Corriere della Sera, 14 luglio 2024
Intervista a LMDV
Prima il beverage, poi i ristoranti con la Triple Sea food e il marchio Vesta, quindi l’immobiliare a Milano e le partecipazioni in aziende italiane da portare nel mondo, nomi come Fiuggi e Leone Film. Classe 1995, quartogenito del fondatore di Essilux, Leonardo Del Vecchio racconta la sua LMDV Capital: «In 18 mesi abbiamo investito circa 170 milioni nelle imprese italiane, con un impegno complessivo che arriva a 220 milioni per sostenere queste realtà – una trentina di partecipazioni in tutto – nel percorso di crescita. Il filo rosso degli investimenti sta nel supporto delle aziende del made in Italy per farle diventare più grandi sui mercati internazionali», dice Del Vecchio il cui impegno principale resta Essilux di cui è responsabile delle strategie globali nonché azionista attraverso la cassaforte di famiglia Delfin di cui possiede il 12,5%. Dopo una stagione di acquisizioni, ora il suo family office «entra nella seconda fase».
Di cosa si tratta?
«Dopo l’organizzazione del family office, l’arrivo come ceo di Marco Talarico, ex Ubs e Kairos, e altri giovani manager come il direttore generale Luigi Mascellaro da PwC e Paolo Altomare dal private equity, passiamo da una fase tattica, con i primi investimenti, a una più strategica. In diciotto mesi, abbiamo puntato circa 220 milioni, in un mix di equity e linee di finanziamento bancario. Ora è venuto il momento di apportare alle imprese nelle quali abbiamo investito le nostre capacità per traghettarle in una fase più matura se sono startup come Triple Sea food con i suoi ristoranti e come il food & beverage, oppure sostenere i loro piani industriali. Dal distretto di Brera a Vesta a Portofino e Marina di Pietrasanta, abbiamo aperto cinque ristoranti in meno di due anni e ora guardiamo a Londra e New York ma anche a Roma e Firenze. Mio padre diceva sempre che bisogna investire nei Paesi che si conoscono a fianco di soci locali. Poi c’è Fiuggi che potrebbe trovare combinazioni commerciali e industriali con Boem, la startup di bevande ready to drink. In Leone Film abbiamo rilevato una quota per investire sulle produzioni italiane e portarle nel mondo. Mentre l’1% dell’Ima – abbiamo investito 50 milioni – è una partecipazione finanziaria in un’azienda straordinaria, un campione, che è un po’ il modello di quello che vorremmo costruire: imprese italiane familiari che diventano protagoniste sui mercati mondiali».
In Europa e negli Usa ci sono grandi family office di dinastie industriali che hanno anche stretto alleanze per gli investimenti..
«I club deal con altre realtà come la nostra anche hanno senso se si possono mettere a fattor comune le competenze e condividere il rischio. In questa fase vorremmo creare un network di manager giovani che può guidare la crescita delle partecipate, soprattutto se sono startup. Siamo un investitore strategico che non ha scadenze urgenti. Riceviamo chiamate da grandi private equity internazionali che ci sollecitano a investire nelle loro fondi. In parte lo facciamo ma preferiamo dialogare direttamente con gli imprenditori, capire le loro esigenze. Come family office possiamo anche offrire opportunità ai giovani che a volte nelle grandi strutture non riescono ad esprimere le loro potenzialità».
Le risorse investite vengono tutte dai dividendi Delfin del passato?
Giovani talenti
Offriamo opportunità
ai giovani che a volte nelle grandi strutture non riescono a esprimere le loro potenzialità
«Si, per ora ci siamo basati sulla liquidità che arriva dalla cassaforte, utili che per il 50% vengono dagli investimenti in Generali e in Mediobanca. Con LMDV Capital ho deciso di diversificare il mio tempo e mettere a frutto quanto ho imparato in Essilux. Penso che nel giro di qualche anno queste partecipazioni genereranno flussi di cassa e il mio family office potrà alimentare i suoi investimenti, diventare autonomo».
Neanche durante la scorsa assemblea di Delfin è stato raggiunto un accordo tra gli eredi. C’è stata quindi una distribuzione minima dei dividendi: il 10% degli utili, come da statuto, peraltro già anticipati..
«L’assemblea era un’altra delle tante occasione che si presentava agli eredi per chiudere l’accordo ma ognuno ha i suoi tempi, si farà più avanti. Ci sono volontà diverse: c’è chi vuole modificare lo statuto e cambiare le regole, c’è chi ha già trovato un ruolo e chi deve ancora farlo. D’altronde non c’è più una sola persona che guida, siamo in otto e le cose non possono funzionare con una maggioranza dell’88% per tutte le decisioni. È anche vero però che della successione resta aperta solo la parte dei legati che vale l’1,5% di un’eredità di 40 miliardi. Essilux rappresenta l’80% del net asset value di Delfin e l’80% del mio impegno lo dedico alla multinazionale. Sono presidente in Italia della Fondazione OneSight EssilorLuxottica, con la Comunità di Sant’Egidio lavoriamo su un bellissimo progetto».
Si vede un giorno al vertice di Essilux?
«Solo se me lo dovesse chiedere Francesco Milleri e i miei fratelli fossero d’accordo».