Alessandra Paolini per la Repubblica – Estratti, 10 luglio 2024
“SONO STATO UN LIBERTINO MA E’ ACQUA TRAPASSATA: RESTO UN ROMANTICO” – AMORI, BOLLORI E ERRORI DI CLAUDIO MARTELLI, 80 ANNI, 4 MATRIMONI, 5 FIGLI: "LIA QUARTAPELLE, CHE HO SPOSATO DUE ANNI FA, MI DICE CHE SONO UN ‘MONUMENTO E UN PATRIARCA’. PATRIARCA MI PIACE, MONUMENTO UN PO’ MENO… CI FANNO SOPRA LA CACCA I PICCIONI” – LA ROTTURA CON CRAXI PER COLPA DI SCALFARO, IL PERMESSO DI APRIRE IL FRIGORIFERO DI CASA CRAXI (“BETTINO AMAVA PRENDERE IL CIBO CON LE MANI, NON ERA MALEDUCAZIONE ERA CONVIVIALITÀ ARABA”), COSSIGA CHE LO CHIAMO' DAL COLLE ALL'ALBA E LUI CHE SI FINSE IL FILIPPINO, MASSIMO FINI CHE LO DEFINI' CINICO (“PARLA PER INVIDIA”). SU UN RITORNO IN POLITICA...
Buongiorno onorevole Martelli, prima di cominciare, una curiosità... Ha dato l’ok a questa intervista alle 3,45 del mattino. Soffre d’insonnia o lei è uno di quelli per cui il mattino ha l’oro in bocca? “Altro che oro in bocca! Vado a letto tardissimo: per me la notte è il momento migliore, per pensare, concentrarmi, lavorare: ora sto finendo il mio prossimo libro, Il merito e il bisogno, sostanza del mio pensiero politico.
È sempre stato così, fin da giovanissimo. Quando ero ministro con Giulio Andreotti, era difficile immaginare due politici più diversi, a chi mi chiedeva come mai non litigassimo risposi: beh, non ci incontriamo spesso. All’ora in cui lui si sveglia, io vado a dormire”.
È vero che una volta Cossiga la chiamò dal Colle alle 6 e lei lo liquidò facendo finta di essere una persona che si occupava della casa? “È vero, è vero”! (Ride) “Cossiga chiamò in diretta e io con la voce impastata risposi ‘L’onorevole è uscito presto’”.
Claudio Martelli – ex professore di Filosofia, ex delfino di Bettino Craxi, ex vicesegretario del Psi dei ruggenti anni 80, ex ministro della Giustizia che portò a Roma Giovanni Falcone e fece guerra alla mafia - riceve per la verità anche Repubblica
Abbronzato, camicia azzurra fuori dai jeans, fa strada verso una bella terrazza affacciata sul verde di Roma nord, dove abita insieme alla moglie Lia Quartapelle, la deputata Pd sposata due anni fa a Milano. Trentotto anni di differenza. Ottanta magnificamente portati lui, 42 lei: “Di che parliamo?”, chiede. “Ma di sentimenti, onorevole…”. “Va bene, ma non mi chieda solo dell’amore: anche l’ira e la fratellanza sono sentimenti”.
Lei è ex di moltissime cose. Ma anche di moltissime donne: mogli, fidanzate, compagne di una notte. “Leggende, pettegolezzi: quattro matrimoni alla mia età quindi uno ogni vent’anni qualche bella storia … Da giovane sono stato libertino ma è acqua trapassata. Invece resto un romantico.
Romantico come mio figlio Adriano quando mi disse “papà ti voglio bene” e io “Bene come?” e lui “come tutte le cose lunghe.” Papa Ratzinger: ha detto ‘Il sentimento senza ragione è sentimentalismo’. Perfetto. La prima volta mi sono sposato da ‘bambino’ … avevo 20 anni – ero al secondo anno di Filosofia - lei, Daniela Maffezzoli, appena 16. A unirci, oltre l’amore, il teatro, la politica, le assemblee”.
Due studenti, una al liceo l’altro all’Università. Ma come campavate? “Vivevamo a casa dei suoi. Ero supplente a Lodi una scuola media della provincia. Per essere credibile, e darmi un tono perché sembravo ancora più piccolo dell’età che avevo, salivo in cattedra e mettevo occhiali finti”.
Quanto è durata? “Diciotto mesi. Il romanticismo, quello combattivo, arriva con Annarosa”.
