la Repubblica, 17 luglio 2024
Fake news crimine sociale
Sarà anche risaputo, niente di nuovo, niente di speciale, ma la diffusione di balle complottiste sull’attentato a Trump è terrificante per quantità e qualità. Decine di milioni di persone in tutto il mondo hanno creduto, e fatto credere ad altri creduli, che Trump si sia auto-attentato, che l’attentatore fosse un ultras della Roma (che gli ha sparato da Roma?), che tutto sia opera del deep State e di Biden, che l’élite pedofila e antropofaga al potere, essendo stata smascherata, abbia voluto vendicarsi, e ipotesi consimili.
Con l’eccezione di Elon Musk, che è ricco sfondato ma è attrezzato culturalmente quanto l’ultimo dei diseredati, e dunque ha condiviso alcune di queste scemenze sul social di sua proprietà, non credo sia sbagliato supporre che le vittime di questo scempio di ragione e di verità siano per la maggior parte di basso reddito e di basso livello culturale, i più esposti, i più deboli, spesso anche i più soli, con bassa socialità e molte ore sperperate in rete alla ricerca di un appiglio. Circostanza che aggrava l’infamia di chi diffonde consapevolmente questo veleno sapendo che è veleno, e sapendo che avvelenerà più i poveri dei ricchi, più gli ignoranti degli informati.
I diffusori di fake news, siano fanatici politici che agiscono in proprio oppure centrali organizzate, sono avvelenatori dei pozzi, e la loro attività è un crimine sociale della massima gravità. Che sia un cretino o un mascalzone quello che, per esempio, ha fabbricato la fake sul romanista che spara a Trump, cambia poco. Lo metto nella stessa risma dei piromani e di quelli che buttano i sassi dai cavalcavia. È gente che va messa nelle condizioni di non nuocere.