La Stampa, 11 luglio 2024
A proposito della cannabis
La maggioranza di governo ha rinviato la decisione a proposito della cannabis light, se vietarla o no. Ma io dico: qui c’è da preservare una grande tradizione italiana, che affonda le radici sin nella gloria dell’antica Roma. La cannabis è nelle opere botaniche dell’Impero per le proprietà terapeutiche e, secondo alcuni manuali, nelle occasioni conviviali se ne bruciavano i semi per stimolare appetito e gaiezza. Usanze di cui è intrisa la nostra italianità, pensate che nel medioevo si compilavano ricettari per applicare la cannabis anche al palato. Non sappiamo quanto principio attivo contenesse, ma leggete che eccellenze italiane sprofondate nel tempo ben oltre la pizza e la cotoletta alla milanese: tortelli con fiori di canapaccia ("togli questi fiori di canapaccia senza foglie e cuocili colla pancia del porco…"), minestra di canapuccia ("mettila sul fuoco con pan grattato e cipolle arrostite nell’olio, aggiungi zafferano e altre spezie, cospargi di uva passa, e sarà buono per gli infermi"), focaccia di canapa ("far cuocere dei semi di canapa, poi pestali in un mortaio insieme con mandorle ben mondate, deve bollire con un po’ di sale e di zucchero; se ti piace, puoi aggiungere del pepe"). Papa Giovanni XXI, per noi intrisi di millenaria cultura cattolica, nel Duecento suggerì la cannabis come buon rimedio all’otite e, arrivando all’altroieri, non devo dirvi che fu la poesia della scapigliatura, di poeti dediti alla cannabis e anche a qualcosa di più frizzantino. Insomma, signora Meloni e signor Salvini e signor Tajani! Mi raccomando, eh. Non facciamo scherzi! Ne va della nostra identità! Siamo o non siamo patrioti?