Corriere della Sera, 12 luglio 2024
Intervista a Pilar Fogliati
Pilar Fogliati porta a spasso, col quel talento che abbiamo scoperto da poco, la sua poetica svagatezza, e racconta le sue fragilità con ironia. C’è tutto il senso di precarietà, il ballare su una sola gamba dei 30enni di oggi nel doppio impegno di Pilar Fogliati a Taormina: stasera riceverà il Nastro d’argento come migliore attrice di commedia per Romeo è Giulietta di Giovanni Veronesi, e il 19, al Festival, presenta Finché notte non ci separi di Riccardo Antonaroli.
Pilar, sono due film generazionali?
«Per Giovanni, ho interpretato una giovane attrice bocciata al provino come Giulietta che si trucca da uomo per mostrare al bisbetico regista il suo talento, come Romeo. Io più mi allontano da me e più sono felice. Per ritrovarsi bisogna uscire da sé stessi».
Nell’altro film invece siete mano nella mano, pronti a godervi la luna di miele. E cosa succede?
«Lì faccio coppia con Filippo Scicchitano, il giorno di nozze: cosa si fa appena sposati, cosa si prova quando si è detto sì per sempre? Entriamo mano nella mano nell’albergo più lussuoso, e veniamo catapultati in una Roma misteriosa, tra biglietti di ex, gelosie, in cerca di qualcosa, forse di noi stessi. C’è la difficoltà di aver capito quel sì per sempre».
È un bel rompicapo...
«I 30enni hanno l’ossessione del capirsi, per cui risulta difficile sacrificare qualcosa al proprio bisogno personale. Precari nel lavoro e negli affetti. C’è difficoltà a sposarsi e avere figli, è quello che accade nel nostro film. C’è la precarietà delle scelte, forse perché la maggiore libertà e possibilità, crea confusione».
E lei è insicura?
«Sì, non so esattamente chi sono e dove voglio andare. Guardo fuori per capirlo e questo è l’errore. Mi faccio aiutare da uno psicologo. In me convivono Apollo e Dioniso. Ho il look di Miss camicetta pulita e mi tengo stretta i miei lati coatti. Vivo di contraddizioni. Ho aspetti raffinati che rispecchio nelle mie cose trash, ma se devo fare la lista non mi viene».
Fisicamente, era insicura di qualcosa?
«Oh sì, delle mie orecchie a sventola. Le nonne parlano dritto e la mia mi diceva: saresti bellina con le orecchie normali, te la pago io l’operazione, rifatti le orecchie... Ho superato tutto, ora mi faccio anche la coda».
E le sono venuti altri complessi?
«Sì, di carattere. A volte non riesco a dire quello che penso, oppure sono prolissa, è una forma di timidezza, cerco di coprire i silenzi. Ma dietro la mia spontaneità c’è inquietudine, la avverto quando potrei stare zitta e riempio i vuoti a tutti i costi. Mi sento Miss Marple da giovane: perbenino ma con un lavoro meno elegante di dire cose sconvenienti. Torniamo al discorso delle camicette».
Com’è stata la sua adolescenza?
«Dai 9 ai 17 anni sono cresciuta in campagna, a Mentana, perché mio padre ha il pollice verde. Orto e animali. Cavallo, asino, galline, agnelli, conigli. Non l’ho vissuto benissimo quel periodo. Andavo a scuola a Roma e dopo la classe dovevo tornare a casa, che era fuori Roma. Mai il tempo di un gelato con le amiche. Ero una vagabonda che dormiva a casa loro».
Perché ha fatto l’attrice?
«Andavo male a scuola e mia madre per punirmi, visto che le lezioni erano il venerdì e il sabato, mi iscrisse a una scuola di recitazione. Da lì l’Accademia d’arte drammatica, e i video che sono diventati virali dove sottolineo le differenze dialettali di quattro ragazze: la borghese arricchita e quella di lungo corso, la radical chic, la paesana. Li vide Carlo Verdone che mi fece un sacco di complimenti, abbiamo girato un video insieme; poi Veronesi mi disse di approfondire quei ritratti ed ecco il film Romantiche».
È la Jasmine Trinca della commedia.
«Questa me la segno, mi piace. Ma ai provini sono più i no che i sì. Quello che mi ha più fatto soffrire, dove ci ho lasciato tante lacrime, è per Notti magiche di Paolo Virzì. Ma era giusto così, ho la faccia troppo sana per quel personaggio».
Cosa ha pensato della clamorosa lite pubblica tra Virzì e la sua ex moglie Micaela Ramazzotti?
«Non mi piace giudicare, dico solo che sono stati creativi anche lì».
È tecnologica?
«Sono ossessionata dalle novità del momento, mia sorella di 17 anni è una fonte di ispirazione. Mi piace come cambia il linguaggio. Ieri mi ha insegnato cringe, cioè l’imbarazzo che si crea quando uno vuol fare il simpatico e non gli riesce».