La Stampa, 12 luglio 2024
La Madonna di Benigni
Non ci posso credere, sono laureato in Belle arti! Ho detto, ma che posso dire all’Università di Notre Dame, per cui veramente ho un’ammirazione, per questa università immensa, e vorrei venire a trovarvi nell’Indiana una volta. Veramente, mi piacerebbe tanto, mi piacerebbe tanto. So che è bellissima. E ho detto: che posso dire ora, sono laureato in Belle arti e all’Università di Notre Dame, Nostra Signora, non ci rimane che parlare della Nostra Signora nelle belle arti, della Madonna. E io vorrei parlarvi veramente della Madonna in tre momenti, perché la Madonna, Notre Dame, è vita, dulcedo et spes nostra.
Ed è una cosa bellissima essere qui, a parlare della Madonna, ma chi se lo sarebbe mai aspettato! È una cosa bellissima! Vi racconto tre cose della Madonna, veramente brevi brevi. Io sono nato in provincia di Arezzo, in Toscana, vicino a Monterchi, ma la mia famiglia veniva da Sansepolcro, il luogo di Piero della Francesca. E allora c’era a Monterchi una sua opera. Quando mia mamma era incinta, che mi stava aspettando, aveva paura, non aveva da mangiare. Non poteva mangiare niente, era poverissima, ma una povertà, veramente una povertà aristocratica. Non ho mai visto io una principessa come la mia mamma. Così tutta la mia vita nella povertà. Mangiava solamente cocomero, anguria, non aveva nient’altro da mangiare e aveva paura che il parto andasse male. Allora le sue amiche le hanno detto «Vai a pregare a Monterchi», alla chiesa – mi sono scordato il nome! – la Momentana! Nella chiesa di Santa Maria della Momentana c’è una Madonna che fa dei miracoli, ma proprio forte forte forte, ed è la Madonna del parto di Piero della Francesca, niente meno, si fa per dire, a Monterchi. Io poi ho tentato quell’affresco di rubarlo tutta la vita. Sono andato a vederlo, sono svenuto per la bellezza: con il ventre, qui c’è la veste strappata, la mano… e sono andato a vederla spesso io. Il parto è andato bene; fisicamente il parto è andato bene.
Io non so poi, se con quello che è nato, il miracolo è riuscito al cento per cento, però la Madonna le ha fatto fare un parto bellissimo. Quando sono andato a vederla, la cosa incredibile è che su quel volto non c’è niente di regale, è proprio una, diciamo, dolcissima bellezza giovanile… come la mia mamma. È diventata unica e universale quella Madonna lì. È diventata la mia personale Madonna universale.
Non potevo fare a meno di andare a guardarla. Quante volte sono andato a vederla! Le hanno cambiato luogo, ma quella Madonna è rimasta nel mio cuore. È proprio una Madonna talmente umana, talmente umana, che era quasi “atea”, nel senso di Dio – che era talmente umana che non c’è posto per il divino, come se fosse proprio la mia mamma. Uguale identica, la sua faccia, perché Piero della Francesca era di quel luogo e disegnava le donne di quel luogo, e la mia mamma era di quel luogo.
E quindi, io la Madonna del parto l’ho avuta sempre nel mio cuore, è proprio la mia mamma, la mia personale Madonna universale! La seconda Madonna che ho visto, l’ho vista a Roma – una di quelle che sono rimaste nella mia vita – alle Scuderie del Quirinale: è la Madonna dell’Annunciazione di Recanati di Lorenzo Lotto: mamma mia, quanto mi è piaciuta anche quella! Perché ho visto per la prima volta la Madonna turbata, la Madonna che ha paura. Un quadro memorabile! Ma una cosa, che io sono rimasto! Per dire la rivoluzione che ha fatto la Madonna, diciamo, per le donne nel mondo. Si parla del femminismo, ma la Madonna quello che ha fatto per il femminismo! Il pensiero filosofico non è andato in profondità sulla rivoluzione straordinaria che ha fatto la Madonna, mentre le arti figurative sì. Ecco i quadri sì, sono andati al di là del pensiero filosofico. Voi immaginate questa Madonna, il suo sì, quando ha detto il sì, il fiat, l’eccomi limpido come quello di Abramo. L’Annunciazione ha cambiato il mondo totalmente. Poi con le arti figurative solo donne si rappresentavano, ma quello che ha fatto, alcuni papi, non ricordo il nome di chi ha deciso che dopo che la Madonna aveva detto «Sì, eccomi!» all’Annunciazione, tutte le donne dovevano dire sì al matrimonio, che prima non lo dovevano dire. È un papa di cui non ricordo il nome. Voi mi direte: ma come, ti danno il dottorato, e non ricordi il nome del papa? È da stamattina che ci penso, ma non mi viene in mente. È uno dell’epoca di Gregorio VII, o Leone II, decise che le donne dovevano dire sì. E in quel quadro di Lotto si vede la Madonna – se lo avete in mente, perché è famosissimo – che fa così, quasi che abbia paura… incredibile! Quel sì non è scontato, non è banale. È un sì sofferto, sentito, ci ha pensato.
