la Repubblica, 10 luglio 2024
Benvenuti in Germania l’ex gigante d’Europa che ha perso il centro
La Germania è sconfinata. Senza fissa dimora. Inseguirne il profilo sulle carte storiche stordisce. Lutero ci aveva avvertito: «La Germania fu e non sarà più ciò che fu». Caso unico di nomadismo geopolitico. Favorito dalla carenza di frontiere naturali, soprattutto da caratteri storici e culturali che impediscono di geometrizzarne o metaforizzarne la forma. La Francia è da secoli Esagono, l’Italia Stivale, la Germania work in progress. Le tappe. Fondazione del Reich guglielmino (1871), inedito battesimo di uno Stato in terra straniera, anzi nemica (Versailles, Salone degli Specchi). Sua amputazione in contumacia (1919) nello stesso identico luogo. Contemporanea rinascita in formato ridotto quale Repubblica di Weimar, riespansa in enfatica pulsione imperiale sotto Hitler, guida del Terzo Reich (1933-45). Annientato e occupato dagli Alleati (1945). I suoi resti sono spartiti dai vincitori (1949) in doppio opposto regime: Repubblica Federale Germania (Bundesrepublik Deutschland) e Repubblica Democratica Tedesca (DDR). Nel 1990 la prima annette la seconda. Riposo.
La Germania ha sempre avuto il culto del centro. Centro geografico ed economico d’Europa, Mittellage.Centro magnetico dell’Europa centrale,
Mitteleuropa. Centro come isonomia, equilibrata misura di tutte le cose. Perno e ispirazione della politica virata in concertata amministrazione. Centro in tutto e per tutti, incarnato al meglio da Angela Merkel. Implicito nella sua commovente idea di Germania, centrata sulla metafora delle “finestre ben chiuse”. Oggi il paese senza confini si scopre senza centro. La Grande Svizzera è utopia di ieri. Sconfinata e scentrata, la Bundesrepublik è chiamata al doppio salto mortale dall’economicismo alla geopolitica. Non ci sono alibi. Il passato sarà elaborato, oppure trascinerà i tedeschi nel caos. Noi con loro. Il centro non è autodeterminato. Dipende dagli estremi entro cui lo si colloca. Dunque dagli altri più che dai tedeschi.
Nella storia germanica anche recente lo scarrellare da un estremo mobile all’altro ha impresso disagio permanente inquel popolo. La scelta delle capitali prima e dopo il Muro è simbolica. Bonn, placida cittadina renana d’estremo occidente, fronte alla Francia. Berlino, metropoliMultikulti della Germania unita, nel suo estremo oriente, quasi al confine con la Polonia. Capita a chi soffre di sovranità limitata. E l’aveva eretta a virtù. Faro del tranquillo cabotaggio quotidiano garantito dalla pace della guerra fredda. Mare della Tranquillità, oggi Oceano delle Tempeste.
Nel bilancio del mondo post-24 febbraio la Bundesrepublik si sorprende nella colonna dei minus. Perdente secca. In un colpo solo: senza gas via tubo russo, in ritirata dal mercato cinese, sotto schiaffo americano, destituita dalla cattedra dipraeceptor Europae. Verità provvisorie. Ma vere. La tentazione di rifiutare l’ostacolo serpeggia nell’establishment che traballa sotto i colpi del centro estremizzato, assediato da radicalismi d’ogni tinta. Qualcuno studia come riallacciare al volo i tubi del Nord Stream, sabotati per l’entusiasmo di Washington e Varsavia. Altri scrutano l’orizzonte in attesa del disgelo sino-americano, con relativa pace commerciale e ritorno alla globalizzazione ben temperata in cui i tedeschi – più di altri – nuotavano sereni. E se gli Stati Uniti recuperassero decente equilibrio e smettessero di vessare l’infido tedesco, chiodo fisso della strategia americana negli ultimi cent’anni? Molto più ardua l’acrobazia che riporterebbe la Germania alla guida del resto d’Europa. Perché implica virata dall’economia alla geopolitica. Salto di cultura. Non è la stagione dei temporeggiatori, ma degli acrobati disposti al rischio per sfuggire al poco attraente destino che si staglia lineare in fondo al piano inclinatodell’inerzia. Noi italiani tifiamo Germania. In fondo, ne siamo un po’ parte. Per bimillenaria vicenda storica. Per intimità culturale, fra attrazione e repulsione. Per interdipendenza economica disegnata dal limes germanico, ovvero dall’integrazione dell’industria lombardo-veneta in quella tedesca. In prosa: perché Berlino garantisce il debito di Roma – assicurazione non eterna. Infine, siamo in guerra. L’ultima l’abbiamo persa insieme. Non abbiamo finito di pagarne il prezzo.