Beh, era una sua allieva e aveva solo 18 anni... “Beh, io ne avevo 24, non proprio Matusalemme! Non fu una storia semplice: i genitori fecero di tutto per separarci. Ci infatuammo durante un viaggio, una gita scolastica da Milano a Ponza. Ma non accadde nulla. Poi mesi dopo, invitandola a scrivere sul foglio un sillogismo “Socrate è un uomo…”. lei lo concluse con “E io ti amo”.
Il padre, ricco imprenditore milanese, la spedì a studiare lontano, a Firenze poi a Parigi da cui scappò con una parrucca poi in un college inglese. Ma non ci siamo arresi. Fresco di patente, comprai un maggiolino usato blu, e la raggiunsi. Per non farmi scoprire, dormii in una stalla vicino alla sua scuola. Accucciato accanto alle zampe dei cavalli. Qualche anno dopo ci siamo sposati. Ventidue anni lei, ventotto io”.
Perché vi lasciaste? “Lei a Milano, io a Roma la distanza si è allungata. Poi ha conosciuto Armando Pugliese, uomo adorabile, grande regista e insieme sono vissuti 40 anni. Annarosa non solo mi ha dato Giacomo (Giacomo, come Matteotti), è sempre rimasta nella mia vita. Ci vogliamo un gran bene. Come se ne vogliono Giacomo e Adriano”.
Il primo bacio? “Sarah, inglese, studiava danza al Covent Garden di Londra. L’ho conosciuta d’estate in collegio in Francia, dove è cominciata la mia educazione sentimentale. Ero pazzo di lei, era più grande di me di 2 anni, e io ne avevo 13”
Per i suoi standard, una milf… (Ride) “Quando prendeva il giradischi e danzava sola davanti a una cricca di ragazzini in balia degli ormoni, io andavo in estasi. Però non mi si filava, ero troppo piccolo per lei. L’ultimo giorno mi infilai nella sua stanza all’alba. E quando si svegliò le ricordai che mi aveva promesso un bacio”.
Un audace soldo di cacio… E glielo diede? “Sì”. Con la lingua? “Ma che domande fa? Non avevo ancora 13 anni… Comunque, fu il primo amore. Ci siamo scritti per tanto tempo”.
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Quanti figli ha? “Cinque. Giacomo ha 47 anni, Sara 43, Adriano 39 e poi Brenno 23 e Maddalena 21, avuti con la mia terza moglie, Camilla Apollonj Ghetti. Sara un papà suo ce l’ha e non è giusto dire che sia figlia mia. Ma sono entrato nella sua vita che aveva solo tre anni ed è cresciuta anche con me. Sua mamma è Ludovica, donna fantastica, fenomenale, inesauribile madre di Adriano, il mio secondo figlio, amicissima di Annarosa e da subito anche di Lia”.
Un albero genealogico articolato… Lia, che ha sposato due anni fa, come si muove dentro questo famiglione? “Bene, si diverte, e mi prende in giro: mi dice che sono un ‘monumento e un patriarca’. Patriarca mi piace, monumento un po’ meno… ci fanno sopra la cacca i piccioni”.
Tra di voi, una bella differenza d’età… Le piacerebbe avere un altro figlio? “Sì, molto. Ma non trovo giusto programmare un orfanello”.
Cosa l’ha fatta innamorare di Lia? “Tutto. Ci siamo incontrati in un circolo Pd alla presentazione di un libro di Macron, titolo Révolution. E per restare in tema ci siamo sposati il 14 luglio. Inizialmente volevamo farlo a Tel Aviv. Una città piena di giovani, di cultura, di innovazioni. Ma il Covid ha fatto saltare i piani e abbiamo scelto la nostra Milano”.
Sua moglie ha detto, in un’intervista a Vanity Fair, che la bellezza del vostro rapporto sta nel “guardare il mondo dallo stesso cuscino”. “Concordo. Amo il nostro stare insieme, accudirci l’uno con l’altra nelle passioni e anche nelle nostre fragilità. Tra noi c’è l’emulazione nel volersi bene. Ma sa qual è la vera prova dell’amore per me?
La mancanza. L’attesa. Lia in questi giorni è a Parigi e non vedo l’ora di rivederla. Ma accade così anche con i miei figli e anche con i nipotini, ne ho tre. Dell’ultimo poi, sono innamorato perso. A giorni Brenno e Maddalena torneranno dall’Inghilterra, lui si è laureato lei ha finito il second’anno e il desiderio di rivederli cresce ora dopo ora”.
