il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2024
Nemmeno dieci giorni fa l’autorevole quotidiano catalano La Vanguardia aveva commentato il successo di Rassemblement national, dopo il primo turno delle legislative francesi, affermando che c’erano stati anche altri “due vincitori”
Nemmeno dieci giorni fa l’autorevole quotidiano catalano La Vanguardia aveva commentato il successo di Rassemblement national, dopo il primo turno delle legislative francesi, affermando che c’erano stati anche altri “due vincitori”. Uno era Putin, perché avrebbe goduto nel vedere indebolirsi una potenza nucleare a lui ostile. L’altro, Vincent Bolloré, 71 anni, l’ultraconservatore magnate dei media che “utilizza per promuovere l’estrema destra e creare nel proprio Paese un ambiente favorevole alla sua vittoria”. Quello stesso Bolloré che aveva puntato, due anni prima, su Eric Zenmour, il Vannacci francese, star del suo network di punta, CNews, il canale francese d’informazione con più audience.
Ed invece, il “Barone nero” della campagna elettorale (malignetta definizione del settimanale Nouvel Observateur), la mente dietro il patto col diavolo tra Rn e gollisti, ha dovuto incassare il ridimensionamento delle destre. Lo smacco ha vanificato anni e anni di sforzi finanziari, di pressioni sulle redazioni dei suoi media perché dessero più spazio ed importanza “alla destra e all’estrema destra”. Soprattutto, ha mandato all’aria l’ambizioso progetto di cucire le varie anime delle destre attorno al Rassemblement, quasi in un afflato epifanico, da “Papa Nero” che ispira una crociata per “condurre la battaglia della civilizzazione”. S’intende, condotta dalla destra identitaria, patriottica e sovranista, contro la sinistra demagogica e destabilizzatrice.
Fosse solo questo. Bolloré ha fallito nel tessere l’accordo tra Rn e Les Republicains, progetto infuso senza soste nei suoi network: oltre a CNews, C8, Europe1, Paris Match, Journal de Dimanche. Sino a domenica 7 luglio, pareva fatto. Meno di un mese prima, aveva convinto l’amico nizzardo Eric Ciotti, presidente dei Repubblicani, all’alleanza con Bardella e Le Pen, convocandolo, il giorno dopo il voto delle europee dominate dal Rassemblement, nei suoi uffici della Compagnie de l’Odet, l’holding familiare, in pieno centro di Parigi, nell’elegante XVI arrondissement. Altre 24 ore e Ciotti ufficializzava la scelta. Sia lui che Bolloré pregustavano il trionfo, con Jordan Bardella, designato premier in caso di vittoria e conquista della maggioranza.
Certo, l’annuncio di Ciotti non restava indolore: gran parte dei Repubblicani condannarono la mossa ciottiana, ai loro occhi “sciagurata”. Ma intanto la poderosa macchina mediatica di Bolloré era già in moto: sui social del Journal de Dimanche venivano pubblicate le foto dei leader delle destre che invitano a votare il Rassemblement, il tam tam rimbalzava sulle tv e i vari media, i media bolloriani viravano sempre di più in una dimensione populista imprevedibile. Solo che in questa partita “au bout de souffle” c’era un altro giocatore: il Dissolutore Macron. Capace furbescamente di ribaltare la situazione, in sintonia con il Fronte Popolare, sfruttando le “desistenze democratiche” nei ballottaggi. Quelle “alleanze immorali” denunciate dalle destre, efficaci perché facevano appello al senso “repubblicano”, ad una sorta di fronte antifascista e antilepeniano. Miracolosamente, il centro di Ensemble! – la coalizione macroniana e governativa – risorgeva dalle urne addirittura davanti al Rassemblement. I media di Bolloré, ma non solo, l’avevano data in via di estinzione, una sorta di funerale per l’inquilino dell’Eliseo, che previsioni, analisi e sondaggi confermavano. Adesso in quelle stesse redazioni cresce il malcontento per il “bavaglio nero” e c’è aria di rivolta.
Il vero sconfitto è proprio Bolloré, sorpreso dall’ampiezza del successo ottenuto dala fronte repubblicano. La Le Pen, ormai abituata a perdere, (alle prese con un’indagine giudiziaria sui finanziamenti delle campagna elettorale del 2022), ha detto “noi andiamo avanti”, mentre, ora, il miliardario sarà costretto a fare un passo indietro. Bolloré pensava di poter influenzare le stanze del potere e di condizionare il “nemico” Macron. In una serata, il fido amico Ciotti è passato dall’essere un potenziale ministro a capo del più piccolo gruppo dell’Assemblea nazionale, 17 inutili deputati.