È come se dicesse «Oh, Signore, proprio a me questa cosa?» – all’Annunciazione – con Dio dietro, con le mani così, congiunte, che sembra che si tuffi su di lei; non vede l’ora di avere quella donna, che gli dica sì. Oppure con le mani quasi rivolto in preghiera che dica il Signore: «Ti prego, dimmi sì!». È un quadro incredibile. Quello con il gatto. Ricordate? C’è anche un elemento ironico, è anche ironico quel quadro. E la Madonna che volta le spalle al Signore e quel sì, dico quel sì che ha rivoluzionato la storia del mondo, di tutti noi, di tutta la nostra vita, ci fa vedere che non è che sia andato a casa di Gioacchino e Anna e abbia detto loro «Guardate, mi hanno fatto questa proposta» – no, ha deciso lei, con sofferenza, e ha deciso per il sì! Una cosa incredibile, il sì della Madonna che ha cambiato il mondo. È un quadro straordinario. E il terzo incontro con la Madonna nelle Belle arti riguarda una volta che ero al festival di Berlino, nella giuria per il cinema, avevo un giorno libero e allora l’ho preso per andare a vedere la Madonna Sistina di Raffaello a Dresda. Quello è stato un momento che non si può descrivere, avevo letto il libro di Vassilij Grossman, ma non si può…
Quando si vede quella Madonna di Raffaello io veramente, dico a tutti voi, è un quadro che quando si arriva lì davanti si ha subito presente una cosa: che siamo immortali, che la vita non finirà mai. Siamo davanti a un’opera – subito si ha quell’impressione – che se anche finisse il mondo, e l’umanità non ci fosse più, andrebbero gli animali, i topi, i cavalli, a vedere questo quadro. È un quadro immenso, incredibile! Io ho avuto un’emozione quando mi avvicinavo. Tra l’altro avevo l’impressione che la Madonna si avvicinasse. Ed è l’unico quadro al mondo che fa questa impressione, che il soggetto del quadro si muove verso di te, col bambino in mano. E ho visto una cosa irripetibile, quello è – credo – l’apice, il punto più alto della storia dell’arte nella storia dell’umanità. È un quadro insuperabile. La faccia della Madonna e del bambino sono serene, invincibili, immortali nella loro serenità.
Una forza prodigiosa e quieta si sprigiona. Proprio la gioia di essere creature vive in questo mondo, non so se ve lo ricordate, ma guardate, è un quadro immenso quel quadro lì! Ed è immortale veramente; loro sono sereni perché sanno che nemmeno la morte vincerà. D’altra parte, il cristianesimo, la religione cristiana è l’unica religione al mondo, diciamo, che si basa sulla risurrezione dei corpi. L’unica.
E io sono contento di questo – ci ho sempre creduto – perché ho visto che siccome la nascita è stata una sorpresa, non vedo perché la morte non potrebbe essere una sorpresa ancora più grande. Mi è sempre piaciuta questa cosa. E in questa Madonna Sistina del Raffaello, ho visto questo: proprio il non aver paura nemmeno della morte. È incredibile la grandezza di questo quadro. E allora mi è venuto in mente che il pensiero davvero non è mai arrivato alla profondità della figura della Madonna a cui sono arrivate le arti figurative; non ci è arrivata la filosofia e ci è arrivata l’arte figurativa e anche la poesia di un altro italiano che è Dante Alighieri, che ha descritto, con la stessa grandezza della Madonna Sistina di Raffaello – sono le due opere insuperabili al mondo sulla Madonna – con quella poesia che è anche una preghiera al tempo stesso, insuperabile, ho avuto la stessa emozione quando l’ho letta di quando ho visto la Madonna Sistina di Raffaello. E se voi avete pochi secondi di tempo, ve la ripeto, perché non posso farvi vedere questi quadri di cui ho parlato – ma tutti li conoscete – ma vi posso far sentire, con la fortuna di farvelo sentire nella lingua in cui il poeta l’ha scritta, le sette terzine del nostro Dante Alighieri alla Vergine Madre: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio,/ umile e alta più che creatura,/termine fisso d’etterno consiglio,/ tu se’ colei che l’umana natura/ nobilitasti sì, che ’l suo fattore/ non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore,/ per lo cui caldo ne l’etterna pace/ così è germinato questo fiore./ Qui se’ a noi meridiana face/ di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,/ se’ di speranza fontana vivace./ Donna, se’ tanto grande e tanto vali,/ che qual vuol grazia e a te non ricorre/sua disianza vuol volar sanz’ali./ La tua benignità non pur soccorre/ a chi domanda, ma molte fiate/ liberamente al dimandar precorre./ In te misericordia, in te pietate,/ in te magnifi cenza, in te s’aduna/ quantunque in creatura è di bontate». —