(...) Con Craxi sull’amore avevate visioni diverse… “Per lui il matrimonio era un contratto che andava rispettato. Io gli dicevo ‘Ma il contratto prevede anche la fedeltà e non mi sembra il tuo caso’. Tagliava corto: ’ Che c’entra…’. Per me invece il disamore è una condizione insopportabile. Meglio rompere e stare solo che vivere l’agonia di un sentimento. Benché lasciarsi sia un lutto”.
E “lasciarsi” con Bettino come è stato? “Molto doloroso. Anche questo un lutto. Ma a rompere è stato lui con me… non il contrario. E il colpevole ha un nome: Oscar Luigi Scalfaro. Gli ha fatto credere che volessi fargli le scarpe come presidente del Consiglio. Secondo questa versione mi sarei inimicato Bettino proprio nel momento in cui avrebbe dovuto dare il suo benestare alla mia nomina. Altro che traditore, un perfetto imbecille”.
Però sua figlia Stefania Craxi non l’ha mai perdonata. Dice che ha tradito suo padre nel momento del bisogno, quando Tangentopoli stava per farlo cadere tra le ceneri. Dice che da lei non se lo sarebbe aspettato… proprio da lei che era stato il suo delfino, l’unico che aveva il permesso di aprire il frigorifero di casa Craxi. “Basta con ‘sta storia del frigorifero! L’ha raccontata Anna sua moglie per spiegare quanto io e Bettino fossimo amici e in confidenza. Mi sembrava una cosa carina. Quanto a Stefania quando cominciò la sua scalata politica dopo la morte di Bettino venne a casa mia e mi disse testualmente,‘Claudio io so che Bettino è stato ingiusto con te, del resto lo è stato con la sua famiglia, ma adesso dobbiamo aprire un capitolo nuovo insieme.’ E per oggi basta così. Scusi, divaghiamo un attimo, ma in questo frigorifero che c’era? “A Bettino piaceva mangiare, ma non sapeva cucinare quindi salumi, formaggi in quantità, zuppe e altro che non so più. E se avevi qualcosa nella scodella che piaceva anche a lui, allungava il cucchiaio e assaggiava. Amava anche prendere il cibo con le mani, non era maleducazione era convivialità araba”.
Il 30 aprile del ’93, il giorno delle monetine contro Bettino che usciva dal “Raphael”, lei dove era? “Tre mesi prima mi ero dimesso da ministro e da tutto, non ero più andato in Parlamento ma quel giorno andai a votare in sua difesa poi tornai a casa”. Cosa ha provato? “Dolore, amarezza, rabbia. Dentro di me ho pensato anche ‘io te l’avevo detto…’”
Cosa gli aveva detto? “Che bisognava cambiare, fare un’autoriforma, lo dicevo da anni ma nel ‘92 era ormai necessario un gesto estremo, una catarsi, le dimissioni sue, mie e di tutto il gruppo dirigente e un congresso di rifondazione. Affidai il messaggio a suo figlio Bobo ma Bettino non si smosse, pensava ancora di difendere lo status quo ma ormai era solo, anche la Dc l’aveva abbandonato. Così divenne il capro espiatorio, la vittima di poteri spietati e della malagiustizia italiana”.
Ha festeggiato con Lia le percentuali in aumento del Pd alle ultime europee? “Be’ sono stato contento per Lia che al solito si è impegnata allo spasimo. Sul Pd di Elly Schlein ho dei dubbi ma è più giovane e vitale di quello di Letta e Zingaretti”.
Di Giorgia Meloni cosa pensa? “Mai visto un presidente del Consiglio più rissoso.
(...) La convincono le sue riforme? In fondo c’è la giustizia giusta, l’autonomia differenziata, un po’ del decisionismo craxiano… “Ma andiamo! La scelta di rafforzare ancora il peso delle regioni è la seconda porcata di Calderoli dopo la legge elettorale, semmai le competenze regionali andrebbero riportate ai compiti di indirizzo per cui furono fatte. E il loro premierato è un mostro giuridico che non ha precedenti al mondo e impedisce al capo dello Stato di esercitare la funzione di garanzia che gli è propria”.
E di Elly Schlein? “All’inizio ero titubante, ora mi sembra abbia preso l’abbrivio. Suo nonno materno, Agostino Viviani era socialista, avvocato e garantista. Prima di votare no alla separazione delle carriere ascolti le parole di Viviani, le trasmette Radio radicale”.
