6 agosto 2018
Oggi 178 - Isis
La storia di Jay e Lauren, i fidanzati di Washington partiti in bicicletta dalla punta dell’Africa e arrivati in Tagikistan, ha riportato in prima pagina l’Isis...
Una storia tremenda. Volevano fare il giro del mondo, convinti che l’umanità fosse buona.
Avevano 29 anni. Stavano pedalando con altri due ciclisti, una Daewoo li ha superati, poi ha fatto una conversione a U e gli è andata addosso, ammazzandoli tutti e quattro. Due giorni dopo è uscita su internet la foto degli assassini che rivendicavano la strage «degli infedeli» a nome dell’Isis.
Quindi l’Isis esiste ancora.
Esiste, ma è in difficoltà. Una prima sconfitta - e grave - è proprio la scomparsa dalle prime pagine: l’eco mediatica era essenziale per il Califfo, grazie alla risonanza che avevano le sue imprese Al Baghdadi puntava alla conquista del mondo islamico. Non dimentichiamo che la vicenda dell’Isis è prima di tutto una guerra interna all’Islam, non solo tra fondamentalisti e moderati ma soprattutto tra concezioni concorrenti di fondamentalismo e terrorismo. Tra i nemici di Al Baghdadi c’è Al Qaeda, la formazione di Osama Bin Laden. In Iraq la guerra degli attentati e dei kamikaze continua: a un massacro programmato da uomini (o donne o bambini) dell’Isis si contrappongono altrettante stragi compiute dai talebani, che un tempo rifuggivano da queste pratiche. Il nuovo governo iracheno di Moqtada al Sadr promette una guerra senza quartiere al terrorismo. Ai primi di luglio in Iraq è cominciata la costruzione di un muro di venti chilometri al confine con la Siria che dovrebbe servire a rendere sempre più difficili le infiltrazioni degli uomini neri.
In Siria sono stati sconfitti una volta per tutte?
Chi sa. Al Baghdadi sarebbe ancora nascosto proprio in qualche ridotta siriana non ancora riconquistata. Quaranta giorni fa s’è saputo della morte di suo figlio Huzheifah Al-Badri. Si sarebbe fatto esplodere vicino a una centrale elettrica tra Homs e Deir ez-Zour.
E in Libia?
L’Africa sarebbe il nuovo terreno di lotta dei jihadisti. In Libia gli fa la guerra il generale Haftar, padrone della Cirenaica, sostenuto da francesi e avversato da italiani e americani. Macron e Haftar vorrebbero che la Libia tornasse al voto entro il 10 dicembre. Una grande occasione per il terrorismo islamico di riconquistare le prime pagine di tutto il mondo.