il Fatto Quotidiano, 9 luglio 2024
Mimmo Lucano assolto: adesso la Procura generale ricorre
L’assoluzione per il reato di associazione a delinquere, per quattro episodi di peculato e per due falsi ormai è definitiva. Ma per tutto il resto il processo al neo europarlamentare di Avs Mimmo Lucano si dovrà discutere in Cassazione. Era prevedibile e così è stato: se da una parte gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, difensori del sindaco di Riace, hanno presentato ricorso per l’unica delibera ritenuta falsa (su 57), a causa della quale Lucano è stato condannato a 18 mesi di reclusione (con pena sospesa), dall’altra la Procura generale ha fatto altrettanto per i reati per cui Mimmo “u Curdu” è stato assolto dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria nel processo nato dall’inchiesta sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti.
Non per tutti però. In particolare, il ricorso alla Suprema Corte riguarda solo alcuni episodi di truffa aggravata ai danni dello Stato, un abuso d’ufficio e un falso relativo alle altre 56 delibere. Per la Pg, guidata da Gerardo Dominijanni, infatti, la motivazione della sentenza di 2° grado, emessa lo scorso ottobre, è “palesemente illogica e contraddittoria” ma soprattutto i giudici avrebbero “erroneamente dichiarato inutilizzabili le intercettazioni disposte” dalla Procura di Locri che nel 2018 ha arrestato Lucano riuscendo a farlo condannare, in primo grado, a 13 anni e 2 mesi di carcere per reati gravissimi legati alla gestione del denaro pubblico.
Una sentenza demolita dai giudici d’Appello per cui non solo non esisteva l’associazione a delinquere ma anche per quanto riguarda la presunta truffa “manca la prova degli elementi costitutivi del reato”. Non la pensano così l’avvocato generale Adriana Costabile e i sostituti procuratori generali Antonio Giuttari e Adriana Fimiani per i quali la Corte d’Appello avrebbe “erroneamente dichiarato inutilizzabili le intercettazioni disposte” dalla Procura di Locri. L’accusa punta il dito contro la sentenza emessa a ottobre perché “la motivazione si contraddistingue per una estrema genericità, oltre ad essere palesemente illogica e contraddittoria, atteso che si limita ad uno sterile e fuorviante richiamo di pronunce della Suprema Corte senza approfondirne il contenuto”.
Si gioca tutto su questo punto quindi, e sui paletti che la Cassazione impone sull’utilizzabilità delle intercettazioni che, se “disposte per altro reato, è pur sempre subordinata alla condizione che il nuovo reato sia a sua volta autorizzabile venendo in rilievo un limite imposto dalla legge e non certo oggetto di ‘creazione’ giurisprudenziale”. In altre parole, se per i giudici di secondo grado quelle intercettazioni “non erano (e non sono) – si legge nella sentenza – utilizzabili nel caso di specie”, perché “disposte per altro reato”, secondo la Procura generale “tale questione è da ritenersi cruciale”.
Nei suoi confronti e in quelli di altri 12 imputati, secondo la Pg “si evidenziano dati concreti da cui desumere profili di responsabilità penale”. Se così è lo stabilirà la Corte di Cassazione nei prossimi mesi. “Sono sereno – ha detto Lucano al Fatto – La Pg aveva tutto il diritto di impugnare la sentenza. Sono contento però che abbia condiviso l’assoluzione per i reati più gravi: peculato e associazione a delinquere”.