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 2018  gennaio 01 Lunedì calendario

Oggi 145 - Maestri

Lunedì, al primo giorno di scuola dopo il rientro delle vacanze, i maestri diplomati delle scuole dell’infanzia e primarie hanno scioperato contro la sentenza del Consiglio di Stato, pronunciata in adunanza plenaria, che li ha esclusi dalle graduatorie a esaurimento, le cosiddette Gae.

Come mai bastava un diploma per insegnare?

A dire il vero è dal 1990 che una legge, la 341, prevede che per aver accesso alle graduatorie è necessaria una laurea in Scienze dell’educazione primaria. Peccato però che i corsi furono attivati solo a partire dal 1999. Per rimediare al pasticcio, nel 1997 fu emesso un decreto che rese idonei ai concorsi anche i diplomati fino al 2001-2002, anno in cui vennero chiuse le magistrali. Da allora molti dilomati delle magistrali per entrare in graduatoria hanno fatto ricorso al Tar e l’hanno vinto. In questi anni cinque sentenze del Consiglio hanno dato ragione ai maestri, ma ora la sentenza definitiva sostiene che il diploma è sì abilitante, ma non sufficiente per il posto fisso.

E adesso che succederà?

Circa 6.000 maestri diplomati assunti con riserva – ovvero con una clausola vincolata all’esito della Plenaria – torneranno a fare i supplenti e altri 43.500, che da anni cercano di scalare le graduatorie per ottenere una cattedra di ruolo, restano a mani vuote. Ma non è ancora finita.

Perché?

Be’, se da una parte ci sono i 6.000 che rivendicano i loro posto, dall’altra ci sono 26.000 diplomati delle magistrali che sono entrati in graduatoria con la laurea o superando i concorsi. Costoro, in questi anni, hanno protestato duramente per essere stati scavalcati dai colleghi inseriti nelle Gae a colpi di sentenze amministrative. Ora i sindacati chiedono «una soluzione politica in grado di ricomporre i diritti di tutti».

E il governo?

Prende tempo. La Fedeli aspetta il parere dell’avvocatura dello Stato. «Poi, dice, convocheremo le parti e troveremo le soluzioni equilibrate per i diversi interessi in campo e per le diverse situazioni in essere». Difficile che si riesca ad accontentare tutti.