il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2024
Kamala Harris a canestro: dal Dream team per iniziare la campagna elettorale
“Vincete l’oro. E fatelo nel modo più dolce e veloce”. Così, raccontano i testimoni, si è espressa Kamala Harris davanti alle star della nazionale di basket Usa, il Dream team, in partenza per le Olimpiadi di Parigi. La vice presidente è una fan dei Golden State Warriors, la squadra di San Francisco, di cui era presente il campione Steph Curry. Ed era presente anche la superstar del Los Angeles Lakers LeBron James, del resto basti pensare alla polemica infinita tra lui e Donald Trump, scatenata dall’appoggio del campione alle rivendicazioni di Black Lives Matter: da queste parti si è sempre guardato con più simpatia al mondo democratico.
La visita di Harris agli “eroi del patriottismo americano”, li ha chiamati proprio così, non si spiega comunque soltanto con la sua passione sportiva. In questo modo, la vice presidente inaugura, senza poterlo dire, la sua campagna per la presidenza Usa. Sono ore decisive nel partito democratico. La candidatura di Joe Biden è ormai messa apertamente in discussione. Nel caso il presidente fosse costretto a fare un passo indietro, la candidata naturale a sostituirlo sarebbe lei, questa avvocatessa e attorney general della California, 59 anni, madre biologa indiana tamil e padre economista della Giamaica, senatrice tra le più in vista della new wave democratica, scelta da Joe Biden come sua vice e da allora precipitata in una sorta di silenziosa oscurità. Che sia Harris la più probabile scelta per succedere a Biden lo ha capito molto bene Donald Trump, che ha passato gli ultimi giorni a insultare Harris, dandole della “incompetente” e dell’alleata della peggiore “marmaglia della sinistra radicale”. E lo hanno capito molti nel partito democratico, per esempio due deputati come Adam Schiff e James Clyburn, il primo espressione del potentissimo mondo democratico californiano, il secondo incarnazione delle istanze degli afroamericani, che hanno spiegato che “Harris è una candidata all’altezza”.
La verità è però forse un’altra. Harris è la candidata più naturale a prendere il posto di Biden. Non è la candidata più forte. Non è la candidata che tutti vogliono. Il suo profilo politico è sfuggente. Ai tempi della campagna 2020, si era definita “più vicina a Sanders che a Biden”. Ma i progressisti non vanno pazzi per Harris. Ricordano la mano pesantissima nei confronti dei reati legati alle droghe leggere, dimostrata da Harris quand’era procuratrice della California. Ricordano la criminalizzazione di interi settori di popolazione giovane e nera. È questo a spingere i dem progressisti della Camera – per esempio Alexandria Ocasio-Cortez e Ilhan Omar – a continuare ad appoggiare Biden. Ma la vice è vista con sospetto anche dai centristi, che ricordano le sue crociate ambientaliste, a favore dei diritti dei consumatori, per fissare regole severe per business e corporation. Ci sono poi i sondaggi: al momento non sta molto meglio di Biden contro Trump, non l’aiuta il fatto di essere la candidata in pectore, ma di non poterlo dire. La campagna silenziosa e incerta di Kamala è destinata a continuare ancora qualche giorno. Sino a quando sarà più chiaro se a “vincere l’oro”, oltre al Dream team, sarà anche la prima donna nera e asiatica a correre per la Casa Bianca.