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 2024  luglio 17 Mercoledì calendario

L’insegnante che ha organizzato due volte le nozze con un collega che non ne sapeva niente


MARTINA FRANCA – Il momento della verità arriva quando il parroco le dice: «Ma cos’hai combinato, figlia mia?». Lei è tutta accaldata nel suo abito da sposa, un tripudio di organza, corpino e ricami di seta barocchi come i fregi della chiesa, in mano ha un bouquet. Un autista l’ha prelevata dal suo appartamentino nel centro storico, a due passi dal municipio, e l’ha accompagnata fino alla Cattedrale con una berlina dai vetri scuri. Appena arrivata, lei gli ha chiesto: «Puoi andare a vedere se lo sposo è in chiesa?». Ma San Martino, sebbene addobbata di fiori per lei – perché il fiorista era stato pagato – è chiusa. E non c’è nessun uomo ad aspettarla. Al sacerdote non sa cosa rispondere. Lui le offre un bicchiere d’acqua, la fa sedere. Un attimo di esitazione. Poi si ricompone. Non fa una piega: «Va bene. Se non mi posso sposare, torno a casa e me ne vado al mare».Sembra una favola maligna, figlia del caldo eccessivo di questi giorniin Puglia, un miraggio, un’allucinazione. Ma è maledettamente vera e triste, la storia della nubenda quarantenne che si ritrova sola con il suo matrimonio immaginario in un mercoledì pomeriggio di luglio, tra i turisti e i curiosi che si affollano intorno al sagrato di una delle più belle chiese della valle d’Itria ad assistere all’incredibile scena. Che richiama alla memoria i versi di Francesco De Gregori: «Tutti pensarono/dietro ai cappelli/lo sposo è impazzito/ oppure ha bevuto». Ma in questo caso, il promesso compagno di vita non si è presentato davanti all’altare per dire «Ma io non ci sto più», come in Alice. Lui, ha cinquant’anni, insegna nella stessa scuola, vive in campagna e ha un’altra relazione.Raggiunto telefonicamente, lo sposo mai arrivato spiega di essere ignaro di tutto. «Prima di intervenire su questa faccenda devo confrontarmi con il mio avvocato», taglia corto. Non è la prima volta, però,che la sua collega si convince di essere pronta a convolare a nozze con lui. «È già successo a ottobre», è stata la spiegazione fornita al parroco dall’istituto. In quel caso l’insegnante si era limitata a chiedere ai colleghi di fare da testimoni, aveva preparato le partecipazioni, ma non è andata oltre. A scuola pensavano a un momento di stanchezza o una storia sentimentale finita male fra i due e hanno risolto temporaneamente mettendola in ferie per un po’. Lei però non si è fermata.A marzo si presenta dal parroco.Fissa la data: 10 luglio. Prenota dal fioraio, che però a giugno avvisa il prete: «C’è questo matrimonio fissato ma a quanto ci risulta i due non sono neanche fidanzati». Il sacerdote si insospettisce e la chiama. Le chiede dove siano i documenti di lui, la interroga: «Avete fatto il corso prematrimoniale?». «Sì», giura lei. Ma per capire se sta dicendo la verità, le chiede se è di giovedì e lei annuisce. Gli incontri di formazione si tengono invece di mercoledì. È chiaro che mente.Il prete la invita a presentarsi conil presunto futuro marito: «Venite insieme e portate i certificati». Ma lei, il giorno dopo, si fa viva solo con i suoi documenti, non con quelli di lui. Accampa scuse: «Non possiamo farci vedere insieme prima del matrimonio». Il prete però le fa firmareun foglio in cui dichiara di annullare la data del matrimonio. Ma lei, imperterrita, continua. Prenota anche la sala di ricevimento, versando un anticipo di seimila euro. Altri 1.300 euro sono per il fioraio, che invano tenterà poi di restituirglieli. Acquista perfino le bomboniere. Ai suoi padroni di casa, che vorrebbero ritornare in possesso dell’appartamento per il figlio, dice che presto dovrà lasciare la casa, per andare a vivere con lui. Ma allo sposo impossibile viene consigliato di preparare una diffida, per evitare spese e guai legali.Il sindaco Gianfranco Palmisano, alle prese con la cinquantesima edizione del festival della Valle d’Itria, ha affidato il caso ai servizi sociali.Epilogo triste di una vicenda che ricorda aneddoti popolari come quello della “zita di Ceglie”, la fidanzata che dà appuntamento in chiesa a un giovane militare barese, si racconta bellissimo, ma lui non arriverà mai. Al suo posto un telegramma: «La guerra mi ha chiamato…». L’episodio, realmente avvenuto in epoca fascista, è diventato proverbiale e viene richiamato tuttora per dire che si è stati sedotti e abbandonati. E qui ecco un altro classico della cinematografia ambientata nel Sud, il film di Pietro Germi con Stefania Sandrelli e Lando Buzzanca. Ma c’è anche la leggenda, ripresa dallo scrittore Mario Desiati, originario proprio di Martina, delle “spose infelici”, divenuto un film con la regia di Pippo Mezzapesa e la sceneggiatura di Antonella Gaeta. Nella vicenda pugliese, ora si teme per la salute della professoressa. Che adesso rischia il posto di lavoro e una denuncia dallo sposo inconsapevole.