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 2024  luglio 09 Martedì calendario

Ritratto di Carlo


È il più sontuoso e il più paziente tra tutti i gregari d’Occidente. Lo è stato della mamma, della moglie, della nuora. Si chiama Charlie Philip Arthur George. Carletto per noi ferventi antimonarchici, Re Carlo III d’Inghilterra per i sudditi di Gran Bretagna e di altri 14 reami del Commonwealth, il regno che ha appena eredito alla bella età di 73 anni, ma senza avere l’aria di sapere cosa farsene, poverino, tranne che sopportare il peso dei 2,3 chili d’oro e diamanti della corona reale, lo sforzo fisico più grande della sua intera vita, considerando che per la fatica quotidiana di schiacciare il dentifricio sullo spazzolino, ha un maggiordomo addetto che se ne incarica.Nato nel 1948, battezzato con l’acqua del fiume Giordano che bagnò la santità del re dei re (o almeno è così che gliel’hanno raccontata) per quasi due terzi di secolo è stato il principe ereditario, cioè a dire l’eterno gregario di mamma Elisabetta, incoronata regina quando il nostro piccolo eroe sedeva e frignava sotto le volte dell’abazia di Westminster, infagottato tra nonna e zia. Per colmo di rigore in stile Windsor – la più gelida famiglia tra le dinastie regnanti – non ebbe diritto alle istitutrici private, spedito come fu in un severissimo college dove “ha combattuto la solitudine e la cattiveria dei compagni”, che in una lettera riassumeva così: “I ragazzi del dormitorio sono pazzi. Provano a soffocarmi con il cuscino e mi picchiano mentre tento di dormire”.
Dalle depressioni di figlio bullizzato, temperate dallo studio della Antropologia e della Storia, passando per la Botanica e l’Architettura, si accomodò in quelle di marito, avendo sventatamente scelto la più sgamata tra le pretendenti, miss Diana Spencer, occhioni carezzevoli, caratterino elettrico, naturale predisposizione a surclassare il marito in pubblico, destinandolo a abitare dentro alla sua ombra e ai suoi capricci.
Tutto il gossip che ha arredato l’infelice matrimonio, sta sempre dalla parte della sposa che i fotografi inquadrarono la prima volta nell’estate del 1980, mentre sedeva accanto a Carlo sulle sponde del fiume Dee, nella tenuta reale di Balmoral, lei misteriosissima biondina all’incirca ventenne, lui citato solo di striscio, più o meno quanto i pesci che tristemente pescava.
Così per 14 anni filati – dal matrimonio al divorzio – l’intero pianeta si è golosamente informato di ogni battito di ciglia di Lady D: il suo parrucchiere, il suo stilista, i suoi love-affaire, e poi i figli William e Henry, i viaggi, le visite tra i sudditi, la beneficienza, le carezze ai bimbi, agli ammalati, fino all’apoteosi della campagna internazionale contro le mine antiuomo, in Angola, lei vestitissima, con il casco e il giubbotto di protezione, fotografie che fecero il giro del mondo, commuovendolo, fino a incoronare per sempre il cuore luminoso della “principessa del popolo”, oltre che la professionalità del suo insonne ufficio marketing.
E Carlo? Nulla di memorabile se non la sua impacciata, legnosa, presenza, magari in Kilt con le ginocchia al vento, oppure in viaggio verso un monastero greco per tre giorni di solitaria meditazione, ma con 43 bauli al seguito. Perfezionando la sua personale sciagura con lo scandalo della relazione con Camilla Parker Bowles, l’intrusa bionda, a cui dedicò un solo messaggio d’amore non proprio regale, dicendole al telefono: “Vorrei essere il tuo Tampax”. Insomma un disastro che fece ridere tutto il regno, psichiatri compresi.
Per non dire l’isteria planetaria che accompagnò la morte e poi i funerali di Diana, “Candelina nel vento”, soffiata via dentro al Tunnel de L’Alma, Parigi, anno 1997, anche quella volta inseguita dai fotografi, come sua costante maledizione, che oscurarono completamente il legittimo dolore di Carlo, il vedovo gregario.
Quando la sovrana madre si decise a sgomberare il trono, alla bella età di 97 anni, sembrava che la zucca dentro la quale era cresciuto Carlo sarebbe finalmente diventata una carrozza regale, con tutti i riflettori del caso a omaggiare le sue misconosciute qualità di architetto tradizional-visionario, musicista di violoncello, pianoforte e chitarra, scrittore di 31 saggi, nonché ecologista così fervente da rivelare, in una intervista, che gli capitava “di parlare con le piante” dei suoi parchi e dei suoi orti biologici per trarne utili insegnamenti.
Invece la zucca rimase zucca. Piccole insofferenze oscurarono la sua pomposa incoronazione, illuminando non lui, ma il volto di Camilla e il suo mantello di regina consorte che definitivamente usurpava il posto destinato a Diana e ai suoi multipli fantasmi. I quali, in un batter d’occhio, transitarono sul volto leonardesco di Kate, la moglie di William, principessa del Galles e futura regina.
È toccato a lei, la nuora ultima arrivata, Kate Middelton, perfezionare l’oscuramento del nostro re dei gregari. I media, di solito senza troppo cuore né tatto, con lei si sono fatti morbidissimi, commuovendosi alla notizia della malattia che lei stessa ha rivelato, suscitando così tante lacrime di ammirazione da riempire per intero le prime pagine di tutti giornali del regno: “Il cancro è arrivato come un grande shock!” e “Kate non sei sola!”. Con immediata ricaduta sui sondaggi dove è lei la più amata dai sudditi, seguita dal consorte, e solo un terzo posto (nomen omen) è riservato al nostro Carlo III. Il quale s’è ammalato anche lui, pover’uomo, anche se interessano a nessuno i suoi guai alla prostata e all’amor proprio. I gregari non fanno nostalgia.