la Repubblica, 16 luglio 2024
Otto anni all’attivista anti-Putin Gessen “Ha diffuso fake news su Bucha”
MOSCA – La giornalista e scrittrice Masha Gessen non è soltanto una delle osservatrici più acute sul suo Paese natale, la Russia, e sul suo presidente, Vladimir Putin, “l’uomo senza volto” della sua imprescindibile biografia. È anche tutto quello che il Cremlino mette all’indice: doppia cittadinanza – russa di nascita e statunitense d’adozione, non binaria e transgender, attivista per i diritti Lgbtq+ che Mosca ha vietato come “estremisti”, critica e indipendente, refrattaria a qualsiasi incasellamento. Ora, per la sua patria, è anche ufficialmente una criminale latitante. Ci voleva il conflitto in Ucraina, che in Russia si può chiamare soltanto “Operazione militare speciale”, per dare alla magistratura russa l’alibi per perseguirla. Dopo averla incriminata e inserita nella lista dei ricercati alla fine del 2023, ieri il tribunale moscovita di Basmannyj l’ha condannata in contumacia a otto anni di carcere per «aver consapevolmente diffuso informazioni false sul personale militare russo, motivate da odio politico», oltre a vietarle di amministrare siti web per quattro anni.
Il pretesto è stata la sua videointervista col giornalista russo Jurij Dud, oltre 10 milioni di follower su YouTube, l’ultima grande piattaforma occidentale accessibile airussi dopo il blocco di Instagram, Twitter e Facebook. Nel filmato di quasi due ore pubblicato nel settembre 2022 e da allora visualizzato oltre 6,6 milioni di volte, Gessen discuteva con Dud delle uccisioni e atrocità che l’esercito russo avrebbe commesso a Bucha, cittadina ucraina nei pressi di Kiev, durante la ritirata dalla regione nella primavera di due anni fa. “Fake news” per Mosca, già costate il carcere a decine di cittadini russi come il giornalista dell’edizione russa del quotidiano Forbes Sergej Mingazov arrestato lo scorso aprile o l’oppositore Ilja Jashin che dal dicembre 2022 sta scontando otto anni e mezzo in una cella di rigore della colonia penale di Smolensk. «Secondo le informazioni dello Stato maggiore russo, le notizie sull’omicidio di massa di civili da parte dei militari, accompagnato da casi di saccheggi, rapimenti e torture nel marzo 2022 nella città di Bucha durante l’Operazione militare speciale, non sono vere», recitava il decreto che ha avviato il processo contro Gessen lo scorso dicembre. Dal marzo 2022 all’aprile scorso, oltre 130 persone sono state accusate di aver violato la legge russa sui “falsi militari” per non essersi attenuta alle direttive della Difesa sul conflitto in Ucraina.
A differenza di Mingazov e Jashin, la cinquantasettenne, firma di punta del New Yorker e presto delNew York Times, autrice di letture irrinunciabili sulla Russia come Il Futuro è Storia, National Book Award per la non-fiction nel 2017 edito in Italia da Sellerio, non finirà dietro le sbarre. Gessen vive già da tempo negli Stati Uniti. Nata a Mosca, ma emigrata negli Stati Uniti all’età di 14 anni, era tornata nel suo Paese natio nel 1991 come reporter. La Russia, aveva detto in un’intervista a Repubblica, era «il posto più eccitante dove trovarsi»e il crollo dell’Unione sovietica «la storia più interessante da raccontare» per una giornalista. Non se n’era più andata. Col tempo era «diventata di nuovo nativa» e si era distinta come giornalista e oppositrice, ma dopo 22 anni è stata «costretta a tornare» negli Usa quando la Russia ha iniziato a imporre leggi restrittive contro la comunità Lgbtq+ che minacciavano la sua famiglia. «Le possibilità che io possa tornare in Russia sono piuttosto scarse», ha commentato lo scorso dicembre. «Questo ha un impatto significativo sulla mia vita e, in un certo modo, sul mio giornalismo. Ma ci sono anche un sacco di Paesi in cui per me ora sarà pericoloso andare». Vale a dire, tutti i Paesi che hanno trattati di estradizione con la Russia come le ex Repubbliche Sovietiche, Indonesia, India e Thailandia. È un destino che accomuna Gessen a centinaia di altri intellettuali e oppositori russi inseguiti in esilio da mandati di cattura o condanne o bollati come “agenti stranieri” o “estremisti” al pari di terroristi di Al Qaeda e Isis soltanto per essersi opposti all’offensiva in Ucraina. «Traditori» e «feccia» per Vladimir Putin che, disse nel marzo 2022, andrebbero «sputati come si fa con un moscerino volato accidentalmente in bocca».