va indietro nel tempo più la violenza era all’ordine del giorno (al riguardo consiglio di leggere la grande ricerca di Steven Pinker, Declino della violenza, Mondadori), per non parlare di germi e malattie (grazie alla scienza la vita media alla nascita nell’ultimo secolo è triplicata), invece gratta gratta scappa sempre fuori Rousseau e il mito del buon selvaggio, pur volendo rappresentare una legge universale della natura: che non c’è scampo per nessuno, se non cercando rifugio nelle illusioni. Tant’è che «la religione, dice Otto, è ciò che gli umani si inventano quando si svegliano nel cuore della notte con l’ancestrale terrore di essere sorpresi nel loro minuscolo nido fili d’erba e fatti a brandelli dall’inevitabile».