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 2024  luglio 15 Lunedì calendario

L’Intelligenza Artificiale piace ai più giovani ma la destra ha paura che ci rubi il lavoro


Viviamo nel tempo dell’intelligenza artificiale. Che attribuisce importanza crescente alle nuove tecnologie. Ormai non più nuove. Perché i telefoni cellulari e i pc sono divenuti abitudini, normalità. Non certo novità. Tuttavia, l’idea di affidarsi a tecnologie non controllate direttamente da noi continua a generare inquietudine. Quando si tratta di “guidare” strumenti e mezzi (media) che partecipano alla nostra vita quotidiana. Le auto, i mezzi di trasporto, le nostre pratiche di lavoro. E, a maggior ragione, i metodi e i canali di informazione. Gli strumenti dell’intelligenza artificiale hanno, infatti, contribuito a far confluire l’organizzazione e la partecipazione politica nella “comunicazione”. Soprattutto attraverso la rete. Il digitale. Senza mediazioni e senza mediatori. In modo “immediato”, più che “diretto”.
Promuovendo una sorta di “democrazia immediata”. Che ha spostato il “principio del consenso” verso “il dissenso”. Perché il confronto diretto con i cittadini è più facile e immediato quando ne riproduce il dissenso. Il risentimento. Così negli ultimi15 anni, in Italia, si sono affermati partiti che hanno giocato la parte degli antipartiti. Personalizzandosi. Dal M5S alla Lega di Salvini fino a FdI di Giorgia Meloni. Unico partito, fino a quel momento, fuori da ogni maggioranza di governo. Senza dimenticare Forza Italia, che Silvio Berlusconi ha fondato e personalizzato attraverso le sue televisioni. E lo stesso Pd. Tradotto, per un breve periodo, nel PdR. Il Pd di Renzi.
Ma l’intelligenza artificiale e, in particolare, la tecnologia non caratterizza solo la politica. Orienta le nostre abitudini. Il nostro sguardo. I nostri comportamenti. I dati del sondaggio condotto da Demos per Repubblica, in particolare, permettono di chiarire questo aspetto e di precisare l’impatto della tecnologia sul lavoro. Che è alla base della vita pubblica, sociale. E personale.
I risultati dell’indagine dimostrano, anzitutto, come in meno di un decennio, per la precisione: dal 2017ad oggi, l’immagine delle tecnologie sia sensibilmente migliorata agli occhi degli italiani. La quota di coloro che le vedono come un fattore “deleterio”, in particolare, per il lavoro e,in senso più ampio, per l’economia, è sceso, infatti, dal 50 al 35%. E costituisce, dunque, una quota minoritaria, per quanto ampia, della popolazione. Perché quasi i due terzi dei cittadininon appaiono preoccupatidel problema.
Le componenti che appaiono più lontane da questa visione e, quindi, meno inquiete per gli effetti dell’intelligenza artificiale sulla vita e sulla condizione di lavoro sono i più giovani, con un livello di istruzione più elevato. In altri termini, coloro che appartengono alla “generazione E”, come li abbiamo definiti di recente, per sottolinearne l’apertura verso l’Europa. E il mondo. Quindi, gli studenti, insieme ai liberi professionisti. Le persone più istruite. Coloro che hanno maggiore competenza e confidenza con questi strumenti.
Oppure, al contrario, le componenti “marginali”, come i disoccupati, alla comprensibile ricerca di soluzioni alternative per cambiare la loro condizione attuale. Mentre i timori più evidenti pervadono i lavoratori autonomi, gli operai, i pensionati. Categorie preoccupate dall’avvento di innovazioni poco compatibili con la loro attività. E con le loro competenze.
Sul piano politico, invece, la distinzione appare chiara. Il sondaggio di Demos per Repubblica, infatti, dimostra come la base del centrodestra risulti molto preoccupata da queste innovazioni. In particolare, gli elettori di Lega, FdI e FI. Ma un sentimento di inquietudine diffuso pervade anche gli elettori di Stati Uniti d’Europa e, in misura minore, di Azione.
Mentre indici più ridotti si osservano fra gli elettori vicini al centrosinistra e a sinistra. I quali mostrano meno paura dell’intelligenza artificiale. Perché sono maggiormente insediati nei centri urbani. E, quindi, hanno più confidenza con la tecnologia – dunque, presumibilmente con l’intelligenza artificiale – che caratterizza maggiormente queste aree. Mentre le categorie “più periferiche”, che abitano nelle “periferie”, considerano le tecnologie come un problema reale. Perché hanno difficoltà a percepirne e controllarne gli effetti. In aree dove il lavoro costituisce un problema crescente.
Si tratta, in effetti, di un rischio reale, perché potrebbe rendere queste aree territoriali e sociali ancor più periferiche. E, anzi, marginali. Tuttavia, come insegnano le vicende degli ultimi anni, tutto cambia in fretta. E gli equilibri politici, in particolare, si possono rovesciare in breve. Modificando anche le posizioni e i rapporti nella società. Tanto più di fronte a eventi drammatici come l’attentato a Donald Trump, che oscura ogni altro avvenimento.
Tuttavia, conviene osservare e controllare queste tendenze “tecnologiche” – di lunga durata – con attenzione. Senza dare nulla per scontato. Perché sarebbe “poco intelligente”.