(…) E quando l’ira la coglie, cosa fa? “Ho imparato a indirizzarla come deve fare un politico in posizione di responsabilità. Quando Riina e compari uccisero Falcone avrei voluto sterminarli poi studiai una risposta che razionalizzando l’ira la rese terribilmente efficace con il carcere duro. All’opposto l’ira per lo sfruttamento bestiale di stranieri trattati come schiavi mi portò a fare la legge sull’immigrazione, quella sui rifugiati politici e la legge sulla cittadinanza”.
Massimo Fini, giornalista suo compagno di banco, che lei ha ricordato come compagno di adolescenza, ha detto ad Aldo Cazzullo del Corriere che lei è l’uomo più cinico che abbia mai conosciuto. “Se intende cinico nell’accezione di Diogene, come chi disprezza il potere, la retorica, l’ipocrisia confermo: sono cinico”.
No, mi sa che non intendeva in quel senso… “Allora parla per invidia. E comunque ‘Dai compagni di banco mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io’”. In effetti dice che le invidia la moglie, giovane e intelligente. Parliamo della fratellanza, però. “È un sentimento che ho sempre provato e non solo per Paolo e Antonio. Anche quando affittai la villa sull’Appia era un modo per stare insieme agli amici. L’affittammo in sette. Per un po' divenne tutto: casa, ufficio, posto di vacanza”.
È una forma più politica e impegnativa dell’amicizia. Mitterand le disse che bisogna morire tre volte per diventare uomini. E lei, Martelli, è mai morto? “Hai voglia! La prima a 17 anni: andai in barca sul lago e presi un’insolazione. La notte ebbi le convulsioni, mamma e papà spaventatissimi. Mi ricoverarono in neurologia, mi fecero l’elettroencefalogramma. Mi curarono per anni come avessi l’epilessia, mi imposero farmaci tosti e mi proibirono stress, caffè, sigarette, alcol.
Qualche anno dopo, un medico socialista mi salvò: controllata l’anamnesi e mi tolse tutti farmaci: una diagnosi sbagliata. Mi è rimasta un’ansia da ingresso al sonno. Poi sono morto quando nel ‘93, con la stagione di Mani Pulite.
Però ho scoperto la vastità del privato (un altro libro a cui penso). È stata dura, dopo anni di impegno pubblico, trovare una dimensione diversa. La terza morte è nel 2002 quando fallii nel tentativo di riunire i socialisti, decisi di chiudere con la politica e ci lasciammo con Camilla".
Cosa fece? “Tante cose, prima l’imputato e il testimone, poi ho fondato Opera per assistere nelle carceri e difendere in giudizio rifugiati e immigrati, con l’Aied abbiamo dato assistenza sanitaria alle donne incinte non di rado vittime di violenza.
Nel ‘99 sono stato in un progetto per un esercito europeo dentro la Nato, e ho fatto il giornalista, l’autore di reportage televisivi e il conduttore di un talk show che si chiamava ‘L’Incudine’. Mi sono divertito ed è stata la volta che ho guadagnato più soldi”.
E oggi? “Scrivo libri, saggi, articoli, tengo conferenze, convegni, con amici e compagni, ho ripreso le pubblicazioni dell’Avanti! Da un po' di mesi, come dicevo prima, sono presidente della Fondazione Nenni che, oltre a tante pubblicazioni ha organizzato con il Comune di Roma la mostra storica su Giacomo Matteotti che ora andrà anche a Milano”.
Le piacerebbe tornare in politica? “Sì, mi piacerebbe ma a differenza di Oscar Wilde ho imparato a resistere alle tentazioni.”
C’è un momento della sua vita che vorrebbe rivivere per cambiarlo? “Diceva Goethe che ‘tutto si sistemerebbe a meraviglia se le cose si potessero fare una seconda volta’. Però sì, se potessi cambierei quella rottura con Bettino. Anche se, ripeto, fu una decisione sua. Era stato ingannato e credo soffrisse il fatto che io, il suo delfino, in quel momento, come ministro della Giustizia, vivessi un picco di popolarità e benevolenza mentre lui precipitava in “un clima infame”. (…) Cosa farà questa estate? “Con Lia andremo in un’isoletta della Grecia. Lei ha bisogno di riposare, ha lavorato tantissimo. Vuol dire che stavolta staremo a vedere il mondo dallo stesso materassino…”.