la Repubblica, 17 luglio 2024
I re della Silicon Valley mistici di Tolkien preparano il Trump II
MILWAUKEE – Questa è una storia di soldi e jet privati, filosofi come Renè Girard e teologi come sant’Agostino, tecnologia di Silicon Valley e politica di Washington, passato remoto e futuro prossimo, idee dimenticate e utopie dove l’Intelligenza Artificiale domina e la democrazia è ideologia per i pezzenti.
Quando l’ex presidente Donald Trump, martedì, ha nominato il giovane senatore J.D. Vance candidato vicepresidente, i delegati accalcati nella Panther Arena di Milwaukee, hanno cantato, applaudito e scandito le lettere J.D., James David, per il ragazzo povero nato col cognome paterno Bowman, abbandonato nel 2014 al momento del matrimonio, per quello materno Vance. Ma oltre i cori e le bande musicali era chiaro ai militanti con il cappello da cowboy, ai dirigenti negli hotel di lusso, ai parlamentari con i portaborse, che il partito repubblicano cambia strada perché Trump ha deciso che la sua avventura politica, nata per caso nel 2016, deve diventare storia, individuando in Vance il successore.
Nella notte di lunedì si è combattuta intorno all’ex presidente, bendato per l’attentato fallito in Pennsylvania, una guerra tra miliardari, dinastie e imperi media, con Rupert Murdoch, il tycoon di Fox eWall Street Journal, a pressare perché fosse vice il senatore Marco Rubio, mentre Peter Thiel, enigmatico fondatore di PayPal e Palantir, insisteva per Vance, mandando da ambasciatore l’ex conduttore Tucker Carlson, amico dei figli di Trump.
Non era solo duello Old Money- New Money, vecchi media e piattaforme social, Wall Street anti Silicon Valley, era braccio di ferro concluso con la vittoria dei ricchi che sognano per gli Usa un’oligarchia tecnocratica, diffidano di elezioni e Congresso, hanno Il Signore degli Anelli di Tolkien come saga epica e Donald Trump da cavaliere della loro distopia politica.
Thiel dice di avere letto e meditato Il Signore degli Anelli per dieci volte, amandolo perché non ci sono governi ma eroi immortali, e lui sogna infatti un farmaco per l’immortalità. Nel 2017 Thiel assume Vance come broker da Mithril Capital, mithril è metallo caro agli Hobbit di Tolkien, poi finanzia il fondo del futuro senatore, Narya Capital, Narya uno degli anelli magici dell’ubiquo feuilleton. Quando Vance, che ha accusato Trump di essere un “Hitler, tossico per il partito”, si pente, tocca a Thiel portarlo in aereo privato a Mar-a-Lago in Florida, a farsi perdonare. Perché, al contrario degli hobbit, i protagonisti di questa storia volano con jet personali, qui a Milwaukee atterrando a Mitchell Field o all’aeroporto Timmerman, e tocca a Carlson, con i soldi di Thiel e di Elon Musk, patron di X e Tesla che finanzia ogni mese Trump, volare a persuadere Trump.
In realtà Donald ha già deciso, «che occhi azzurri ha quel figlio di puttana di J.D. – confessa al figlio Donald jr.- e si veste meglio e perde peso adesso» – insomma è pronto per ilruolo: sarà il delfino di Trump, votato dai poveri senza laurea, sponsorizzato dai miliardari di Stanford University. Sul Guardian, il critico Evgeny Morozov denuncia l’avvento di una lobby tecnologica alla Casa Bianca, modello di sviluppo privo di trasparenza e controlli, Musk ha appena aperto una crociata contro l’Europa sulla condivisione dei dati online.
Le cose sono però più complesse. I miliardari che faranno corona al Trump II, se rieletto, hanno un’agenda articolata, da Joe Lonsdale di Palantir (una delle sfere di cristallo di Tolkien…), i gemelli Winklevoss, Palmer Luckey, fondatore dei droni Anduril (spada del solito Signore Anelli…), il fondo Andreesen Horowitz, Bill Ackman re degli hedge fund. Thiel si prende “una vacanza dalla democrazia”, limitandosi a proteggere Vance, ma l’utopia tecnocratica conta sul ticket Trump-Vance per la filosofia politica americana del XXI secolo.
Ateismo mistico per i ricchi, religione per i poveri, con Vance che nel 2019 si converte alla Chiesa cattolica, nella parrocchia di Santa Gertrude a Cincinnati, si cresima citando sant’Agostino e il suo esistenzialismo individuale e partecipa alle riunioni dei NatCon, conservatori intellettuali. Il manifesto è inedito, da Renè Girard, professore a Stanford di Thiel, si importano mito, memoria,identità, da Leo Strauss, di cui Thiel colleziona le prime edizioni, il culto autoritario dell’aristocrazia dei sapienti, con Curtis Yarvin, filosofo blogger ascoltato da Vance, a dettare la linea. «I democratici credono nel progresso, noi no. Noi sveglieremo la gente dal Truman Show dei media e di Washington, squali famelici. Noi siamo nazionalisti bianchi e non ce ne vergogniamo», salvo qualche precisazionetarda. Nei siti NatCon abbondano citazioni che, lanciate in campagna elettorale alzerebbero caos e proteste, «Nelson Mandela era terrorista peggiore di Anders Breivik», «la repubblica fa schifo, dobbiamo tornare a una illuminata monarchia, re e nobili al centro», «voto alle donne e stato assistenziale hanno rovinato gli Stati Uniti», mentre Yarvin, avvicinato a Trump dal consigliere in disgrazia Steve Bannon, è certo «dobbiamo scegliere, libertà o democrazia, insieme non stanno più» e il miliardario Balaji Srinivasan rompe gli indugi «Silicon Valley governi il paese!». Né Donald Trump, né J.D. Vance si faranno impigliare dai loro sponsor ricchi o dalle fole del Signore degli Anelli, troppo pragmatici e scaltri: ma la dinastia politica trumpiana è nata, questo è il suo albero genealogico, vedremo quanto durerà.