la Repubblica, 10 luglio 2024
Intervista a Claudio Martelli
Buongiorno onorevole Martelli, una curiosità... Ha dato l’ok a questa intervista alle 4 del mattino. Soffre d’insonnia o “Il mattino ha l’oro in bocca”?
«Vado a letto tardissimo. Per me la notte è il momento migliore: ora sto finendo il mio prossimo libro, Il merito e il bisogno, sostanza del mio pensiero politico.
Quando ero ministro con Giulio Andreotti, a chi mi chiedeva come mai non litigassimo, rispondevo: non ci incontriamo spesso. Lui si sveglia, e io vado a dormire...».
Dicono che una volta Cossiga la chiamò dal Colle alle 6 e lei lo liquidò facendo finta di non essere lei.
(Ride) «Mi telefonò, e io: “L’onorevole è uscito presto”».
Claudio Martelli riceve per la verità anche Repubblica mentre fuori quasi cala il tramonto sulla casa di Roma nord dove abita con Lia Quartapelle, la deputata Pd sposata due anni fa a Milano. Ottanta ben portati lui, 42 lei: «Di che parliamo?», chiede. «Ma di sentimenti, no?». «Va bene, ma non solo amore: anche ira e fratellanza sono sentimenti».
Lei è ex quasi tutto. E anche l’ex di moltissime donne.
«Leggende: quattro matrimoni, uno ogni vent’anni. Da giovane sono stato libertino ma è trapassato. La prima volta mi sono sposato a 20 anni, al secondo anno di Filosofia. Lei ne aveva 16. Dormivamo dai suoi...».
Quanto è durata?
«Diciotto mesi. Ma il romanticismo arriva con Annarosa».
Ma era una sua allieva e aveva solo 18 anni!
«Ma io ne avevo 24, non ero Matusalemme! Ci infatuammo durante una gita scolastica a Ponza. Il padre la spedì a studiare fuori, ma fresco di patente comprai un Maggiolino usato blu e la raggiunsi a Londra. Qualche anno dopo ci siamo sposati».
Perché vi lasciaste?
«Lei a Milano, io a Roma... Poi ha conosciuto Armando Pugliese, adorabile, grande regista, e insieme sono vissuti 40 anni. Mi ha dato Giacomo (come Matteotti, eh?) ed è sempre rimasta nella mia vita. Ci vogliamo un gran bene».
Parliamo del presente: che tipo di famiglia è la sua?
«Un famiglione decentrato. Ci ritroviamo per feste e vacanze: tavolate, scherzi, musica, sentimenti a gogò. Ho cinque figli. Giacomo ha 47 anni, Sara 43, Adriano 39. E poi Brenno 23 e Maddalena 21, della mia terza moglie, Camilla Apollonj Ghetti. Sara in realtà un papà suo ce l’ha, ma sono entrato nella sua vita che aveva solo tre anni. Sua madre, Ludovica, madre di Adriano, una donna fantastica, amicissima di Annarosa e di Lia. Che si diverte molto».
Una bella differenza d’età… Le piacerebbe un altro figlio?
«Sì, molto. Ma non trovo giusto programmare un orfanello».
Cosa l’ha fatta innamorare di Lia?
«Tutto. L’ho incontrata alla presentazione di un libro di Macron, Révolution. E ci siamo sposati il 14 luglio...».
Sua moglie ha detto una volta che la bellezza del vostro rapporto sta nel «guardare il mondo dallo stesso cuscino».
«Concordo. Amo il nostro accudirci l’uno con l’altra nelle passioni e nelle nostre fragilità. Ma sa per me qual è la vera prova dell’amore? L’attesa. Lia è a Parigi e non vedo l’ora di rivederla. Ma succede anche con figli e nipoti».
Con Craxi sull’amore avevate visioni diverse…
«Per lui il matrimonio era un contratto da rispettare. Gli dicevo: “Ma il contratto prevede anche la fedeltà e non mi sembra il tuo caso”. E lui: “Che c’entra…”».
E «lasciarsi» con Bettino come è stato?
«Un lutto. Ma a rompere è stato lui con me… non il contrario. Oscar Luigi Scalfaro gli fece credere che volessi fargli le scarpe come presidente del Consiglio. Capisce? Mi sarei inimicato Bettino proprio nel momento in cui avrebbe dovuto dire sì alla mia nomina...».
Stefania Craxi dice che lo ha tradito nel momento del bisogno. Lei, che poteva aprire il frigorifero di casa...
«Ma basta con ’sta storia del frigorifero! L’ha raccontata Anna Craxi per spiegare quanto io e Bettino fossimo in confidenza. E fu una cosa carina. Quanto a Stefania, mi lasci dire... Quando entrò in politica venne a casa mia e mi disse testualmente: “Claudio, io so che Bettino è stato ingiusto con te, come lo è stato con la sua famiglia: ma dobbiamo aprire un capitolo nuovo insieme”. E basta così».
Nel giorno delle monetine al Raphaël, cosa ha provato?
«Dolore, rabbia. Ma pensai anche: “Io te l’avevo detto…”».
Cosa gli aveva detto?
«Che doveva attuare un’autoriforma radicale. Ma Bettino non volle, senza vedere che anche la Dc l’aveva abbandonato facendone il capro espiatorio della malagiustizia».
Ha festeggiato con Lia l’aumento del Pd alle Europee?
«Sono stato contento per Lia, che al solito si è impegnata allo spasimo. Sul Pd di Elly Schlein ho dei dubbi ma è più giovane e vitale di quello di Letta e Zingaretti».
Al suo ultimo matrimonio è andato con un garofano rosso...
«Ovvio, sono e resto socialista».
Di Giorgia Meloni cosa pensa?
«Mai visto un premier più rissoso. E vorrei ricordarle anche che il concetto di patria non è cosa di destra, semmai di sinistra e di tutti. La patria l’hanno fatta Mazzini, Garibaldi e Cavour. Lei e i suoi sono semmai gli eredi di una storia che la patria l’ha distrutta».
E le sue riforme? C’è un po’ del decisionismo craxiano…
«Ma andiamo! La scelta di rafforzare ancora il peso delle regioni è la seconda porcata di Calderoli dopo la legge elettorale. E il premierato è un mostro giuridico che sottrae al Colle la sua funzione di garanzia».
È il momento dell’ira. Ma quando la coglie, cosa fa?
«Ho imparato a indirizzarla. Come quando Riina e compari uccisero Falcone. Avrei voluto sterminarli: poi studiai una risposta che fu più efficace, il carcere duro».
Dopo l’ira, parliamo della fratellanza.
«È un sentimento che ho sempre provato e non solo per Paolo e Antonio. Anche quando presi in affitto con sette amici la villa sull’Appia era un modo per stare insieme».
E oggi cosa fa?
«Scrivo, tengo conferenze, ho ripreso le pubblicazioni dell’Avanti! Sono presidente della Fondazione Nenni, che ha organizzato con Gualtieri la mostra su Matteotti».
Le piacerebbe tornare in politica?
«Sì, ma a differenza di Oscar Wilde ho imparato a resistere alle tentazioni...».
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