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 2024  luglio 10 Mercoledì calendario

Intervista a Gianluca Gotto

Settecentomila copie vendute, 300 mila solo nell’ultimo anno.
Un Ted Talk che è il più visto in lingua italiana, eventi che riempiono i teatri e, a ogni nuova uscita, con libri che insegnano a vivere secondi i principi della filosofia orientale, le vette delle classifiche. Scusi Gianluca Gotto, ma lei chi è? Da dove salta fuori?
«Potrei dire che sono nato 34 anni fa a Torino. Ma forse è più giusto dire che sono rinato 14 anni fa, sempre a Torino, quando sono diventato una persona normale che vive una vita straordinaria».
Gianluca Gotto è stato uno dei primi nomadi digitali: praticamente ha inventato lo smart working. Ha pubblicato sei libri, l’ultimo,Quando inizia la felicità(Mondadori), è arrivato al primo posto in classifica a pochi giorni dall’uscita. Gotto si collega da Torino, dove si trova di passaggio, pronto per un nuovo viaggio: capelli raccolti in cima alla testa stile samurai, è un guru involontario, e, forse, pure un buddista involontario. I suoi libri, attraverso il racconto che fa della sua vita, sono manuali per trovare un senso, guide pratiche contro l’infelicità. Rielaborano in modo semplice i principi della filosofia orientale, che, dice, hanno illuminato il suo percorso. Quello di un ragazzo che ha deciso di vivere in giro per il mondo insieme con la sua compagna – la stessa da quando ha sedici anni – e adesso con sua figlia.
Partiamo dall’inizio: cosa è successo 14 anni fa?
«Studiavo all’università. Mi ero iscritto prima a Filosofia e poi a Giurisprudenza. Ma sentivo un grande malessere: non ero felice».
E?
«E allora ho deciso di andarmene.
Io e Claudia, che condivideva con me questo disagio, abbiamo preso le nostre cose e siamo partiti per l’Australia».
A casa come l’hanno presa?
«Per niente bene. Stavo tradendo tutte le loro aspettative. Ero arrabbiato, pensavo non capissero. Solo dopo ho compreso che avevano paura per me. All’inizio l’idea era di fare un’esperienza di lavoro all’estero. Io non volevo essere da qualche parte: volevosolo essere altrove rispetto a Torino».
Così siete approdati prima in Australia e poi in Canada.
«Ho fatto tanti lavori, dal tuttofare in cucina al panificatore notturno, un impiego che non voleva fare nessuno e che mi ha fatto ottenere più facilmente la residenza. Poi, dopo qualche tempo, per un problema familiare, siamo dovuti tornare in Italia. E da lì è cominciato un nuovo percorso».
Quale?
«Ho sempre amato leggere e scrivere: ho iniziato a proporre articoli per il web. Non ero pagato.
Finché non ho trovato la nicchia del racconto del poker e ho cominciato a mettere un po’ di soldi da parte. Nel 2016 è natoMangia, vivi, viaggia : un blog per chi vive il viaggio come un’esperienza di vita, non da turista. È andato subito bene.
Siamo ripartiti: stavolta per la Thailandia. Ho autopubblicato il mio primo libro, Le coordinate della felicità,e poco dopo avevo un contratto in tasca per un romanzo con Mondadori. Il sogno di una vita. Eppure…».
Eppure?
«A Bali ho preso la Dengue. Mi sono ritrovato ricoverato a Bangkok: perla prima volta fermo, solo con i miei pensieri. E lì ho capito che il mio percorso non era ancora cominciato. Avevo tutto eppure non ero felice. Ho attraversato una lunga fase di depressione. Che cosa mi mancava? Non capivo».
Poi cosa è successo?
«Cercavo risposte. Una mattina molto presto, stavo camminando e ho visto questo monaco buddista che stava spazzando. Gli ho chiesto aiuto. E ha cambiato la mia vita».
È diventato buddista. E la sua compagna?
«Sì, mi sono avvicinato al buddismo: è stata una strada lunga, complessa. Non è facile accettare che non c’è niente di eterno, che non puoi cambiare le cose ma puoi cambiare lo sguardo che hai su quello che accade. Ma appena ci riesci, raggiungi una dimensione di pace. Sono andato a nord della Thailandia a fare un corso con un maestro zen. Claudia no. Anzi all’inizio era un po’ preoccupata: mi aveva conosciuto a 16 anni, pieno di rabbia, altro che buddismo. Ma poi, quando ha visto che questa scelta stava davvero cambiando la mia vita, mi è stata al fianco».
Gotto perché i suoi libri piacciono tanto?
«Il libro che in qualche modo ha inaugurato il nuovo Gianluca è statoSuccede sempre qualcosa di meraviglioso, il terzo. Ho cominciato a raccontare di come la filosofia buddista avesse cambiato la mia vita, di come sia possibile che il periodo più nero si trasformi inuna opportunità. Non si può e non si deve smettere di soffrire, si deve imparare a farlo. Diceva il maestro zen che bisogna “soffrire bene”».
Però le librerie sono piene di testi che ci spiegano come vivere: come si fa a non scadere nella banalità?
«Io non insegno niente. Non sono un guru. Io condivido solo il racconto delle mie esperienza: le persone che ho incontrato, le riflessioni che sono nate in me».
In realtà Gotto è, come dicevamo, un guru involontario, un guru per caso. Perché, mentre facciamo questa intervista su Teams, lui a un certo punto chiede: «Ma tu come stai?». E lo fa in un modo così persuasivo che verrebbe davvero voglia di raccontargli quello che passa per la mente.
Nel suo ultimo libro, ogni capitolo è una domanda e contiene una risposta.
«Sono le domande che mi sono sempre fatto, quelle che hanno smosso qualcosa dentro di me. Non è una cosa nuova. Abbiamo esempi che sono i miei riferimenti, ad esempio Tiziano Terzani. Però il modo in cui lo racconto io è, innanzitutto, molto contemporaneo.
Non parlo di buddismo in termini di religione, ma in termini di modo di stare al mondo, di stile e di filosofia di vita. E poi la cosa che viene molto apprezzata è la trasparenza, l’onestà e la schiettezza con cui racconto anche i passi falsi, i fallimenti, i momenti difficili».
Lei vive in giro per il mondo. Se le dico casa?
«Casa è dove ci sono la mia compagna e mia figlia. E, in qualche modo, è Bali, il posto in cui ho messo più radici».
È vero che ai firmacopie abbraccia i lettori?
«Sì, se a loro va. Ci meritiamo di fermarci, di fermare il momento». Quando siete felici, fateci caso.