Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  luglio 16 Martedì calendario

Dall’inizio dell’anno 54 detenuti si sono tolti la vita, il 50% in più del 2023

ROMA – La media da inizio anno è di un suicidio ogni tre giorni. Ma il triste record è adesso: tre persone in tre giorni si sono tolte la vita in carcere. È successo negli istituti penitenziari di Verona, Monza e l’ultimo detenuto, un 37enne arrestato per rapina e che sarebbe tornato in libertà nel 2029, si è impiccato con un lenzuolo nella notte tra domenica e lunedì nel carcere di Venezia.
Secondo i dati del Garante nazionale dei detenuti, nel 2024 sono 54 le persone, con un’età media di 40 anni, che hanno deciso di uccidersi dietro le sbarre. Sbarre troppo strette per chi deve viverci ogni giorno, troppo affollate e prive, spesso, di spazi essenziali. E il caldo estivo sta trasformando le celle in luoghi ancora più disumani, dove i più fragili soccombono: sei nei soli primi quindici giorni di luglio.
Per l’Uilpa, il sindacato della polizia penitenziaria, i suicidi sarebbero ancora di più. Ne conta almeno 56 perché ci sono casi di carcerati che decidono di non mangiare e di non bere, chi per protesta, chi per lasciarsi morire. Sulla carta risultano deceduti per cause naturali e non tra coloro che hanno deciso di ammazzarsi. La differenza è sottile, mentre l’emergenza è altissima. Nei primi sei mesi e mezzo del 2023 i suicidi erano stati 37, significa che quest’anno sono aumentati del 50%. E ci sono anche molti casi in cui i detenuti hanno cercato di farla finita, ma la polizia penitenziaria ha evitato il dramma. Sono 800 a cui si aggiungono gli atti di autolesionismo.
Una condizione drammatica a cui il decreto denominato “Carcere sicuro”, approvato dal governo, non pone alcun rimedio, limitandosi a snellire semplicemente alcuni aspetti burocratici. Il testo ha già iniziato il suo percorso parlamentare dalla commissione Giustizia del Senato, la cui vicepresidente Ilaria Cucchi di Avs, insieme al Pd, chiede al ministro Carlo Nordio di riferire in Aula su questo «inferno in terra, indegno di uno Stato di diritto». L’eurodeputata Ilaria Salis, eletta con Avs, ricorda la sua storia vissuta in Ungheria: «Ho deciso di impegnarmi per portare fuori i vissuti di chi soffre nelle prigioni. Sono stata detenuta per oltre 15 mesi e ho fatto esperienza sulla mia pelle della logica punitiva e vendicativa del carcere».
Ieri i parlamentari di Italia Viva hanno visitato molti istituti penitenziari italiani, da Nord a Sud. A Roma si è unita anche una delegazione di +Europa. Sopralluoghi fatti alla vigilia del termine ultimo, fissato per oggi pomeriggio, per la presentazione delle proposte di modifica al decreto Carceri. Italia Viva ha depositato, sotto forma di emendamento, il testo a firma Roberto Giachetti che invece sarà discusso dall’Aula della Camera il 23 luglio.
Si chiede di elevare la detrazione di pena ai fini della liberazione anticipata da 45 a 60 giorni per ogni semestre di pena scontata, così da alleggerire il sovraffollamento delle prigioni, dal momento che oggi ci sono oltre 14 mila detenuti in più rispetto alla capienza. Le persone che devono scontare la loro pena in un carcere sono 61 mila a fronte di 51 mila posti ufficiali, che scendono a 47 mila se si considerano celle e padiglioni inagibili. È la fotografia di questi pozzi neri, dove le persone affidate allo Stato per scontare la loro pena vengono inghiottite.
A Palazzo Madama i senatori di Forza Italia, unico partito della maggioranza che si è detto sensibile al tema, rimangono piuttosto tiepidi. Presenteranno alcune proposte di modifica ma rimanendo nel perimetro del decreto, per evitare anche frizioni all’interno del governo. Discorso diverso alla Camera, dove gli azzurri hanno già aperto al testo Giachetti chiedendo di escludere dallo sconto di pena dei 60 giorni i reati di mafia, terrorismo, violenza sessuale e di genere. Una mediazione che può essere accolta, anche se la proposta di legge non avrebbe comunque i numeri necessari per essere approvata. Il vicepresidente della commissione Giustizia di Montecitorio, l’azzurro Pietro Pittalis, è convinto che «sia necessario trovare soluzioni immediate. Nelle carceri c’è unostillicidio continuo – dice – dobbiamo tenerne conto. La proposta del governo va nella direzione giusta ma richiede tempo, mentre oggi la realtà è drammatica». Il testo Giachetti, secondo alcuni calcoli, farebbe uscire dal carcere, a stretto giro, fra le tremila e le quattromila persone grazie allo sconto di pena maggiore per buona condotta. Una boccata d’ossigeno per luoghi dove manca l’aria.