la Repubblica, 14 luglio 2024
In morte di Dr. Ruth
NEW YORK – La donna che per quarant’anni ha svelato agli americani tutto quello che avrebbero voluto sapere sul sesso e osavano chiedere solo a lei, è morta venerdì a Manhattan. Karola Ruth Westheimer, nata Siegel, aveva 96 anni ed era l’unica sopravvissuta all’Olocausto di una famiglia ebrea di Francoforte, Germania. Poco prima di essere deportati ad Auschwitz, i genitori la spedirono infatti in Svizzera: dove si mantenne facendo le pulizie nell’orfanatrofio dov’era approdata. Un’esperienza devastante, che superò dandosi come missione l’insegnare agli altri a vivere meglio: «Non essere stata uccisa dai nazisti mi obbliga a lasciare un segno nel mondo. Per questo parlo di sesso da mattina a sera».
Psicologa e terapeuta, Dr. Ruth, come tutti la chiamavano, divenne un’icona pop nel 1980: quando, a 50 anni, le fu affidato un programma radiofonico sul canale Wyny dal titolo esplicito: “Sexually speaking”, sessualmente parlando. Certo, la rivoluzione sessuale era avvenuta 20 anni prima: la strada aperta dalle ricerche del dottor Alfred Kinsey e dalle consulenze di Helen Singer Kaplan, pioniera delle terapie sessuali e sua mentore. Ma in quegli anni segnati dalla grande paura dell’Aids le risposte di Dr. Ruth a questioni intime rivoltele per lettera, nel corso di una trasmissione di appena 15 minuti dopo mezzanotte, fecero di lei la sessuologa più ascoltata d’America. Sempre pronta a parlare con franchezza di omosessualità e contraccettivi, masturbazione e fantasie erotiche, senza limiti: «Ciò che fanno adulti consenzienti nella privacy delle camere da letto è ben fatto», ripeteva col suo accento tedesco, mai perso in mezzo secolo di vita americana, con cui spiegava pure i misteri dell’orgasmo femminile, rassicurando gli uomini che no, per raggiungerlo le dimensioni non contano. Dalla radio, i suoi consigli approdarono in tv e, con 20 saggi sul tema, conquistarono le librerie. Regina dei talk, onorata perfino da un’imitazione alSaturday Night Live.
Alta appena un metro e quaranta, i capelli sempre cotonati e non giovanile venne ferocemente descrittadalWall Street Journal come «un incrocio fra Henry Kissinger e un canarino». Eppure proprio a quel suo aspetto doveva il suo successo: «Se fossi giovane e carina, una bionda alta, tutta minigonne e scollatura, non funzionerebbe», sostenne. Insistendo sull’unicità della sua missione: «Promuovo l’alfabetizzazione sessuale in un’epoca di libertà senzaprecedenti». Nella vita, d’altronde, aveva molto amato. «Persi la verginità in un fienile con un soldato israeliano», raccontò parlando di David, il primo marito. Si era poi trasferita a Parigi, dove aveva avuto una figlia, Miriam, col francese Daniel, secondo marito. Ma solo a New York aveva incontrato l’amore: l’ingegnere delle telecomunicazioni Manfred Westheimer, conosciuto nel 1961 sulle piste da sci dei monti Catskills, ebreo tedesco riparato in America anche lui, alto appena 10 centimetri più di lei e da cui ebbe un altro figlio, Joel. Quando morì, nel 1997, gli rese un affettuoso tributo, a modo suo, naturalmente: «Gli sciatori sono grandi amanti. Non passano la vita davanti alla tv, corrono rischi e muovono il sedere».
A novembre era stata nominata dalla governatrice di New York Kathy Hochul “ambasciatrice della solitudine” della Grande Mela: ruolo da lei stessa ideato, per «aiutare i newyorkesi ad affrontare il crescente problema dell’isolamento sociale». Un modo per ridefinire una vita intera: «Come terapista non mi sono occupata tanto di sesso, quanto di solitudine».