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 2024  luglio 12 Venerdì calendario

Tutti gli uomini che hanno lasciato il presidente

 
Scrittori come Stephen King, grandi finanziatori democratici come Abigail Disney che ha ereditato le fortune della «fabbrica dei sogni» creata da Walt Disney, attori (da Michael Douglas a John Cusack), opinionisti (da Tom Friedman a Nicholas Kristof, fino all’intero board di direzione del New York Times): tutti a chiedere a Joe Biden un passo indietro. E, negli ultimi giorni, il malessere da tempo diffuso ma espresso in modo anonimo dai politici democratici ha cominciato a tracimare con deputati di peso (da Adam Schiff a Jerry Nadler) e senatori (Peter Welch del Vermont) che hanno auspicato l’uscita di scena di Joe Biden. Con la ex speaker della Camera, Nancy Pelosi, da sempre vicina e ascoltata dal presidente, che ha scelto un modo più sottile per spingere Biden a rivedere le sue posizioni: mentre il vecchio leader democratico reagiva con rabbia alle pressioni che gli vengono dal partito, lei prima ha giudicato legittimi i dubbi espressi da molti sulla salute del presidente, poi lo ha invitato a riflettere su quanto accaduto nelle ultime settimane, promettendogli il suo appoggio qualunque cosa decida: andare avanti o ritirarsi. 
A fare più sensazione, nelle ultime ore, è stato l’invito perentorio di George Clooney: «Ti amo, sei stato un grande presidente ma ora abbiamo bisogno di un altro candidato». La sortita di Clooney colpisce non tanto per la sua notorietà e per il suo intenso impegno politico a sinistra, ma per altri due motivi: solo pochi giorni prima del disastroso dibattito televisivo con Trump, Clooney era stato protagonista in un fundraising a Hollywood per Biden, del quale l’attore si definisce grande amico. Nelle foto di quella sera è ripreso, insieme a Julia Roberts, tra Biden e Barack Obama. L’altro motivo è che, secondo Politico, Clooney avrebbe fatto leggere all’ex presidente l’articolo su Biden che aveva scritto, prima di mandarlo al New York Times. E Obama non avrebbe fatto nulla per fermarlo. 
Ed è proprio sull’ex presidente democratico che sono ora accesi molti riflettori: dopo il confronto televisivo con Trump, Obama fu il primo a ribadire il suo sostegno a Biden affermando che «giornate negative nei duelli presidenziali possono capitare, ne so qualcosa pure io» (Barack perse malamente un dibattito elettorale con Mitt Romney nel 2012, ndr). «Ma questo – aggiunse – è solo un incidente di percorso». Lo pensa davvero? Sono molti a dubitarne anche perché il 27 giugno, appena spente le telecamere della Cnn nello studio di Atlanta, mentre Obama invitava Biden ad andare avanti, David Axelrod, lo stratega delle sue vittorie elettorali, auspicava il ritiro del presidente. Aggiungendo, però, che la parola che definisce meglio il vecchio Joe (che Axelrod ha conosciuto bene alla Casa Bianca, dove era vicepresidente) è «stubborn», testardo: fargli cambiare idea non è facile. E provarci può essere addirittura controproducente: può spingerlo a trincerarsi sempre più. 
Cosa puntualmente avvenuta l’altro giorno quando Biden ha sparato a zero contro le élite democratiche e ha invitato chi nel partito non lo vuole più presidente a uscire allo scoperto, a candidarsi, a sfidarlo alla convention (tra poco più di un mese a Chicago). Gli indizi su un desiderio inespresso di passo indietro da parte di Obama continuano a crescere. Dopo Axelrod e Clooney, anche Jon Lovett che fu suo speechwriter alla Casa Bianca e gli è ancora vicino, è uscito allo scoperto, addirittura attaccando Biden: «È stato un grande presidente, ma nel modo in cui ha reagito a dubbi e critiche dopo il dibattito, si è dimostrato arrogante e piccino». 
Anche i consiglieri di Biden alla Casa Bianca pensano che Obama preferirebbe un altro candidato. Ma non osa dirlo anche perché sa che sarebbe controproducente, visto il risentimento del presidente nei suoi confronti per aver appoggiato, nel 2016, la candidatura di Hillary Clinton anziché la sua. 
Il punto è che il peggioramento delle condizioni di salute del presidente è divenuto molto più evidente negli ultimi mesi tanto che due terzi degli americani vorrebbero un altro candidato (rilevazione del Washington Post di ieri). Perfino George Stephanopoulos, il conduttore della Abc che l’ha intervistato una settimana fa, scelto dalla Casa Bianca in quanto considerato amico, ha confessato in privato di non considerare possibile che Biden riesca a completare un altro mandato presidenziale. 
E allora, con sondaggi sempre negativi (peggiorati, ma non in modo drammatico, dopo il dibattito) anche alcuni consiglieri del presidente e i leader democratici in Congresso vorrebbero la sua uscita di scena ma non sanno come muoversi senza urtare ulteriormente la sua suscettibilità. Il leader dei senatori, Chuck Schumer, uno dei pochi personaggi che Biden, ex senatore di lungo corso, sta a sentire, ha detto privatamente ad alcuni finanziatori del partito democratico (che hanno smesso di dare soldi alla campagna del presidente) di essere pronto ad appoggiare un altro candidato. 
Ma non lo ha detto al presidente che, alzando la voce e usando toni minacciosi che costringono i suoi compagni di partito alla prudenza, gioca la carta del tempo: più giorni passano, più è difficile cambiare cavallo. 
 
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